Lettere di padre Piamarta e dei suoi corrispondenti
3.
3.
Brescia, S. Alessandro, 5 novembre 1878
Carissimo mille volte!
Fa suonare a festa che finalmente il Piamarta si fa vivo anco una volta al suo troppo caro Attilio! Chissà mai quanti castelli avrai tu fabbricati! Quanti strani giudizi formati sopra questo mio silenzio che temo ti riuscirebbe sempre inqualificabile ed inesplicabile per quante ragioni mi sforzassi di portarti innanzi a giustificarlo! Per non sciupar tempo ed inchiostro in vane ciance, ti prego di credermi che ciò non fu perché siasi punto raffreddato l'affetto grandissimo che a te sempre mi ha legato; ohibò! questo non avverrà mai, colla divina grazia, anzi mi sentii sempre l’animo occupato di te, della tua sorte, cui supplicava il Signore che fosse tale da renderti eternamente tutto suo.
Perché dunque, dirai tu, perché a tante mie istanze non mandarmi mai una riga? Tra le altre ragioni che taccio, questa che dico non è la più debole - per indolenza - pigrizia - dote mia caratteristica - ecc. ecc. La è questa troppo magra scusa da mettere in carta - che mi fa vergogna - lo veggo anch'io, ne sono confuso - ma ciò nullameno non la voglio nascondere a te, che pieno di squisita carità come sei, mi vorrai compatire. Quante vicende avvennero in quel po' di tempo che mi hai abbandonato! Tu ne sei già informato dagli amici tuoi e dai giovanetti che di quando in quando tenevano tua conversazione epistolare. L’Oratorio è in piedi ancora, non so nemmeno io il perché! Che anche a nostro riguardo la bontà di nostro Sig. Gesù Cristo voglio che sia detta: Quae stulta sunt mundi elegit Deus... ecc. et infirma et contemptibilia... ut confundat fortia? Ne sia infinitamente lodata e ringraziata questa infinita bontà e tu prega perché conceda a me veramente meschinissimo sotto ogni rispetto, tutta quella virtù - quella generosità, quella costanza di propositi che mi si conviene onde non fallire all'opera che il Signore vuole da me.
Ti ringrazio che coi tuoi savi ammonimenti che di quando in quando mandi a qualcuno dei cari nostri fanciulli, tu li metti in maggior impegno di servir il Signore, e di restare fedeli all'Oratorio. In generale non sono malcontento - gli adulti si sono più disciplinati – Capilupi (2) - Mainetti Dominatore (3) – Cremona (4) - Bonetti Achille (5) - Pavoni Arnaldo Luigi (6) sono giovani modello e cominciano ad ormeggiare i martiri. Circola nel loro sangue zelo, ardenza per la gloria di Dio. Aiutali colle tue orazioni a crescere e perseverare nella incominciata santa impresa - mi sarà caro assai che li faccia di motto tuo ad incoraggiarli con qualche tua letterina. Dimmi cento cose dei fatti tuoi, scrivimi presto e a lungo. Come stai? Come vanno le tue cose? Vieni proprio a Brescia presto? Oh! come ne andrei contento! Scrivi tutto che ti viene in mente con calma, con tranquillità, senza affaticare la mente, proprio come ho fatto io, che presa in mano la penna l’ho lasciata macchinalmente tirare innanzi fin qui da sé senza che la mente mia v'avesse affatto partecipato.
Ti saluto di cuore, ma proprio di cuore, e con me ti saluta il mio carissimo Sig. Prevosto (7) e gli Amici tutti che ti ricordano con special predilezione.
