Giovanni Battista Piamarta: una vita per i giovani di Gabriele Filippini
Rispondere ad una chiamata è solo il primo passo. Portarla a compimento domanda anche mezzi e strumenti. Dove reperirli? Il parroco Pezzana non può provvedere a tutto. Il Vescovo ha tanta altre necessità...A don Piamarta viene in mente un prete che può capire benissimo il suo progetto. È il giovane monsignore Pietro Capretti.
Mons. Pietro Capretti nasce nel nel 1842 a Brescia e a Brescia muore nel 1891 non ancora cinquantenne. É uno di quei preti eccezionali, come pochi ne appaiono nell'arco di un secolo. Proviene da una facoltosa famiglia e dopo una raffinata educazione in collegi tenuti da religiosi a Lodi e Monza, si laurea in teologia al Seminario Romano. Docente di ebraico e di Sacra Scrittura in Seminario, gli viene una idea formidabile: aprire un Ospizio, con il suo patrimonio, per accogliere quei chierici poveri che non potevano permettersi una retta. La sua iniziativa parte in una casa privata, poi fa tappa nel monastero di S. Pietro in Castello, per approdare infine nell'antica struttura monastica di San Cristo dove l'Ospizio diviene un vero e proprio Seminario diocesano.
Sacerdote colto, buono, zelante, caritatevole e dalla intelligenza aperta cura le associazioni giovanili, la militanza dei laici nel movimento cattolico, promuove il giornalismo cattolico, la Biblioteca Circolante, la Dottrina Cristiana, Le Società di Mutuo Soccorso. Canonico della Cattedrale e Superiore delle Orsoline diviene il sacerdote di riferimento per tante persone e istituzioni religiose.
Per tutte queste ragioni don Piamarta pensa che don Pietro Capretti sia la persona giusta cui esporre il suo progetto e chiedere un sostegno. Non si sbaglia. Ma Capretti ha le sue visioni e ama un confronto approfondito al proposito.
E proprio mentre i due interloquiscono sul da farsi il Vescovo chiede a Piamarta un sacrificio: lasciare S. Alessandro per diventare parroco di Pavone Mella.
Obbedienza
Mons. Verzeri, infatti, probabilmente ignaro di quanto i due sacerdoti amici stanno progettando è ormai convinto che solo un prete energico e attivo, intelligente ed equilibrato può sanare la piaga pastorale creatasi nel popoloso paese rurale di Pavone. Quel prete corrisponde alla fisionomia di don Piamarta. A nulla valgono le proteste dei parrocchiani e le garbate ma precise richieste di don Pezzana di soprassedere alla decisione: tanto è fermo mons. Verzeri nella richiesta, quanto lo è don Giovanni Battista nell'obbedienza.
Rispondere ad una chiamata è solo il primo passo. Portarla a compimento domanda anche mezzi e strumenti. Dove reperirli? Il parroco Pezzana non può provvedere a tutto. Il Vescovo ha tanta altre necessità...A don Piamarta viene in mente un prete che può capire benissimo il suo progetto. È il giovane monsignore Pietro Capretti.
Mons. Pietro Capretti nasce nel nel 1842 a Brescia e a Brescia muore nel 1891 non ancora cinquantenne. É uno di quei preti eccezionali, come pochi ne appaiono nell'arco di un secolo. Proviene da una facoltosa famiglia e dopo una raffinata educazione in collegi tenuti da religiosi a Lodi e Monza, si laurea in teologia al Seminario Romano. Docente di ebraico e di Sacra Scrittura in Seminario, gli viene una idea formidabile: aprire un Ospizio, con il suo patrimonio, per accogliere quei chierici poveri che non potevano permettersi una retta. La sua iniziativa parte in una casa privata, poi fa tappa nel monastero di S. Pietro in Castello, per approdare infine nell'antica struttura monastica di San Cristo dove l'Ospizio diviene un vero e proprio Seminario diocesano.
Sacerdote colto, buono, zelante, caritatevole e dalla intelligenza aperta cura le associazioni giovanili, la militanza dei laici nel movimento cattolico, promuove il giornalismo cattolico, la Biblioteca Circolante, la Dottrina Cristiana, Le Società di Mutuo Soccorso. Canonico della Cattedrale e Superiore delle Orsoline diviene il sacerdote di riferimento per tante persone e istituzioni religiose.
Per tutte queste ragioni don Piamarta pensa che don Pietro Capretti sia la persona giusta cui esporre il suo progetto e chiedere un sostegno. Non si sbaglia. Ma Capretti ha le sue visioni e ama un confronto approfondito al proposito.
E proprio mentre i due interloquiscono sul da farsi il Vescovo chiede a Piamarta un sacrificio: lasciare S. Alessandro per diventare parroco di Pavone Mella.
Obbedienza
Mons. Verzeri, infatti, probabilmente ignaro di quanto i due sacerdoti amici stanno progettando è ormai convinto che solo un prete energico e attivo, intelligente ed equilibrato può sanare la piaga pastorale creatasi nel popoloso paese rurale di Pavone. Quel prete corrisponde alla fisionomia di don Piamarta. A nulla valgono le proteste dei parrocchiani e le garbate ma precise richieste di don Pezzana di soprassedere alla decisione: tanto è fermo mons. Verzeri nella richiesta, quanto lo è don Giovanni Battista nell'obbedienza.
Si tratta, infatti, di succedere nella guida della parrocchia di Pavone ad un parroco che per ben 46 anni si è dedicato alla coltivazione dei suoi campi più che alla cura pastorale della sua gente. Questa sua scelta, unita all'indole debole del suo carattere lo mette anche in condizione di essere emarginato da gran parte della comunità, manovrata da gruppuscoli di socialisti e anticlericali che fanno il bello e il cattivo tempo come vogliono.
E così, nel 1883, dopo 13 anni di fervido lavoro in S. Alessandro, don Piamarta lascia Brescia, fra le lacrime e il dispiacere dei suoi parrocchiani e arriva a Pavone Mella come arciprete.
Ormai non è più un novello, si è fatto le ossa e sa da dove cominciare, pienamente cosciente del clima che lo circonda e dalle trame dei gruppi che, col suo arrivo, vedono ridimensionare la loro influenza sociale e politica. A volte si vendicano con infantili scritte sui muri. L'arciprete non si lascia intimidire e percorre un duplice binario: la predicazione ben curata, senza essere retorica, fondata sulla Bibbia e sulla fedeltà al Magistero del Papa e la promozione delle associazioni cattoliche, cominciando da quelle che riunivano le madri e le ragazze. Mossa intelligente: se ha dalla sua parte il mondo femminile anche quello maschile, caratterizzato da un una certa selvatichezza contadina, avrebbe cominciato a frequentare di più la chiesa.
Avviene così, ma non solo: a certe predicazioni straordinarie accorrono anche dai paesi vicini o dai cascinali appartenenti ad altre parrocchie.
Anche a Pavone Mella la sua fede in Dio, il suo cuore di pastore e la sua mente aperta la spuntano su non poche difficoltà: la gente non è più prevenuta, il parroco riscuote simpatia, è autorevole e lo condividono anche nel suo rigore morale, sia quando mette in guardia contro i pericoli del ballo, sia quando difende gli ultimi e gli umili dalle angherie dei potenti. E la sua devozione a Maria lascia segni profondi nell'animo dei fedeli.
È tutto dedito alla sua parrocchia. Ma nel suo cuore non è tramontato il sogno di fare qualcosa per “quei” ragazzi incontrati a Brescia, coinvolgendo pure mons. Capretti.
E per questo di tanto in tanto lascia Pavone per qualche viaggio a Brescia.
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