LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

venerdì 19 ottobre 2012

117 - MORIRO' CON I MIEI GIOVANI

"Primo incontro con padre Piamarta" di Pier Giordano Cabra

Capitolo quinto

1. Monsignor Pietro Capretti proveniva da una ricca famiglia, ma aveva scelto di vivere poveramente con i suoi “chierici poveri”, cioè con gli aspiranti al sacerdozio che non potevano pagarsi gli studi, a favore dei quali aveva messo a disposizione i suoi beni. Era un uomo colto, generoso, lungimirante, punto di riferimento delle principali personalità della città, tra le quali il beato Giuseppe Tovini e Giorgio Montini, papà del futuro Paolo VI. Don Piamarta saliva a San Cristo, il seminario dove Monsignore abitava, per parlare dei suoi progetti. Erano amici e si intendevano. Si trovarono d’accordo che sarebbe stato bello avere un’opera che accogliesse ragazzi orfani o poveri, insegnando loro un mestiere, come aveva fatto anni prima Ludovico Pavoni, creatore della prima scuola tipografica in Italia. Differivano sulle modalità: Piamarta, entusiasta, la voleva subito grande, Capretti, prudente, la vedeva più modesta. Lo stesso Capretti ne parlò al Vescovo.

2. Sembrava che l’idea fosse sul punto di prendere corpo, quando venne improvvisa la nomina di don Piamarta a Parroco di Pavone Mella, nella pianura padana, a una trentina di chilometri da Brescia. Il Vescovo aveva bisogno di un uomo forte per quella parrocchia. Proteste e malcontento giunsero in curia, da parte del Parroco e dei parrocchiali di S. Alessandro, che non volevano perdere il loro curato, anch’egli addolorato, forse più di tutti. Ricevendo la nomina a parroco di Pavone Mella, con l’incarico di venire di quando in quando in città per dare inizio all’opera prospettata, Piamarta capiva che il suo progetto non era stato capito, perché per poterlo realizzare ci voleva la dedizione a pieno tempo, non di una ma di più persone. I santi, tuttavia, sanno che proprio attraverso queste prove il Signore chiede loro di tirarsi in disparte per lasciar fare a Lui. È Lui che ha le sue strade sicure, benché spesso oscure, per portare avanti i suoi piani. I santi hanno più fiducia nella potenza di Dio che nelle loro piccole forze. E così Piamarta decide: “Io obbedisco e il resto lo lascio fare al Signore, il quale saprà realizzare meglio di me i suoi progetti. Se l’opera è Sua, nessuno la fermerà”.

3. A Pavone Mella il nuovo parroco non perde tempo, suscitando entusiasmi e contrasti: ma come gli applausi non lo esaltano, così l’opposizione non lo scalfisce. Si interessa dei poveri, ha una parola severa per gli abusi, forte di fronte ai prepotenti, affabile e amico degli umili. Il viaggio più famoso a Brescia è quello del 3 dicembre 1886, quando celebrerà la prima messa con quattro ragazzi orfani. È la data ufficiale dell’inizio dell’Istituto Artigianelli. Subito dopo, inizia una serie di amarezze: prima la richiesta del Vescovo di dare le dimissioni da parroco per dedicarsi alla nuova opera e, poco dopo, la decisione dello stesso Vescovo di abbandonare l’idea, perché l’opera non si reggeva. Mons. Capretti attraversava un momento di difficoltà economica.

4. Ma ecco la risposta di don Piamarta: “Se mi permette, Eccellenza, io desidero morire con i miei ragazzi”. Il Vescovo lo guarda e percepisce in quelle parole qualche cosa di più di un desiderio personale, vede davanti a sé un uomo di fede, sente la voce dello Spirito che crea cose nuove e lo benedice: “Il Signore vi assista”. Da questo momento don Piamarta è solo, deve pensare lui a tutto. Sa di non avere un soldo, ma ha la certezza che sta iniziando un’opera che il Padre celeste vuole realizzare per i suoi figli più bisognosi. E si rimette al lavoro con fiducia.

5. Il 3 dicembre non è solo la data di nascita dell’Istituto Artigianelli, ma il giorno in cui “don Piamarta” diventa “padre Piamarta”. Così lo chiamano quei primi quattro ragazzi attorno a quattro scodelle, vedendo che per lui c’era rimasto nulla: “Padre” è la parola che esce spontanea dal cuore dei ragazzi. “Padre”, perché provvede loro il cibo del corpo e dello spirito.
“Padri” saranno chiamati i suoi continuatori che, come Lui, hanno detto “sì” all’invito di dedicare la vita ai giovani.

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