Perché dunque, dirai tu, perché a tante mie istanze non mandarmi mai una riga? Tra le altre ragioni che taccio, questa che dico non è la più debole - per indolenza - pigrizia - dote mia caratteristica - ecc. ecc. La è questa troppo magra scusa da mettere in carta - che mi fa vergogna - lo veggo anch'io, ne sono confuso - ma ciò nullameno non la voglio nascondere a te, che pieno di squisita carità come sei, mi vorrai compatire. Quante vicende avvennero in quel po' di tempo che mi hai abbandonato! Tu ne sei già informato dagli amici tuoi e dai giovanetti che di quando in quando tenevano tua conversazione epistolare. L’Oratorio è in piedi ancora, non so nemmeno io il perché! Che anche a nostro riguardo la bontà di nostro Sig. Gesù Cristo voglio che sia detta: Quae stulta sunt mundi elegit Deus... ecc. et infirma et contemptibilia... ut confundat fortia? Ne sia infinitamente lodata e ringraziata questa infinita bontà e tu prega perché conceda a me veramente meschinissimo sotto ogni rispetto, tutta quella virtù - quella generosità, quella costanza di propositi che mi si conviene onde non fallire all'opera che il Signore vuole da me.
Ti ringrazio che coi tuoi savi ammonimenti che di quando in quando mandi a qualcuno dei cari nostri fanciulli, tu li metti in maggior impegno di servir il Signore, e di restare fedeli all'Oratorio. In generale non sono malcontento - gli adulti si sono più disciplinati – Capilupi (2) - Mainetti Dominatore (3) – Cremona (4) - Bonetti Achille (5) - Pavoni Arnaldo Luigi (6) sono giovani modello e cominciano ad ormeggiare i martiri. Circola nel loro sangue zelo, ardenza per la gloria di Dio. Aiutali colle tue orazioni a crescere e perseverare nella incominciata santa impresa - mi sarà caro assai che li faccia di motto tuo ad incoraggiarli con qualche tua letterina. Dimmi cento cose dei fatti tuoi, scrivimi presto e a lungo. Come stai? Come vanno le tue cose? Vieni proprio a Brescia presto? Oh! come ne andrei contento! Scrivi tutto che ti viene in mente con calma, con tranquillità, senza affaticare la mente, proprio come ho fatto io, che presa in mano la penna l’ho lasciata macchinalmente tirare innanzi fin qui da sé senza che la mente mia v'avesse affatto partecipato.
Ti saluto di cuore, ma proprio di cuore, e con me ti saluta il mio carissimo Sig. Prevosto (7) e gli Amici tutti che ti ricordano con special predilezione.
Riverisci la Sig.ra tua mamma e papà e credimi
Tutto tuo affezionatissimo fratello in G.C.
PIAMARTA Sac. GIOVANNI
1 . Attilio Arcangeli nacque a Brescia da Carlo e da Luigia Rossi il 1° gennaio 1855 e vi morì il 24 settembre 1879. Era di famiglia benestante ed un suo fratello, Camillo, fu ingegnere molto apprezzato, progettista fra l`altro del palazzo del Credito agrario e dell’ara votiva del Vantiniano. Fossati (op. cit., I, p. 97) afferma che dovette essere stato «magna pars›› dell’Oratorio di S. Alessandro, avvalendosi probabilmente di un'esperienza fatta accanto ad un altro apostolo degli oratori, il can. Lorenzo Pintozzi direttore dell'oratorio di S. Benedetto. Il Fossati (op. cit., I, pp. 106-107) riporta anzi una lettera di mons. Pintozzi all'Arcangeli. Fu certo tra gli assistenti più attivi dell`Oratorio di S. Alessandro per due anni, trasferendosi poi nel 1878 a Pisa per ragioni professionali e di salute ma tornando a Brescia ove morì ancor giovanissimo.
2. Francesco Capilupi, nipote del curato di S. Alessandro, don Angelo, a quanto scrive il Fossati (op. cit., I, p. 101) fece «un gran bene all'oratorio e nella Dottrina Cristiana››.
