Salire
La chiesa degli Artigianelli svetta sugli altri fabbricati. L’ho voluta ben visibile e in alto, in posizione elevata, per dire che tutto quello che la circonda, dalle officine alle camerate, dagli studi al refettorio, viene dall’alto e deve condurre in alto. Vi si accede da due eleganti scalinate, che io salgo e risalgo più volte al giorno, anche se con decrescente agilità, ma sempre con gioia. Al mattino presto, mentre la casa è ancora immersa nel sonno, salgo quelle scale con diversi sentimenti. A volte mi sento uno dei pellegrini israeliti che “dal profondo” delle proprie miserie, sale al tempio per invocare la misericordia dell’Altissimo. Altre volte mi sembra d’essere come Mosè che sale il monte per intercedere per il popolo.
Mi accorgo che se un tempo cercavo di liberarmi da ogni
pensiero per incontrare più liberamente il Signore, oggi preferisco salire le
scale, portando con me i miei pensieri e le mie preoccupazioni per offrirle al
Signore e presentarle a Lui come
contributo al sacrificio eucaristico. Le scale mi aiutano a portare a Dio non solo il mio corpo,
ma la mia esistenza e quella dei miei ragazzi, e quella dei miei collaboratori
e quella dei miei benefattori, e quella dei sofferenti…!
Fermarsi
Aperta la chiesa, mi porto nel mio inginocchiatoio e qui, davanti al Santissimo, mi preparo per ascoltare il mio Signore che mi parla nella Sacra Scrittura. Qui, nel silenzio e nella calma delle prime ore della giornata,favorevoli alla meditazione, comincia il mio colloquio che parte dalla Sacra Pagina e si dirige al Tabernacolo e da questo vola ai problemi che mi aspettano giù. Poi viene una parte del Breviario e infine la santa Messa. Sono le ore più belle della giornata, che scorrono velocemente dalle cinque o d’estate dalle quattro. Qui passo dal presente all’eterno, dalla santità di Dio alla miseria dell’uomo, da quello che dovrei fare a quello che non riesco a fare. Qui programmo la mia giornata alla luce del desiderio del Padre che mi affida i suoi figli prediletti. Qui prendo la forza per discendere a compiere il mio compito di padre che si sforza di farsi amare con dolce comprensione verso tutti, nonostante il mio carattere impulsivo, da tenere a bada.
Discendere
La discesa in mezzo all’attività vertiginosa, dopo questa partenza, non mi pesa più di tanto. Sento che il Padre mi accompagnerà nell’impegno di servire i suoi piccoli, anche se mi attendono problemi di gestione delle officine nei quali non sempre mi trovo a mio agio, richieste e suppliche a favore di casi pietosi da parte di mamme e di parroci, collaborazione con caratteri difficili, situazioni di ragazzi con delle storie personali delicate, consigli di direzione spirituale, creditori ai quali chiedere una volta ancora pazienza... Quando mi sento stanco o giù di corda, riprendo a salire le mie scale e faccio un’altra pausa nel paradiso della mia chiesetta: “Qui innanzi all’Eucaristia sento di essere amato. Il suo amore mi dà gioia, mi assorbe, mi immerge in un oceano di carità”.
Poi, dopo un rapido sguardo al mio San Filippo Neri, ridiscendo, più sereno e sorridente, a visitare i miei ragazzi nelle officine, cercando di diffondere un poco di allegria, incoraggiandoli nel loro lavoro, osservando e controllando nel medesimo tempo l’andamento delle cose. San Filippo è il patrono della chiesetta ed il modello per noi educatori, che citiamo spesso le sue massime simpatiche e incisive, oltre che ispirarci al suo stile faceto e amicale.
Il salire e discendere per le scalinate diventa la fotografia di quello che dovrebbe essere la dinamica di noi educatori, che siamo chiamati a guardare in alto per avere le motivazioni e la forza di vivere nella piatta quotidianità con spirito di servizio, senza deprimerci nelle delusioni e senza esaltarci nei buoni risultati. “In alto i cuori”, quindi, per riempirli di quell’amore che tutto rende più leggero.
Il salire e discendere per le scalinate diventa la fotografia di quello che dovrebbe essere la dinamica di noi educatori, che siamo chiamati a guardare in alto per avere le motivazioni e la forza di vivere nella piatta quotidianità con spirito di servizio, senza deprimerci nelle delusioni e senza esaltarci nei buoni risultati. “In alto i cuori”, quindi, per riempirli di quell’amore che tutto rende più leggero.
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