LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

giovedì 23 agosto 2012

40 - MONSIGNOR PIETRO CAPRETTI


UN GRANDE AMICO

Nel nostro refettorio ho fatto mettere un grande ritratto di monsignor Pietro Capretti, la persona a cui l’Istituto deve di più.
Quando ero curato qui in città nella parrocchia di Sant’Alessandro e cominciavo a pensare seriamente a fare qualche cosa per i giovani senza prospettive per il domani, pensai bene di  parlarne con lui, perché mi sembrava la persona più sensibile a questo tipo di problemi. Quasi ogni giorno salivo a San Cristo, il vecchio convento dove monsignore abitava, dopo averlo adibito a seminario per i chierici poveri, da lui accuditi e formati. Quel vecchio monastero era divenuto il centro dinamico della Brescia cattolica che si apriva ai nuovi tempi. Una fucina di idee, di proposte. Ma soprattutto un esempio contagioso di dedizione, quale premessa a realizzazioni che esigevano impegno personale prolungato.

La gemma del clero bresciano
Era uomo di notevole cultura, ma anche di grande carità. Di lui si può dire che “da ricco che era si fece povero per arricchire con la sua povertà”. Viveva poveramente assieme ai suoi chierici poveri, che voleva ricchi di cultura e di amore illuminato per il prossimo.
Formatore di sacerdoti, ma anche suscitatore di energie laicali impegnate nel sociale e nel politico, raccolse attorno a sé e sostenne personalità diverse quali Giuseppe Tovini e Giorgio Montini.
Uomo di alta spiritualità e di fine dottrina, ha lottato, anche con il suo talento di giornalista, sui due fronti opposti: da una parte contro l’intransigentismo cattolico e dall’altra contro il partito del potente Zanardelli, che peraltro riconosceva la sua superiore nobiltà.
Il Signore l’ha chiamato a sé a soli 48 anni, tutti laboriosissimi, nonostante la salute malferma.

Sempre amico
Godeva meritatamente di grande prestigio,  che io condividevo totalmente, tanto che non ho mai osato dargli del Tu, sebbene avesse un anno meno di me. Con lui parlai a lungo del mio progetto ed egli subito l’abbracciò e mai lo abbandonò, anche quando ci furono momenti di disaccordo circa le modalità di realizzazione.
Il Vescovo Emilio Bongiorni, che da chierico mi fu dato d’aiuto, proprio agli inizi, e che quindi conosceva bene le cose, così ha descritto la situazione, nel discorso tenuto in occasione del Venticinquesimo dell’Istituto. “Mons. Capretti tutto pesava, contava tutto. Con questi criteri aveva fondato l’ospizio dei chierici poveri e, dopo averlo retto per venti anni, poteva chiedersi: Perché mettersi per altra via?”.  La sua era la via del passo dopo passo, della prudenza.
“Non così la pensava un altro uomo, il Reverendo Padre Piamarta, che aveva passato la vita intera in mezzo ai giovani. Egli, che nella cura d’anime aveva incontrati a centinaia i fanciulli bisognosi e che da anni vagheggiava un’opera bella, grande, ordinata, come quella del Canonico Pavoni di venerata memoria, innanzi al nuovo istituto, due casupole, scuoteva mestamente il capo”.
Monsignor Capretti, che si era riservata la parte amministrativa, non poteva pensare diversamente le cose, anche perché in quel momento era in difficoltà economiche. Ma le diverse visioni sul come realizzare l’opera, non intaccarono la nostra amicizia, che  rimase ben salda.
Tanto è vero che quando poco dopo venne a morire (1890), nelle sue volontà testamentarie fu trovata la disposizione che circa la metà dei suoi beni erano destinati all’Istituto.

Un esempio  di vita
Quante cose mi insegnò Monsignore! A conclusione di una lettera, a proposito delle nostre divergenze, scriveva: “Preghiamo entrambi che in tutto questo non entri lo zampino dell’amor proprio; zampino di cui io non  posso certo negare la tentazione per conto mio. Il Signore allora aiuterà e farà finir bene ogni cosa”.
Questa è l’umiltà di una vera guida spirituale . Un grande amico davvero santo ed esemplare!

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