Lettere di padre Piamarta e dei suoi corrispondenti
1.
1.
Brescia, 20 maggio 1874
W.G. e M.
In quest'anno vedo in me molti cambiamenti riguardo al modo d'orazione. Prima ch'io facessi il metodo di vita, le mie orazioni si riducevano alle brevissime preghiere della mattina e della sera (se pur anche le diceva), e, tanto in casa come alle funzioni in chiesa, pregava senza saper d'ordinario quel che mi dicessi poiché era completamente distratta.
Parlarmi di meditazione era un parlare arabo per me, e mi pareva opera impossibile a farsi. Io era sempre fredda, indifferente, insensibile, non provava né pene, né gioie. Negli anni addietro, nell'occasione dei SS. Sacramenti, provai grande contentezza ma soltanto che rarissime volte, mentre invece dal tempo che mi misi sotto la direzione del Rev.mo Arciprete Corna (2) (io avea 15 anni e mezzo) in qua, mi ricordo che quasi sempre tanta era la gioia che sentiva in me dopo essere stata l’anima mia lavata nel Sangue prezioso di C.G. e fortificata nel Sacramento d'amore, che, anche per istrada nel ritornare dalla chiesa alla casa, non potea far a meno di sfogarmi col mio Gesù, rompendo in affetti di ringraziamento, d”amore, di gratitudine, di confidente preghiera, e, quantunque immersa in un mar di distrazioni, pure nessuna di queste potea distrarmi dalla dolce ed intima conversazione che teneva con Dio; la quale non aveva fine se non dopo che Gesù m'avea tratto dal cuore per forza d'amore, queste e simili parole: «Sì v'intendo... eccovi il mio cuore, tutta me stessa: son vostra, non voglio amare che Voi», dopo la quale protesta mi sentiva un ardente desiderio di potermi dire - Sposa di tanto Bene - Oh! mio Gesù quanta forza e potenza ha il linguaggio che voi fate sentire alle anime che desiderano d'amarvi! misera me... che corrisposi sì malamente alle vostre dolci chiamate! In mezzo a quest’amaro pensiero della mia ingratitudine mi è di conforto e speranza, o buon Gesù, la vista del vostro Cuore. Intanto il Signore permise nella infinita sua misericordia che mi mettessi sotto la sua direzione. (Maggio 1872 ed io compiva i 16 anni (3). Quivi incominciai prima a pigliar gusto dell'orazione, ad essere più esatta nel recitare le mie preghiere, di più incominciai a fare un po' di meditazione, sempre s’intende coll'aiuto del libro ché il mio intelletto faticava molto a star raccolto ed era incapace di addentrarsi a considerare senza nessun aiuto il soggetto proposto da meditare, il che m’avviene molte volte anche al presente. Intanto per eccesso d'amore l’amabile Gesù disponeva il mio cuore ad unirsi a Lui con un santo vincolo (e si noti che non mi era mai venuto in mente di far il voto prima di quel fatto che mi successe, che divenne poi il mezzo da Dio adoperato perché adempissi questa Sua volontà).
Malgrado la mia somma miseria e la mia mostruosa ingratitudine, mi strinsi con un soave nodo col Diletto del mio cuore, e dopo ciò l’orazione mi tornava diletto e bisogno, e spesse volte fra il giorno, di mezzo agli studi ed al lavoro, sia in casa o in iscuola, e molto più per le strade, innalzava la mia mente, e dirigeva i miei affetti a Colui che già assolutamente era l'unico oggetto dell’amor mio. Oh! potessi qui descrivere le affettuose ed amorevoli premure che l'amabilissimo Sposo esercitava su di me miserabile ed ingrata sua serva! Potessi qui descrivere le dolci chiamate, le sante ispirazioni, gli avvisi, le parole sempre spiranti amore, e talvolta fino le querele ed i lamenti, che mi suggeriva al cuore in causa della mia somma cattiveria. Questo però, se Iddio mi assisterà, colla sua grazia, lo farò in altra occasione. Più il buon Gesù mi favoriva di sue grazie, e più io scorgeva in me un profondo abisso di cattiveria e di ingratitudine, e da questo conoscimento di me stessa, conobbi l'estrema, assoluta, indispensabile necessità di riordinare la mia vita e di attenermi all'osservanza d'un buon metodo. Iddio m'assistette benigno anche in ciò e siccome sentiva bisogno e vivo desiderio d'orazione, così oltre al resto mi prescrissi anche le pratiche di divozione.
