LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

sabato 10 novembre 2012

155 - GLI IMBECILLI E L'AGRICOLTURA

"Primo incontro con padre Piamarta" di Pier Giordano Cabra
 
Capitolo settimo

1. “Tutti gli imbecilli credono di riuscire in agricoltura”. Chi entrava anni fa nell’Istituto Bonsignori, a Remedello, si trovava scritta in bella e grande calligrafia sulla destra questo aforisma. Il detto non era del Bonsignori, ma esprimeva bene la sua concezione dell’agricoltura, da lui pensata come “arte, scienza e ricchezza”.

2. Il Bonsignori era un parroco studioso, divenuto esperto agronomo perché mosso dalla preoccupazione di vincere l’estrema povertà della sua gente, prostrata dalle malattie per denutrizione, costretta ad emigrare per sfuggire alla fame. “Possibile – si interrogava l’intelligente pastore d’anime – possibile che la terra sia così matrigna da non sfamare i suoi figli?”. Immersosi negli studi dei più accreditati agronomi e chimici d’Europa, trova un metodo per moltiplicare per quattro volte e persino sei volte la produzione dei cereali e ne diventa subito il diffusore, tanto da meritare il titolo di “apostolo della nuova agricoltura”. Le sue opere di divulgazione hanno notevole successo e vengono tradotte anche in altre lingue.

3. Un giorno don Giovanni Bonsignori si ferma a pranzo all’Istituto Artigianelli e, conversatore brillante, racconta le meraviglie della nuova agricoltura, incantando i presenti. Padre Piamarta, che da tempo era assillato dal problema dell’esodo dalla terra di tanti giovani, pensa subito “Ecco l’uomo che cercavo”. E gli propone di creare assieme una scuola dove queste idee possano essere diffuse. Tra gli applausi dei presenti il parroco agronomo accetta.

4. L’idea è geniale. Ma … i mezzi? Piamarta attende il via dalla Provvidenza, la quale gli fa arrivare un lascito di parecchi ettari di terreno. Nasce così la “Colonia Agricola” di Remedello, che inizierà la sua attività nel 1895, come scuola pratica di agricoltura, all’insegna del programma “dalla terra ai libri”. Scuola che in breve tempo sarà conosciuta in tutta Italia, Francia e Belgio, donde vengono a formarsi direttori di fondi come pure piccoli e medi agricoltori.

5. Padre Piamarta realizza qui il suo sogno di “santità sociale”, di contribuire, cioè, a “migliorare la società” grazie al risanamento dell’artigiano, del contadino e della loro famiglia...
Qui anche il suo piano di formare uomini completi si chiarisce ulteriormente: Bonsignori curerà la scienza, Piamarta la coscienza. Il primo l’arte di coltivare la terra, il secondo l’arte di coltivare il cuore. Il primo l’arte del produrre, il secondo l’arte del buon uso della produzione. L’uno formerà il tecnico ricercato, l’altro l’uomo stimato. Il primo l’imprenditore moderno, il secondo l’uomo eterno. L’uno insegnerà come riempire i granai della propria azienda, il secondo come accumulare per i granai della dimora definitiva.

6. Padre Piamarta lascia infatti a Padre Bonsignori la responsabilità tecnica della Colonia Agricola e resterà nell’ombra, garantendo il supporto finanziario ai suoi arditi esperimenti. Ma sarà sempre presente alla Colonia nei momenti formativi dei giovani, preoccupato di mantenere l’equilibrio tra cultura del campo e cultura dello spirito.

7. La Colonia Agricola, che muterà il nome in “Istituto Bonsignori”, resterà per parecchi decenni un punto di riferimento esemplare per un gran numero di agricoltori, grazie anche ad eccellenti direttori, che hanno saputo aggiornare l’intuizione iniziale, promovendo affollati “Congressi agrari”, sostenendo la pubblicazione del periodico “La Famiglia agricola”, innovando nel settore zootecnico.
Ancora oggi si legge sull’edificio centrale la scritta dell’istituto: “Padre Piamarta per i figli dei campi”, un giusto riconoscimento dato all’autore della crescita umana e cristiana dei giovani agricoltori, per i quali egli ha creato quest’opera unica nel suo genere, assecondando la genialità del Bonsignori.

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