3. Compare per la prima volta il nome di Dominatore Mainetti, uno dei personaggi più in vista a Brescia specie nei primi decenni del sec. XX, tra i più cari allievi di p. Piamarta a lui molto legato. Nato a Brescia il 14 novembre 1861 e mortovi il 15 maggio 1920, di Enrico. Nonostante avesse compiuti corsi scolastici molto ristretti, percorse la carriera militare fino al grado di maggiore di fanteria. Figlio di un commerciante, con prestiti anche di p. Piamarta aprì verso il 1880 un negozietto che via via sviluppò nei «Grandi Magazzini dell'Est›› in cui furono impiegati trenta commessi e che ebbero due succursali: a Verona e a Como. In seguito diede vita ad una industria tessile con uno stabilimento al Crocevia di Nave e un altro a Sabbio Chiese. Fu inoltre presidente delle Industrie Tessili Bresciane con stabilimenti a Sale Marasino, Marone e Redona (Bergamo). Fu dal 1904 al 1905 presidente della Camera di Commercio, che egli potenziò inserendovi il Circolo Commerciale e Industriale e chiamando a Brescia come segretario il Prof. Filippo Carli. Nel 1904 fu segretario generale e magna pars della Esposizione di Brescia e nel 1909 promotore e presidente della Esposizione Internazionale di Elettricità. Consigliere comunale di parte moderata dal 1895 fu vicepresidente della Congregazione di Carità. Nel 1915 fu sindaco di Brescia, prestando contemporaneamente servizio presso il Comando militare. Interventista convinto, si dedicò alla organizzazione dell'assistenza nel periodo bellico, tanto da venire, nel 1918, definito il Sindaco della Vittoria. Dimissionario nel 1918, fu tra i propugnatori della Università Tirandi. Collaborò alla Sentinella Bresciana. Fu anche verseggiatore e scrittore. Pubblicò: Viole appassite. Versi, Malaguzzi, Brescia 1888, poi Tip. e Libreria Queriniana, pp. 110; Dal taccuino di un commesso viaggiatore - Note giornaliere, Tip. Savoldi, Brescia 1889; Sotto le armi, Verona - Padova, Fratelli Druecker ed. 1897, pp. 82. Cfr. L. FOSSATI, op. cit., I, pp. 117-135.
4. Si tratta, probabilmente, di Angelo Giovanni Battista Cremona di Francesco, nato a Brescia il 24 Giugno 1857.
5. Achille Bonetti nato a Monza da Battista e da Chiara Casarotti, il 1° maggio 1860, un anno dopo veniva trasferito dalla famiglia a Brescia. Crebbe nell'oratorio di S. Alessandro e poi nell'Istituto Artigianelli e fu maestro vetraio di valore. In comproprietà con l'Istituto Artigianelli aprì in corso Palestro un laboratorio per la lavorazione e la decorazione del vetro e nel dicembre 1892 ottenne con una Annunciazione riprodotta su vetro la menzione onorevole all'Esposizione Italo-Americana di Genova (cfr. Il Cittadino di Brescia, 22 aprile 1892). Rímase sempre legatissimo a p. Piamarta del cui zelo ebbe a testimoniare e all'Istituto Artigianelli. Morì a Brescia il 23 aprile 1932. Cfr. L. FOSSATI, op. cit. I, pp. 358-359.