Appianata ed ordinata così, come bramava il cuor mio, la via alla virtù, io avrei dovuto mantenermi costante e praticare possibilmente in ogni incontro, anche a costo di qualunque sforzo, la volontà del mio Gesù, che sì chiaramente conosceva: ma no... ah! pur troppo, questo cuor insensibile, duro, freddo, insolente, ebbe l'ardire di quasi quasi non curarsi di metterlo in pratica. Questa sincera confessione mi è pur dolorosa, non per altro che per vedere il modo indegno col quale io ricambio l'amor di Gesù. Ma ora sono risoluta, propongo di emendarmi; di me intieramente diffido, ed in Voi solo, o mio Gesù, pienamente spero e confido. E per tacere di tutto il resto, qui non farò parola che di ciò che riguarda l'orazione. Le confesso, con sincerità e col cuore immerso in profondo dolore di essere stata puntuale nella pratica di queste prescrizioni rarissime volte soltanto, e causa di questo fu la mia poca voglia di far bene e nient`altro, poiché per vili rispetti umani, l’anima veramente risoluta di servir, meglio che può, il suo Dio, non si permette mai di tralasciare il bene, quando non l'impedisca il comando dei superiori.
Oh mio Dio quanta infedeltà! che poco amore è il mio! Eppure m'avete sopportata sì a lungo, non solo, ma mi concedeste ancora nuove grazie, e ricambiaste così la mia ingratitudine con infinito amore! Ah mio Gesù, perdonatemi, che veramente contrita faccia ritorno al vostro Cuore. Ora eccomi ad un punto che mi interessa, vedendo la necessità di essere consigliata. Da qualche tempo in qua sento in me tendenza alla orazione mentale. Per il passato impiegava in ciò un quarto d'ora, e non più; ma adesso, io non so, sento disposizione, desiderio, bisogno insomma di starmene più a lungo, cosicché, se la mattina quando vado in chiesa mi metto subito a meditare, mi passa in questa orazione tutto il tempo che mi vien concesso, e smetto anche col desiderio di continuare ancora. Perciò non poche volte lasciai le orazioni vocali, e la preparazione alla S. Comunione si riduceva a brevi minuti. Che debbo io fare? Per attendere alla meditazione devo tralasciare il resto? R.P[adre], io mi sottometto ai suoi consigli. Ora passiamo ad altro punto non meno importante. La vergogna o, dirò meglio, la ripugnanza che sento ad esprimere la cosa di cui voglio ora trattare, ed insieme l'incapacità di spiegarla, mi tennero sempre lontana dall'aprirmi con Lei; però il buon Gesù che vedeva i miei desideri e la mia miseria, permise, con infinita bontà, che mi capitasse per le mani un libro, come mezzo per conoscere le sue grazie, ed il modo con che si deve corrispondervi. Siane ringraziato e glorificato in eterno. Questo libro è la Storia della propria vita (Cap. XXXII) di S. Teresa (4). Trovai in certi punti ritratto precisamente ciò che avvenne nel mio spirito riguardo all’orazione. Non è a dire il contento che provai in questa occasione, sia perché veniva a conoscere le grazie che il Signore mi ha fatte, mentre prima non ne avea certezza, sì, perché ebbi grande vantaggio dai savii consigli che vi si trovavano.
Io incominciai a vincere, coll'aiuto di Dio, la ripugnanza che aveva da mesi nel mettere in pratica il consiglio più importante per me, quello cioè di manifestarle ciò che succede nel mio interno, per avere poi in Lei, R.P[adre], un maestro che mi istruisce e mi guida per via sicura.
Ah! mio Dio, illuminate la mia mente, supplite alla mia incapacità d'usar parole, che valgano a ritrarre i sentimenti dell'animo mio. M'accade più d'una volta di venir in chiesa coll'intenzione di dire secondo il solito le mie orazioni vocali, quando, messami ginocchioni dinanzi al SS. Sacramento, tutto ad un tratto mi sentii compresa da vivo sentimento della presenza di Dio, e da profondo raccoglimento. Al certo questo fu dono di Dio, perché io mi son provata molte volte dopo, a voler raccogliere l'animo mio, come in questa circostanza, ma tutta l'attività de' miei sforzi mi riuscì inutile affatto. In questa orazione operava la volontà, e tratto tratto per brevissimo tempo anche l'intelletto, ma senza sforzo, anzi in modo tranquillissimo: talvolta feci anche qualche minuto d'orazione vocale; altra volta non potei farlo perché incontrava gran difficoltà a parlare. Le lacrime che qui Iddio mi concesse scorsero soavemente.
