LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

lunedì 24 giugno 2013

260 - LAVORO E NOBILTA’

22. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra

Ogni giorno, quando passo a visitare le officine dei tipografi, fabbri, falegnami, sarti, panettieri, calzolai ecc., il mio cuore si riempie di gioia nel vedere tanti ragazzi che si preparano alla vita. Il pensiero che molti di essi sono stati tirati fuori dalla strada e da ambienti malsani corporalmente e spiritualmente, mi ripaga assai dei notevoli sacrifici che dobbiamo affrontare per loro. Il quotidiano contatto con la loro fatica nell’ apprendere bene un mestiere, mi obbliga a spiegare il significato del lavoro, che sarà parte essenziale della loro esistenza. Oggi ci sono concezioni parziali del lavoro, che non soddisfano, perché non rispondono alla realtà. Ci sono coloro che lo esaltano, al punto di dimenticare la fatica e le delusioni che spesso lo accompagnano. A quelli che dicono: “Il lavoro nobilita l’uomo” i miei ragazzi più birbanti rispondono, ridacchiando:”Ma lo rende simile alla bestia”. D’altro lato ci sono coloro che mettono in risalto solo gli aspetti negativi, citando magari il detto biblico:”Guadagnerai il pane col sudore della tua fronte”. Il che è vero, ma non è tutto.
Il lavoro è anche miglioramento della persona, è occasione di scoprire e di applicare le proprie capacità, è fonte di soddisfazione quando è ben fatto.
Attraverso il lavoro ci si realizza, specie quando il lavoro corrisponde alle proprie attitudini. Oltre alla realizzazione personale, mi piace presentare il lavoro come contributo al miglioramento della società. Il grande progresso al quale stiamo assistendo è frutto del lavoro sempre più perfezionato. L’intelligenza applicata al lavoro ha creato macchine che lo rendono meno faticoso...
Ma non sempre le cose sono così scorrevoli. Il lavoro va apprezzato, ma quando non da nessuna soddisfazione? Quando non è riconosciuto? Quando non piace?
E i contrasti sul lavoro? Le ingiustizie? Le lotte? Gli odi? Le gelosie? Le rivalità

A Nazareth

Quando penso a queste cose il mio cuore corre a Nazareth, perché a Nazareth si trova il vero senso del lavoro. A Nazareth si lavora, si vive sotto lo sguardo di Dio e ci si vuol bene. A Nazareth si lavora: Giuseppe insegna un lavoro al Creatore di tutte le cose. Posso dire con orgoglio ai miei ragazzi che Gesù riceve una formazione ‘artigianale”, é un “artigianello”, è un tecnico che nella bottega di Giuseppe ha vissuto la maggior parte della vita sotto lo sguardo di Dio, crescendo in età, sapienza e grazia, imparando un mestiere e guadagnandosi il pane col sudore della fronte. “Con ciò le varie condizioni di vita, i vari uffici, tutti i mestieri, sono nobilitati, ingentiliti e consacrati, dall’averne partecipato l’uomo-Dio, il quale, avendo scelto il più umile, con questo suo fatto relativizzò le invidiate grandezze del mondo e conferì invece valore alle cose poco apprezzate”.
Il Figlio di Dio è cresciuto come uomo lavorando, per mostrare come l’uomo che lavora può crescere nella statura di Figlio di Dio. Il lavoro, che fa parte della vita umana, lo innalza ad altezze vertiginose quando è unito alla volontà del Signore, perché,come dice S. Agostino, permette al “divino Architetto di costruire una casa eterna, attraverso impacature provvisorie”.
A Nazareth inoltre ci si vuol bene, si collabora, ci si aiuta, si è solidali.
Anche questo è espressione della volontà di Dio, il quale vuole che si cresca nell’amore reciproco. Lavorando dunque con competenza e onestà, nell’ accettazione delle difficoltà, in solidarietà con chi fatica con noi, vestiamo la nobile livrea dei figli di Dio che collaborano con il Padre onnipotente creatore del cielo e della terra, il quale vuole costruirci una dimora eterna per noi attraverso il nostro lavoro di costruttori di impalcature che passano.
 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.

Contatore per siti