6. Pavoni Arnaldo Luigi, nato a Treviglio il 28 ottobre 1862 da Carlo e Maria Rota. Vivacissimo, ma buono, fattosi grandicello sentì profondo il richiamo alla perfezione cristiana. Fu tutto preghiera e mortificazione, tanto che dai suoi compagni delle scuole tecniche venne soprannominato Tempora per il suo scrupolo nell'obbedire alle mortificazioni allora imposte dalla Chiesa nelle «Sacre Tempora». Intelligente e diligente fece ottima riuscita negli studi. Trasferitosi con la famiglia a Brescia, frequentò l'oratorio di S. Alessandro dove don Piamarta lo avviò «con ogni industria (...) sul buon sentiero della gioventù». Nel Necrologio della Compagnia di Gesù, nelle note biografiche a lui dedicate in morte si legge: «Ed era cosa di maraviglia vedere il giovanetto Pavoni far le prime prove del suo apostolato in mezzo a' ragazzi. Sembrava proprio un angelo di pace in mezzo a loro, sempre allegro, col volto atteggiato a innocente sorriso aiutava il Direttore a contenere nella disciplina que' vispi fanciulli insofferenti quasi sempre di freno; e la domenica in quelle lunghe ricreazioni di tre o quattr'ore non risparmiava fatica per farli santamente e innocentemente divertire. Accorreva or qua or là ove s'accorgeva esser sorta dissensione o lite nel giuoco, e con maturità accompagnata da amorevolezza sedeva, come a dire, pro tribunali, e in un batter d'occhio pronunziava la sentenza, lasciando le parti d'egual maniera soddisfatte e contente. S'accompagnava quando con questo e quando con quello de' più savi, e parlando di cose di Dio e dell'anima, spronava a più alta virtù, e insinuava con ottimi consigli nuovi modi di praticarne gli atti. Talora per animare il giuoco là dove languiva con pericolo di qualche inconveniente cagionato dall'ozio, vi si slanciava in mezzo per primo seguito tra gli evviva festosi di tutti gli altri. Se per avventura veniva a conoscere che alcuno di que' giovanetti era caduto in qualche fallo, con mirabile soavità di modi inducevalo a confessarsene, e in occasione poi delle feste dell’oratorio era egli che spendeva le ore intere per preparare i fanciulli alla penitenza sacramentale. Man mano che giungevano in chiesa mettevasi loro attorno, disponevali alla preghiera, all'esame della coscienza e muovevali alla contrizione con parole di tanta efficacia, che ben dimostravano quanto amasse Iddio e quanto stessegli a cuore la salute dell'anima di que’ garzoncelli. E per verità, mercè l'aiuto del Pavoni, essi si accostavano al sacro tribunale della penitenza tutti compunti, e ne uscivano coll'allegrezza del cuore dipinta sul volto. Finalmente in lode dell’apostolato del Pavoni in mezzo a' giovani, vuolsi aggiungere che non pochi fra essi d'indole ribelle e ostinata lasciavansi piegare e reggere da un certo senso quasi di venerazione verso di lui, e che parecchi veduti trionfare di se medesimi in cose assai ardue, e richiesti del perché di sì generosa mutazione e di sì nobili vittorie, rispondevano d'averne avuto incoraggiamento da Pavoni››. Attratto dalla vocazione al sacerdozio entrò nel seminario di Brescia dove fu esempio nella pietà, nella disciplina, nell’osservanza delle regole tanto da venire definito un «S. Luigi›› e da essere proposto come esempio. Sotto la guida del padre spirituale, il gesuita p. Andrea Labati, si orientò poi verso la Compagnia di Gesù, nel cui noviziato di Soresina entrò il 16 dicembre 1882, dove continuò a percorrere, sempre in contatto con p. Piamarta, la via della santità. Esempi di santità e di zelo fervido diede anche durante il servizio militare. Il 19 marzo 1885 emetteva nella casa di Portorè i primi voti. Colpito da tisi passò tre anni nella casa di Mantova. Il 21 settembre 1889 veniva consacrato sacerdote dal vescovo mons. Giuseppe Sarto (poi Papa Pio X) e celebrava la prima messa nel santuario di S. Luigi a Castiglione delle Stiviere. Nelle pause della malattia, lavorò in due oratori di Mantova e specialmente in quello di S. Simone. Morì a Mantova il 6 luglio 1890.
