LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

lunedì 15 ottobre 2012

106 - DA PEJO

02. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra

Pejo 17 agosto 1909

Mi trovo a Pejo, località del trentino, per espresso ordine del medico, al quale bisogna obbedire, anche se malvolentieri, e per interessamento di alcuni benefattori che mi hanno spesato di tutto. E’ la prima volta in vita mia che faccio le vacanze tutte per me, e questo lusso è stato un regalo fattomi dal mio ventricolo rovinato. Vorrei riposare un poco, ma in chiesa, dopo la messa, sono molti quelli che desiderano confessarsi ed io non mi sento di sottrarmi. A volte sono impegnato per parecchie ore. La posta inoltre mi porta puntualmente nuovi quesiti a cui rispondere. E non sempre sono facili. E poi…dulcis in fundo, mi sono portato i bilanci dell’Istituto Artigianelli da esaminare con calma, per vedere che cosa si può combinare.

I bilanci
Ho qui davanti a me il bilancio del 1908. E devo leggere ancora una volta nelle conclusioni del nuovo e giovane ragioniere Clerici, quello che già leggevo nelle relazioni ponderate, stese per molti anni dall’esperto amministratore e fedelissimo consigliere, Fausto Fasser, che “la causa principale del disavanzo, è dato dalle officine”. “Anche quest’anno l’esercizio si chiude in perdita. La cifra dei mutui è cresciuta, e quest’aumento si è riversato nella grande perdita subita dalle varie officine”. “Fabbrica mobili”: utile leggero; Fabbri ferrai: nessun utile; “Legatoria”: al di sotto delle previsioni; “Sartoria”: molto lavoro e miglioramento nel bilancio, che almeno non è passivo. Buono invece il “Pastificio” mentre la Calzoleria è da sempre in passivo. L’azienda edile in questi ultimo anni è in perdita e il risanamento non è ancora trovato”. Eccetera

Risanare? Come?
Il primo problema è trovare Maestri di officina in grado di insegnare e, nello stesso tempo, di non perdere troppo. Educazione e produzione non sono facili da tenere assieme contemporaneamente. Ci sono dei Maestrì bravi a insegnare, ma meno portati per la produzione e altri che sono portati più all’efficienza che alla formazione dei ragazzi. Quest’anno poi dobbiamo fare pesanti ammortamenti per i nuovi edifici, inaugurati tre anni fa e per gli investimenti in nuovi macchinari, per essere all’altezza della produzione e dell’insegnamento. A volte questi bilanci sempre, o quasi sempre, in rosso, mi sfiancano, ma non posso sottrarmi al compito che mi è stato affidato, anche se devo interessarmi di cose di cui non sempre mi sento competente. Ho cominciato con i miei confratelli, inesperti quanto me, un’opera logorante anche dal punto di vista economico. Ma che sarebbe di questi ragazzi se non mi assumessi il peso del complesso di “triboli e spine”? Senza contare le esigenze diversissime da tener presenti: moralità dei collaboratori, nuovi diritti degli operai, nuovi settori da aprire, aggiornamenti dei macchinari, contabilità sempre meno approssimativa.
Spesso mi sembra di galleggiare in un mare in burrasca, senza mai affondare: oramai mi sono abituato a fare di tutto per tenere in mano il timone, con la certezza che Colui che ha iniziato quest’opera sa come condurla anche in porto. Vedo che sarà meglio nel prossimo anno, chiudere l’azienda edile e …ora l’ottimo è chiudere anche il libro dei bilanci, fare due passi, lasciando l’impossibile a l’Unico che lo sa fare.

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