Quanti lutti nella mia famiglia di origine! Ho dovuto avere presto familiarità con la morte!
Quando avevo due anni persi il fratello Domenico.
Non avevo ancora compiuto i sette e la morte si portò via la sorella Pierina.
A tredici anni persi anche il fratello Pietro Faustino.
E a nove anni il Signore aveva già chiamata a sé l’anima santa di mamma Regina, scavando un grande vuoto nel mio cuore.
E così rimasi solo col papà e con fratellino Luigi Francesco, più giovane di me di nove anni.
Il nonno Battista Piamarta veniva dal Piemonte e precisamente da Agrano nei pressi del lago d’Orta.
Era giunto a Brescia agli inizi del secolo e mise su bottega di calzolaio, in uno dei quartieri più popolosi e più poveri della città. Il babbo invece era barbiere.
Chi mi ha fatto sentire forti i legami familiari è stato il nonno materno, che mi intratteneva raccontando episodi della Storia sacra e si interessò del mio futuro. Si chiamava Giacomo Ferrari e faceva il tornitore.
La famiglia del fratello Francesco
Morto anche il babbo, la mia parentela si ridusse alla famiglia del fratello Francesco che aveva sposato in seconde nozze la brava Giuseppina Rovati, dalla quale ebbe 12 figli.
Andò ad abitare a Milano, vivendo d’arte, cercando fama e trovando qualche volta la fame.
E’ un uomo profondamente buono che ama la sua famiglia, ha educato ottimamente i figli, dai quali è riamato. E’ un artista che, come la maggior parte degli artisti, non ha avuto molta fortuna.
Dotato di bella voce baritonale si è esibito nei teatri di mezzo mondo: Russia, Irlanda, Gran Bretagna, Brasile. Qui si ammalò di febbre gialla e dovette interrompere la sua carriera.
Ora si occupa come artista a Montecarlo, sei mesi l’anno. Per il resto è praticamente disoccupato, trovando di cantare di quando in quando in qualche chiesa. Della sua sistemazione si era interessato lo stesso ministro Giuseppe Zanardelli che gli ottenne un posto nelle ferrovie. Ma non resistette.
La numerosa famiglia vive in dignitosa povertà, ma è angustiata da frequenti malattie.
Nei momenti di estremo bisogno si rivolgono anche a me, con lettere commoventi, specie quelle della cognata Giuseppina, che porta sulle spalle la responsabilità della famiglia e che scrive “con le lacrime agli occhi” dichiarando che “pagherei con il mio sangue se potessi farne a meno di chiedere aiuto”, a causa “delle disgrazie che ci capitano una più grossa dell’altra”.
Infatti, non avendo potuto pagare l’affitto di casa, hanno rischiato d’essere licenziati: “Senza casa! Qui a Milano sono centinaia le famiglie senza tetto e case operai di una o due stanze non se ne trovano”
Dalla mamma ho appreso che anche i poveri devono aiutare quelli che sono più poveri di loro. Mi è capitato di dover prendere a prestito anch’io per dare una mano ai miei familiari..
Un cugino molto caro
Molto caro mi è il cugino Giovanni Tebaldini, più giovane di me di una ventina d’anni. Anche lui artista, con uno spiccatissimo talento musicale, giornalista e musicologo, maestro di Cappella a Loreto,insegnante nei conservatori più rinomati d’Italia. Ma è soprattutto uno degli artefici della riforma della musica sacra, assai apprezzato dall’attuale Pontefice Pio X . Lo stesso Giuseppe Verdi ha avuto parole di elogio nei suoi confronti.
E’ venuto ad inaugurare l’organo, modernissimo, progettato da lui e ammirato dagli esperti.
E finalmente ha avuto l’opportunità di farsi apprezzare anche alla sua Brescia.
Questa è tutta la mia parentela, semplice e povera, ma ricca di fede e di gratitudine.
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