Vede l'anima come un momento solo del contento che prova in questa orazione, non può venir di quaggiù, e che, né ricchezze, né onori, né terreni diletti, non potrebbero darle, nemmen per un minuto secondo, il puro contento che l'inebria. Questa orazione fa gustare all'anima un senso profondo di soddisfacimento e di pace, essa versa ad un tempo nelle sue potenze una calma pura, un pieno contento, un soavissimo diletto. Gusta l'anima questa gioia nel più intimo di se Stessa, ma senza sapere come, donde le venne, ed io non compresi ciò che dovessi fare, che cosa volere, e che cosa chiedere, perché quando il Signore mi favorì queste grazie, non le conobbi, e non seppi come governarmi. Il Signore con questa orazione comincia ad accendere l’anima del suo divino amore, e colle delizie che l'innonda vuole che acquisti qualche conoscimento di tal divino amore. Ecco ciò che in tal occasione io feci. Lasciai libera la volontà, e l'intelletto e la memoria pochissimo vi presero parte.Vedendomi poi sì presso al Signore, Gli chiesi delle grazie; Lo pregai per la Chiesa, per quelli che si raccomandano alle mie orazioni, per i miei parenti, per le anime del Purgatorio e ciò non con istrepito di parole, ma con calma e confidenza, con vivo desiderio e ferma speranza di venir esaudita. Ecco ora gli effetti che produsse in me questa orazione.
Quivi illuminata dal Signore conobbi vieppiù il mio nulla, e la mia miseria, e quanto più il mio Dio si degnava favorirmi di sue grazie, altrettanto più io vedeva in me un abisso di ingratitudine; tanto che, fino d'allora, mi convinsi d'essere io la persona più infedele ed ingrata... oh! tremenda parola che mi investe di terrore ..., ingrata all'amabilissimo Gesù. Oh! qui sì, non c'era bisogno che me ne andassi penosamente ricercando in quel punto considerazioni per umiliarmi e confondermi, il Signore stampavami profondamente in cuore un”umiltà vera, e ben diversa da quella ch'io possa acquistare colle mie considerazioni.
Essa penetra l'anima di tal confusione, che l'annichila.
Altra volta (nella solitudine della mia cameretta) l’Amor Divino che già sentiva infiammarmi un po' il ghiacciato mio cuore, mi inspirava sentimenti grandiosi di disprezzo delle cose del mondo, facendomi toccar con mano la loro nullità. Compresi come tutto sia vanità, fuorché il servire a Dio; ed il pensiero della gloria eterna mi mise in cuore un ardente desiderio, una brama di sacrificar tutto, e con allegrezza, e onore e comodi e salute ecc., per arrivare con una vita cristiana e penitente a partecipare della gioia del Paradiso.
Il soave pensiero della vista dell'Umanità sacratissima dello Sposo dei Vergini G.C. mi inondava l'animo di tale gioia che non si potrebbe spiegare, e non potea saziarsi il mio cuore di sfogarsi col ripetere: «Mio Dio!.. che sarà mai in Paradisol... Ah! quando, quando verrà il momento fortunato, in cui mi verrà concesso di contemplare Voi, o mio Dio? O morte del giusto, quanto sei preziosa e quanto sei desiderata››! Con questo vivissimo desiderio di posseder Dio, non è a dire la pena che mi cagionava il pensiero che forse la mia cattiveria m'avrebbe impedito d'unirmi al sommo Bene e da queste considerazioni ricavava poi conoscenza e diffidenza di me stessa e confidenza e speranza nella misericordia in Dio.
Oh! se queste grazie speciali il Signore le concedesse a qualunque altra anima invece della mia, quanto onore e gloria, quanta fedele corrispondenza n'avrebbe! Chi mai, se non un cuor di macigno, com'è appunto il mio, potrebbe corrispondere con sì mostruosa ingratitudine, e seppelir nell'oblio grazie sì segnalate, pegni sì teneri dell’amor d'un Dio!
«Deh! fate, o mio Gesù, che incominci ad amarvi e servirvi››. Io bramerei saper distinguere se fu spirito di Dio che mi fece operare così, ovvero se fu inganno del demonio, o che? Lessi nel libro di S. Teresa, che per regola generale bisogna distaccarsi da ogni sorta di contenti, ed entrar nel campo dell'orazione con una sola risoluzione, quella cioè di aiutar e seguir Gesù Cristo a portar la Croce; che questo è il mezzo più sicuro per isfuggire i lacciuoli del nemico. Feci proposito a me stessa di praticare questo consiglio, se mi accadesse ancora di gustare le gioie provate altre volte. Una sera infatti era appena entrata in Chiesa, ed io mi sentii, non so come, nell'anima una allegrezza quasi simile a quella che provai nelle altre occasioni, (questa ebbe luogo mi pare dal pensiero di essere innanzi alla Sacratissima Umanità di G.C. che come Dio ed Uomo risiedeva su quel trono di misericordia) ed io memore del proposito fatto, a tutta possa, e con violenza, cercai di rimuovere questo contento: dopo un po' di tempo di lotta, vi riuscii; ed il benigno Gesù, in ricompensa di questa fatica sostenuta, mi concesse una grazia grande, «contrizione vera delle mie colpe››. Mi sentii il cuor dilacerato dal dolore, non per timor del castigo meritato, no, ma per aver offeso il mio Dio: questo sì, era il pensiero che cavava dai miei occhi lacrime sì abbondanti ed amare. D'allora in poi il timor fígliale tenne in me il posto del servile; ed ora più mi giova, per ritornarmene a Dio, il pensiero dei ricevuti favori e la vista del suo grande amore, che non possa l'apprensione vivissima di quante possa aver pene l'inferno.
