Ma preziosa sopra ogni altro aspetto è la sua presenza fra i giovani e per i giovani. Usando come “oratorio” la sacrestia e un piccolo ma provvidenziale cortiletto a fianco della parrocchiale, don Piamarta attira schiere di giovani.
Con la sua simpatia innata, senza cedere al giovanilismo ma mantenendo autorevolezza e, all'occorrenza, severità, li conquista con varie proposte, a cominciare da passeggiate alla portata di tutti, sempre con l'obiettivo di parlare loro di Dio, di far conoscere Cristo e il Vangelo, portarli all'apostolato nella Chiesa, strappandoli alle tentazioni della strada, dal povero stile di vita dei perdigiorno e dagli estremismi delle idee politiche circolanti. Ed è successo. Un successo che non gli monta la testa.
La sera, quando prega, ripensa la sua giornata fra i giovani. E alla sua mente tornano i volti di quei ragazzi che hanno sì l'oratorio come riferimento ma poi? Sono quei ragazzi senza famiglia, senza affetti, che devono arrangiarsi in qualche modo per sopravvivere. Che ne sarà di loro? Chi pensa ad istruirli, a insegnare un mestiere?
Inoltre è un prete attivo e pio ma non fuori dal mondo. Segue quotidianamente le cronache dei giornali ed è un appassionato lettore del quotidiano cattolico Il cittadino di Brescia. Sa benissimo che sta avanzando inesorabilmente il fenomeno della industrializzazione e dello sviluppo dell'artigianato e del commercio.
Chi avrebbe aiutato i giovani ad affrontare il nuovo mondo evitando il rischio di essere perennemente garzoni di bottega o lavoratori in fabbriche, piccole o grandi, dove lo sfruttamento e il degrado sono norma? Chi li prepara ad una forma più elevata, umana e giusta di lavoro?
Questi pensieri si fanno quasi una voce che chiama: una vocazione. Il giovane prete si rende conto che non è un suo sogno quello di aiutare i ragazzi più poveri, ma è il Signore che lo chiede. Lui risponde: “dedicherò la mia vita a quei ragazzi. Saranno loro la mia vita”.
Con questa risposta don Giovanni Piamarta mette nel terreno della storia cristiana un seme che diventerà la pianta di una nuova famiglia religiosa dedita alla gioventù.
Con la sua simpatia innata, senza cedere al giovanilismo ma mantenendo autorevolezza e, all'occorrenza, severità, li conquista con varie proposte, a cominciare da passeggiate alla portata di tutti, sempre con l'obiettivo di parlare loro di Dio, di far conoscere Cristo e il Vangelo, portarli all'apostolato nella Chiesa, strappandoli alle tentazioni della strada, dal povero stile di vita dei perdigiorno e dagli estremismi delle idee politiche circolanti. Ed è successo. Un successo che non gli monta la testa.
La sera, quando prega, ripensa la sua giornata fra i giovani. E alla sua mente tornano i volti di quei ragazzi che hanno sì l'oratorio come riferimento ma poi? Sono quei ragazzi senza famiglia, senza affetti, che devono arrangiarsi in qualche modo per sopravvivere. Che ne sarà di loro? Chi pensa ad istruirli, a insegnare un mestiere?
Inoltre è un prete attivo e pio ma non fuori dal mondo. Segue quotidianamente le cronache dei giornali ed è un appassionato lettore del quotidiano cattolico Il cittadino di Brescia. Sa benissimo che sta avanzando inesorabilmente il fenomeno della industrializzazione e dello sviluppo dell'artigianato e del commercio.
Chi avrebbe aiutato i giovani ad affrontare il nuovo mondo evitando il rischio di essere perennemente garzoni di bottega o lavoratori in fabbriche, piccole o grandi, dove lo sfruttamento e il degrado sono norma? Chi li prepara ad una forma più elevata, umana e giusta di lavoro?
Questi pensieri si fanno quasi una voce che chiama: una vocazione. Il giovane prete si rende conto che non è un suo sogno quello di aiutare i ragazzi più poveri, ma è il Signore che lo chiede. Lui risponde: “dedicherò la mia vita a quei ragazzi. Saranno loro la mia vita”.
Con questa risposta don Giovanni Piamarta mette nel terreno della storia cristiana un seme che diventerà la pianta di una nuova famiglia religiosa dedita alla gioventù.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.