6. Pavoni Arnaldo Luigi, nato a Treviglio il 28 ottobre 1862 da Carlo e Maria Rota. Vivacissimo, ma buono, fattosi grandicello sentì profondo il richiamo alla perfezione cristiana. Fu tutto preghiera e mortificazione, tanto che dai suoi compagni delle scuole tecniche venne soprannominato Tempora per il suo scrupolo nell'obbedire alle mortificazioni allora imposte dalla Chiesa nelle «Sacre Tempora». Intelligente e diligente fece ottima riuscita negli studi. Trasferitosi con la famiglia a Brescia, frequentò l'oratorio di S. Alessandro dove don Piamarta lo avviò «con ogni industria (...) sul buon sentiero della gioventù». Nel Necrologio della Compagnia di Gesù, nelle note biografiche a lui dedicate in morte si legge: «Ed era cosa di maraviglia vedere il giovanetto Pavoni far le prime prove del suo apostolato in mezzo a' ragazzi. Sembrava proprio un angelo di pace in mezzo a loro, sempre allegro, col volto atteggiato a innocente sorriso aiutava il Direttore a contenere nella disciplina que' vispi fanciulli insofferenti quasi sempre di freno; e la domenica in quelle lunghe ricreazioni di tre o quattr'ore non risparmiava fatica per farli santamente e innocentemente divertire. Accorreva or qua or là ove s'accorgeva esser sorta dissensione o lite nel giuoco, e con maturità accompagnata da amorevolezza sedeva, come a dire, pro tribunali, e in un batter d'occhio pronunziava la sentenza, lasciando le parti d'egual maniera soddisfatte e contente. S'accompagnava quando con questo e quando con quello de' più savi, e parlando di cose di Dio e dell'anima, spronava a più alta virtù, e insinuava con ottimi consigli nuovi modi di praticarne gli atti. Talora per animare il giuoco là dove languiva con pericolo di qualche inconveniente cagionato dall'ozio, vi si slanciava in mezzo per primo seguito tra gli evviva festosi di tutti gli altri. Se per avventura veniva a conoscere che alcuno di que' giovanetti era caduto in qualche fallo, con mirabile soavità di modi inducevalo a confessarsene, e in occasione poi delle feste dell’oratorio era egli che spendeva le ore intere per preparare i fanciulli alla penitenza sacramentale. Man mano che giungevano in chiesa mettevasi loro attorno, disponevali alla preghiera, all'esame della coscienza e muovevali alla contrizione con parole di tanta efficacia, che ben dimostravano quanto amasse Iddio e quanto stessegli a cuore la salute dell'anima di que’ garzoncelli. E per verità, mercè l'aiuto del Pavoni, essi si accostavano al sacro tribunale della penitenza tutti compunti, e ne uscivano coll'allegrezza del cuore dipinta sul volto. Finalmente in lode dell’apostolato del Pavoni in mezzo a' giovani, vuolsi aggiungere che non pochi fra essi d'indole ribelle e ostinata lasciavansi piegare e reggere da un certo senso quasi di venerazione verso di lui, e che parecchi veduti trionfare di se medesimi in cose assai ardue, e richiesti del perché di sì generosa mutazione e di sì nobili vittorie, rispondevano d'averne avuto incoraggiamento da Pavoni››. Attratto dalla vocazione al sacerdozio entrò nel seminario di Brescia dove fu esempio nella pietà, nella disciplina, nell’osservanza delle regole tanto da venire definito un «S. Luigi›› e da essere proposto come esempio. Sotto la guida del padre spirituale, il gesuita p. Andrea Labati, si orientò poi verso la Compagnia di Gesù, nel cui noviziato di Soresina entrò il 16 dicembre 1882, dove continuò a percorrere, sempre in contatto con p. Piamarta, la via della santità. Esempi di santità e di zelo fervido diede anche durante il servizio militare. Il 19 marzo 1885 emetteva nella casa di Portorè i primi voti. Colpito da tisi passò tre anni nella casa di Mantova. Il 21 settembre 1889 veniva consacrato sacerdote dal vescovo mons. Giuseppe Sarto (poi Papa Pio X) e celebrava la prima messa nel santuario di S. Luigi a Castiglione delle Stiviere. Nelle pause della malattia, lavorò in due oratori di Mantova e specialmente in quello di S. Simone. Morì a Mantova il 6 luglio 1890.
(7) Don Pancrazio Pezzana
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