LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

sabato 29 dicembre 2012

191 - ANNO 1912: 25° DELL'ISTITUTO ARTIGIANELLI

 09. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra
 
I miei confratelli stanno organizzando per quest’anno la celebrazione del XXV dell’Istituto. Li ho dissuasi, ma poi ho dovuto cedere di fronte alle loro insistenze “per il bene dell’Istituto”.L’Istituto procede bene, ma nessuno può immaginare quanto mi sia costato.

Triboli e spine

“Ho cominciato quest’opera e i contrasti e i dolori,le disillusioni e le indifferenze e gli abbandoni anche per parte di persone su cui si era fondato tutto l’appoggio morale e materiale furono il mio pane quotidiano e continuano più che mai ad esserlo tuttora. La natura si ribella a tali trattamenti! Ma lo spirito sa che è appunto con tali caratteri che Iddio benedetto vuole contrassegnare le opere sue”.
Se penso alla storia di questi venticinque anni vedo che, “parlando da un punto di vista puramente umano, l’opera non fruttò che dolori, triboli e spine senza nome, pene incredibili, disinganni d’ogni genere”.
Spesso mi sono sentito “schiacciato sotto un peso enorme di pensieri, di occupazioni e tribolazioni: tutte cose inerenti all’opera che ho tra le mani e che, avendola con amore abbracciata per amore di Dio e per la salvezza della povera gioventù, oggi più che mai esposta a gravissimi pericoli, il Signore mi è largo del suo aiuto, onde possa portare lietamente il peso di questa grande croce”.
Infatti “le contraddizioni, anziché smuovere la nostra costanza devono fortemente rinvigorirla, perché la contraddizione è caparra del successo dell’opera. Bisogna diffidare sempre d’ogni impresa buona non contrariata. Quando il nemico del bene non si curasse di attraversare le nostre iniziative, sarebbe indizio che non gli fanno neppure paura”. 
Pure le umiliazioni non sono mai mancate: “anche di queste benedico il Signore, perché mi servono mirabilmente a tenermi sempre molto, ma molto in basso, terra a terra, e affidarmi tutto fiduciosissimo nelle sole amorosissime braccia della Divina Provvidenza”

Il pane avanzato dalla tavola del Signore
 
Ma la “fede sola è la vera panacea che ci fa, non dico solo tollerare ogni amarezza e dolore onde siamo infestati in questa misera vita, ma ci fa anche gloriosi di poter partecipare ai santi dolori e ignominie di Gesù Cristo.  I dolori e le traversie d’ogni fatto, sono un pane avanzato dalla tavola di Gesù Cristo. Ed io in questi giorni, sto mangiandone la parte più dura”.
Ho constatato che è proprio vero che “le opere di Dio non prosperano che all’ombra della croce ed anche a volere che esse diano frutti copiosi,conviene che noi le andiamo innaffiando dei nostri sudori, delle nostre lacrime e perfino del nostro sangue: basta guardare a Gesù. Dopo tanti miracoli e tanto bene compiuto i suoi lo lasciano solo ed egli finì sulla croce”.
Tante fatiche in questi venticinque anni, ma anche tanti frutti, che il Signore ha fatto germogliare.
Mai tuttavia devo dimenticare che “facendo del bene al nostro prossimo, guardando a Dio solo, avverrà che quanto meno troveremo negli uomini rispondenza al bene loro fatto, tanto più copiosa sarà la mercede che ci riserva il Padre che è nei cieli”..
Oggi ho ricordato queste difficili realtà, perché chi si mette a fare il bene non si illuda.
Qui dobbiamo sudare per poter raccogliere un giorno una messe abbondante, che il Signore riserva a quelli che lo servono fedelmente.

 

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