24. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano
Cabra
Mi dicono che sono innamorato del Cuore di Gesù, perché ne parlo sovente e con entusiasmo. Ma come posso non parlarne? Ho assistito a molte cose meravigliose compiute da chi coltivava questa bella devozione. “Il nostro concittadino Daniele Comboni, grande missionario dell’Africa centrale, dal cuore che rifletteva l’ardore del cuore di Gesù, vedendo che nonostante tutti gli sforzi dei missionari, i cattolici non superavano i 200, si riteneva sicurissimo che, consacrando quella vasta provincia al Cuore di Gesù, questi avrebbe ben risposto, perché diceva, con quella lepidezza dei Santi: Gesù è un Galantuomo e mantiene la sua parola di aiutare coloro che si fidano di Lui. Nel 1873 consacrò la Nigrizia al Cuore di Gesù e cominciarono le conversioni”.
Anche la mia opera è iniziata proprio nel primo venerdì del mese di dicembre, dedicato al Sacro Cuore e devo riconoscere che questo fatto mi ha sempre sostenuto.
Il Cuore di Gesù è stato per me la cella interiore nella quale mi sono ritirato per attingere forza e coraggio per superare i miei limiti umani, la salute cagionevole, la paura di esperienze nuove, il senso di inadeguatezza. Così ho potuto dire con San Paolo: “Tutto posso in Colui che mi dà forza”.
La nostra gratitudine
Invito spesso i miei ragazzi a riflettere su quanto Gesù ha rivelato alla Beata Margherita Alacoque: “Ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini ed è stato ripagato dagli uomini con mostruose ingratitudini”. Se la gratitudine deve essere la prima virtù dell’Istituto, noi dobbiamo essere grati in forma sovrabbondante nei confronti di quel Cuore che ci ha amato come nessun altro. Oltre alle Comunione riparatrice della prima domenica del mese, raccomando spesso ai ragazzi di offrire e sacrifici inerenti al proprio lavoro a quel Cuore che si è sacrificato per noi.
Come pure suggerisco, di “mettere il bene al posto del male” nel proprio ambiente, quale gesto di riparazione costruttiva che migliora noi stessi e quelli che vivono con noi.
Un cuore squarciato
Il cuore di Gesù squarciato dalla lancia sulla croce è la prova insuperabile che il cristianesimo è la religione dell’amore. “Così Dio ha tanto amato il mondo”. La contemplazione della Passione del Signore mi riempie di gratitudine e di fiducia, perché mi sento profondamente amato. Quel cuore squarciato è una finestra aperta sul cuore invisibile di Dio, è una dimostrazione concreta che tutto quello che fa il Signore lo fa per amore. E, nello stesso tempo, tutto quello che Lui mi chiede, me lo chiede per amore: perché lo possa amare, corrispondendo al suo amore, ed essere felice, partecipe della sua felicità.
Un pane vitale
Questa realtà fondamentale cerco di farla comprendere ai miei ragazzi, quando li invito all’Eucaristia, che è un pane nel quale pulsa il cuore di Gesù, che vuol trasformare i nostri cuori di pietra in cuori simili al Suo. I miei ragazzi hanno bisogno di sentirsi amati: molti di essi non hanno una famiglia o è come se non l’avessero. E noi stessi non siamo in grado di comprenderli pienamente, perché sono troppi e perché sono troppe le loro ferite spesso nascoste. Avvicinarli all’Eucaristia, è avvicinarli al corpo donato per noi, al cuore squarciato che conforta e all’amore che tocca, commuove e convince il nostro cuore. E’ aiutarli a sentirsi avvolti dall’amore e invitati ad aver fiducia nell’amore, così che, rassicurati, possano credere nell’amore che dovranno dare e ricevere nella vita che li attende.
Mi dicono che sono innamorato del Cuore di Gesù, perché ne parlo sovente e con entusiasmo. Ma come posso non parlarne? Ho assistito a molte cose meravigliose compiute da chi coltivava questa bella devozione. “Il nostro concittadino Daniele Comboni, grande missionario dell’Africa centrale, dal cuore che rifletteva l’ardore del cuore di Gesù, vedendo che nonostante tutti gli sforzi dei missionari, i cattolici non superavano i 200, si riteneva sicurissimo che, consacrando quella vasta provincia al Cuore di Gesù, questi avrebbe ben risposto, perché diceva, con quella lepidezza dei Santi: Gesù è un Galantuomo e mantiene la sua parola di aiutare coloro che si fidano di Lui. Nel 1873 consacrò la Nigrizia al Cuore di Gesù e cominciarono le conversioni”.
Anche la mia opera è iniziata proprio nel primo venerdì del mese di dicembre, dedicato al Sacro Cuore e devo riconoscere che questo fatto mi ha sempre sostenuto.
Il Cuore di Gesù è stato per me la cella interiore nella quale mi sono ritirato per attingere forza e coraggio per superare i miei limiti umani, la salute cagionevole, la paura di esperienze nuove, il senso di inadeguatezza. Così ho potuto dire con San Paolo: “Tutto posso in Colui che mi dà forza”.
La nostra gratitudine
Invito spesso i miei ragazzi a riflettere su quanto Gesù ha rivelato alla Beata Margherita Alacoque: “Ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini ed è stato ripagato dagli uomini con mostruose ingratitudini”. Se la gratitudine deve essere la prima virtù dell’Istituto, noi dobbiamo essere grati in forma sovrabbondante nei confronti di quel Cuore che ci ha amato come nessun altro. Oltre alle Comunione riparatrice della prima domenica del mese, raccomando spesso ai ragazzi di offrire e sacrifici inerenti al proprio lavoro a quel Cuore che si è sacrificato per noi.
Come pure suggerisco, di “mettere il bene al posto del male” nel proprio ambiente, quale gesto di riparazione costruttiva che migliora noi stessi e quelli che vivono con noi.
Un cuore squarciato
Il cuore di Gesù squarciato dalla lancia sulla croce è la prova insuperabile che il cristianesimo è la religione dell’amore. “Così Dio ha tanto amato il mondo”. La contemplazione della Passione del Signore mi riempie di gratitudine e di fiducia, perché mi sento profondamente amato. Quel cuore squarciato è una finestra aperta sul cuore invisibile di Dio, è una dimostrazione concreta che tutto quello che fa il Signore lo fa per amore. E, nello stesso tempo, tutto quello che Lui mi chiede, me lo chiede per amore: perché lo possa amare, corrispondendo al suo amore, ed essere felice, partecipe della sua felicità.
Un pane vitale
Questa realtà fondamentale cerco di farla comprendere ai miei ragazzi, quando li invito all’Eucaristia, che è un pane nel quale pulsa il cuore di Gesù, che vuol trasformare i nostri cuori di pietra in cuori simili al Suo. I miei ragazzi hanno bisogno di sentirsi amati: molti di essi non hanno una famiglia o è come se non l’avessero. E noi stessi non siamo in grado di comprenderli pienamente, perché sono troppi e perché sono troppe le loro ferite spesso nascoste. Avvicinarli all’Eucaristia, è avvicinarli al corpo donato per noi, al cuore squarciato che conforta e all’amore che tocca, commuove e convince il nostro cuore. E’ aiutarli a sentirsi avvolti dall’amore e invitati ad aver fiducia nell’amore, così che, rassicurati, possano credere nell’amore che dovranno dare e ricevere nella vita che li attende.
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