R.mo Padre, io sento un ardentissimo desiderio di progredire nell'orazione; deb! m'insegni il modo di farla, che io spero, colla grazia di Dio, di mantenermi ferma nel proponimento che feci di non abbandonarla giammai.
«E voi, o mio amabilissimo Gesù, giacché incominciaste l'opera vostra, deb! compitela, ve ne prego; dissipate, distruggete in me ciò che Vi dispiace, e consumate poi il mio cuore nelle fiamme del Vostro amore. Chiamatemi, mio diletto, nella solitudine, ed ivi parlatemi ancora al cuore››.
S[ia] L[odato] G[esù] e M[aria]
Qui ho messo in chiaro alcune delle tante grazie che il Signore mi concesse, in altra occasione dimostrerò il modo con che io vi corrisposi, mettendo così più in chiaro la mia ingratitudine. Questo lo farò con piacere perché così conoscerà meglio la cattiveria mia.
Forse avrò qui scritto cose che si potevano tralasciare, lo conosco, ma siccome il mio scopo è di dire tale e quale mi suggerisce il cuore, così su questa parte non vi posi veruno studio.
G[UADAGNINI] M[ARGHERITA]
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(1) Margherita Guadagnini, poi madre Maria Guadagnini. Nata a Brescia il 25 maggio 1856. Fin da giovane ebbe «atteggiamento risoluto›› che «nel suo piglio rapido e deciso aveva qualcosa di militare» e come dimostra questa lettera. L'8 dicembre 1880 entrò nella Congregazione delle Figlie della Carità (Canossiane) e fece la professione perpetua solo il 15 agosto 1927. Si dedicò all'insegnamento nelle Scuole Normali dell'Istituto Canossiano e poi in quelle Governative. Ad un certo momento aspirò alla vita contemplativa e chiese di entrare nel Carmelo. Ma fu convinta a rimanere canossiana e fu educatrice per 54 anni fino al 1935, insegnando lettere, seguendo con cure materne le convittrici e le educande. Grande il suo zelo per la salvezza delle anime che la spinse a scrivere anche opuscoli di devozione ampiamente diffusi, a seguire con efficaci istruzioni esercizi e ritiri spirituali, ad assistere le maestre nelle riunioni settimanali. Fu prima a Brescia a diffondere la devozione a S. Teresa del Bambin Gesù e visse una vita intensa di lavoro, di insegnamento e assieme di sempre più intensa unione con Dio, che si affinò in vecchiaia nella sofferenza e nella cecità. Morì il 31 maggio 1939.
(2) Arciprete Corna. Si tratta del futuro vescovo di Brescia mons. Giacomo Maria Corna Pellegrini Spandre (Pisogne 1827 - Brescia 1913) che dopo un periodo di insegnamento nel 1859 era diventato prevosto di S. Alessandro, sostituitovi nel 1870 da don Pezzana. Di tendenze intransigenti, pur diversificandosi dall'ambiente più consentaneo a p. Piamarta, ne sostenne l'azione e l'opera.
(3) Si rivela qui un carisma peculiare in p. Piamarta, quello di direttore spirituale. La lettera è la più palmare attestazione, la certificazione più spontanea e viva in tal senso. Attestazioni di viva ammirazione per p. Piamarta direttore spirituale sono in tutto l'epistolario che segue.
(4) Si riferisce a Libro della sua vita di S. Teresa di Gesù o d'Avila. (Avila 1515 - Alba de Tormes 1582) mistica, riformatrice del Carmelo, dottore della Chiesa. Sulla devozione a S. Teresa di Gesù o d'Avila, di p. Piamarta cfr. Alle sorgenti della spiritualità di Padre Giovanni Piamarta. I Santi di Padre Piarnarta, Centro piamartino di spiritualità, Brescia 1985, pp. 31-34.
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