Rimini, 18-24 agosto 2013
a cura di Gabriele Archetti
Fare bene il bene
San Giovanni Battista Piamarta (1841-1913)
Giovanni Battista Piamarta nasce a Brescia il 26 novembre 1841 da una famiglia di modeste condizioni sociali. Santo, prete, educatore dei giovani, è una delle personalità di maggior rilievo della Chiesa bresciana tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi del Novecento. Fonda l’Istituto Artigianelli e la tipografia poi editrice Queriniana (1886), la Colonia Agricola di Remedello Sopra (1895), la Congregazione religiosa maschile della Sacra Famiglia di Nazareth (1900) e quella femminile (1911) delle Umili Serve del Signore, presenti oggi in Europa, Africa ed America del Sud. Muore il 25 aprile 1913 a Remedello, dopo una vita spesa al servizio di Dio e della gioventù. Viene canonizzato da Benedetto XVI il 21 ottobre 2012 in San Pietro.
Vissuto in un momento difficilissimo per il Paese, dove l’incipiente industrializzazione creava enormi problemi sociali e minava la tenuta cristiana delle famiglie e l’educazione dei figli, si prodiga per dare ai giovani gli strumenti necessari a crearsi un futuro con le proprie forze, grazie alla preparazione professionale, alla crescita umana e alla fede cristiana. Chiamato il “don Bosco” lombardo, guarda con attenzione anche alle difficoltà del mondo agricolo e al “riscatto” delle campagne, per le quali con p. Giovanni Bonsignori non esita a sperimentare nuove metodologie produttive e a fornire ai giovani contadini la formazione teorico-pratica per diventare imprenditori di se stessi e restituire dignità alla terra.
In questo progetto di vita trova validi collaboratori che ne condividono lo spirito e ne continuano l’attività nei luoghi di frontiera dove la carità è più urgente. “Fare bene il bene” non è solo uno dei suoi slogan più belli e immediati, ma anche lo stile con cui ha agito consumandosi per dare speranze alle nuove generazioni. Ai suoi giovani, che lo sentivano come un “padre”, amava dire: “Si può pregare anche mentre lavoriamo. La zappa stia nella mano ma il cuore stia in Dio. L’ago e la conocchia stiano nella mano, ma il cuore stia in Dio”, cioè impegnandosi con lo sguardo fisso al cielo, perché è “facendo bene i propri compiti, grandi o piccoli che siano, che si raggiunge la santità”.
La mostra propone un percorso storico-didattico sulla figura e il carisma di Giovanni Battista Piamarta nel primo centenario della morte. Si compone di una quarantina di pannelli, di materiali, oggetti e di supporti video, attraverso i quali si ricostruiscono in ordine cronologico le tappe salienti della vita, con particolare riguardo all’attività pastorale e formativa promossa in favore della gioventù; le immagini e i testi, tratti per lo più da documentazione inedita d’archivio, come gli oggetti provenienti dal Museo Giovanni Piamarta di Brescia, sono una proposta e una lettura originale del fondatore degli Artigianelli, senza però perdere di vista i problemi dei giovani di oggi.
La tavola rotonda con il card. Angelo Amato
La mostra, che sarà poi itinerante, è visitabile per la durata del Meeting negli spazi della Fiera riminese dal 18 al 24 agosto 2013, dove verrà illustrata nell’ambito di una tavola rotonda martedì 20 agosto alle ore 11.15, con la partecipazione di sua eminenza il card. Angelo Amato (prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi), di p. Enzo Turriceni (superiore generale della Congregazione piamartina), di Alberto Cova (docente di Storia economica all’Università Cattolica), di p. Rosino Gibellini (teologo e direttore letterario della Queriniana), del curatore Gabriele Archetti (docente di Storia medievale all’Università Cattolica) e del coordinatore dell’incontro Alberto Savorana (portavoce nazionale di Comunione e Liberazione).
A loro è affidato il compito di presentare il percorso espositivo, corredato da un catalogo, e di mostrare le vie della santità cristiana alla luce del carisma di p. Piamarta, la vicenda umana e sociale del fondatore degli Artigianelli, la novità delle sue opere in favore dei giovani e della loro crescita. Sfide che i suoi figli e le migliaia di ex allievi, amici ed insegnanti hanno fatto proprie in ambito educativo, editoriale e lavorativo, proprio come avrebbe voluto Piamarta, dilatandone lo slancio caritativo a varie parti del mondo. «Non dobbiamo fermarci – diceva ai suoi collaboratori –, perché il nostro posto è dove ci sono problemi e persone che chiedono aiuto».
Il percorso celebrativo di p. Piamarta nel primo centenario della morte, avviato lo scorso anno con la canonizzazione in San Pietro, si concluderà in autunno con la presentazione del volume di studi storici in suo onore voluto dalla Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth in collaborazione con il Dipartimento di Storia moderna e contemporanea dell’Università Cattolica e dal periodico “Brixia sacra. Memorie storiche della diocesi di Brescia”; il lavoro sarà presentato nel salone Vanvitelliano e apparirà tra le collane delle edizioni Studium di Roma. In quella circostanza la mostra “Fare bene il bene” verrà adattata agli spazi della Loggia e farà da cornice all’omaggio di gratitudine offerto dalla città ad una dei suoi figli più illustri, apostolo della carità e dei giovani, dove resterà aperta per alcuni giorni.
Piamarta: una vita per i giovani
Giovanni Battista Piamarta nasce a Brescia, nel quartiere di San Faustino, il 26 novembre 1841 da una famiglia di modeste condizioni sociali; santo, educatore dei giovani, è una delle personalità di maggior rilievo della Chiesa diocesana tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi del Novecento. Orfano di madre a 9 anni, cresce vivacissimo nei rioni popolari della città, trovando un sostegno educativo nel nonno materno e nell’oratorio San Tommaso, che ne affinano la sensibilità e la straordinaria generosità. Dopo un’adolescenza difficile, grazie all’incoraggiamento e al sostegno del parroco di Vallio Terme, don Patrizio Pezzana, entra nel seminario diocesano per i chierici poveri di San Cristo e intraprende gli studi teologici.
Ordinato sacerdote il 23 dicembre 1865, inizia il suo ministero sacerdotale a Carzago Riviera e prosegue a Bedizzole; in seguito diventa curato della parrocchia di Sant’Alessandro in città, dove organizza l’oratorio col favore di don Pezzana, e parroco di Pavone Mella. Le prime esperienze oratoriane sono per lui una preziosa possibilità di conoscere da vicino la gioventù alle prese con il duro mondo delle fabbriche della nascente industria bresciana: la sua preoccupazione è quella di poter dare un futuro ai giovani attraverso una buona istruzione e un lavoro dignitoso, senza trascurare la istruzione religiosa. Nei 13 anni di apostolato coglie risultati ammirabili e la stima dei giovani. Il suo segreto sta nella forza della preghiera e nella fiducia nella Provvidenza, come lui stesso ammette: «Se io non facessi due-tre ore di orazione ogni mattina, non potrei portare il peso che il buon Dio mi ha imposto».
Lasciata la parrocchia di Pavone Mella torna a Brescia per dedicarsi all’opera educativa pensata da tempo in favore dei ragazzi orfani e poveri. Per dare loro una sicura preparazione professionale e cristiana, di fronte all’abbandono spirituale e alla perdita della fede, il 3 dicembre 1886 avvia l’Istituto Artigianelli con l’aiuto di mons. Pietro Capretti, il santo sacerdote che aveva voluto sulle pendici del castello il seminario di San Cristo. I suoi riferimenti ideali sono san Filippo Neri e don Giovanni Bosco, che nei medesimi anni stava compiendo miracoli per la gioventù dei quartieri torinesi; fede, istruzione e lavoro sono per lui gli strumenti del riscatto sociale dei giovani meno fortunati e a rischio di emarginazione, sintetizzabili nel motto benedettino “pietas et labor”.
Seppur con enormi difficoltà, dal 1888 la crescita degli “artigianelli” non si arresta più, si moltiplicano i fabbricati ed i laboratori e i giovani ricevono una buona preparazione tecnica. Pochi anni dopo, rivolge la sua sollecitudine anche al mondo dell’agricoltura, dando origine con padre Giovanni Bonsignori alla Colonia Agricola di Remedello Sopra, allo scopo di ridare vitalità alla crisi del settore agrario. Attorno a padre Piamarta si radunano presto alcuni religiosi, per condividere con lui gli ideali e le fatiche della sua missione. Nel marzo del 1900 il “padre” degli Artigianelli – come affettuosamente viene chiamato Piamarta – realizza un proprio progetto, istituendo una famiglia religiosa, composta da sacerdoti e laici a servizio dell’educazione dei giovani del popolo, denominata Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth, presente oggi – insieme all’analoga congregazione femminile delle Umili Serve del Signore – in vari continenti: Europa (Italia), Africa (Angola, Mozambico) e America del Sud (Brasile, Cile).
Padre Giovanni Battista Piamarta si spegne la mattina del 25 aprile 1913 a Remedello tra le braccia dei suoi ragazzi, nella Colonia Agricola da lui voluta. Nel 1926 la sua salma è traslata dal Vantiniano nella chiesa dell’Istituto Artigianelli costruita alle pendici del Cidneo, oggi santuario dedicato alla sua memoria; nel 1986 la Chiesa ne ha riconosciuto l’eroicità delle virtù e il 12 ottobre 1997 papa Giovanni Paolo II lo ha dichiarato “beato”, mentre papa Benedetto XVI lo ha proclamato “santo” domenica 21 ottobre 2012 nella basilica di San Pietro a Roma. La memoria liturgica è il 26 aprile.