LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

sabato 8 settembre 2012

71 - COMMENTO ALLE LETTURE DEL MESSALE

Le note biografiche sono riportate sul Proprio dei Santi Bresciani

Prima lettura

Gal 6,14-16

“Non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo”
Nelle tribolazioni e nelle croci, non poche né piccole, San Giovanni Piamarta ha mantenuto la sua fiducia e
serenità di fondo, sapendo di partecipare alla croce del Signore.

a) Egli ha la certezza dell’aiuto del Signore, data la bontà dell’opera: “Spesso mi sento schiacciato sotto un peso enorme di pensieri, di occupazioni e tribolazioni: tutte cose inerenti all’opera che ho tra le mani e che avendola con amore abbracciata, per amore di Dio e per la salvezza della povera gioventù, oggi più che mai esposta a gravissimi pericoli, il Signore mi è largo del suo aiuto, onde possa portare lietamente il peso di questa grande croce”.
Il Padre sa di operare per amore di Dio e della gioventù. Sa quindi di poter confidare nell’aiuto del Signore.
Egli che recitava i Salmi, faceva proprie le parole del Salmo responsoriale: “Sei tu, Signore tutta la mia forza”.

b) Le difficoltà sono un segno che l’opera viene da Dio e quindi vanno portate avanti con coraggio
“Le contraddizioni anziché smuovere la nostra costanza, devono fortemente rinvigorirla, perché la contraddizione è caparra del successo dell’opera. Bisogna diffidare sempre da ogni impresa buona non contrariata. Quando il nemico del bene non si curasse di attraversare le nostre iniziative, sarebbe indizio che non gli fanno troppa paura”.
Parole impressionanti, ma piene di fiducia, che sostengono la fortezza.
Parole che fanno eco a quelle di San Paolo scritte ai Romani: “Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera” (Rom 12,12).(Rom 12,12).
Le molte tribolazioni sono spesso una conferma della bontà d’una iniziativa di bene. E quindi, invece di demoralizzare devono sorreggere la costanza e il coraggio della perseveranza.

c) Le difficoltà tengono umili: “Non mancano tribolazioni di vario genere e non sono poche né lievi; anche di questo benedico il Signore, perché mi servono mirabilmente a tenermi sempre molto ma molto basso”.
“Signore non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo…Sei tu Signore tutta la mia forza”.

Vangelo

“Tutto quello che avete fatto ai miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
“La vostra opera di educatori richiede un grande spirito di sacrificio e voi non dovete fuggire dai pesi : accogliere la gioventù, sorvegliarla, darle consigli, correggerla, istruirla, sono un continuo esercizio di rinuncia a se stessi e di estrema pazienza che a suo tempo darà frutti copiosi di virtù. E ricordatevi: “Chi accoglie uno di questi piccoli, accoglie il Signore”.
Padre Piamarta aveva una particolare sensibilità per le reali necessità dei giovani, essendo stato orfano e avendo partecipato da vicino alle difficoltà dei più poveri nell’inserirsi nella vita. Il Signore lo chiamava ad educarli al lavoro, cioè insegnare un’arte, e assieme a formare i loro cuori all’onestà e al senso cristiano del lavoro, come pure all’amore maturo capace di creare una famiglia e di tenerla unita.
Per raggiungere questi obiettivi impegnativi, onerosi, ha coltivato la consapevolezza di essere chiamato a servire il Signore nei suoi ragazzi. “Non posso vantarmi d’aver fatto del bene, perché devo chiedermi prima se ho servito Lui o se ho promosso la mia immagine, se ho servito anche quando comandavo o se ho comandato anche quando dicevo di servirlo”.

“Sono lieto d’avere spesa la mia vita per i suoi figli più poveri, che certamente mi aiuteranno a varcare le porte del Paradiso, perché quelle chiavi benedette le posseggono loro i piccoli con i quali si è identificato il Signore della gloria.
Aver vissuto con loro, mi ha aiutato a restare giovane, aver lavorato per loro mi ha fatto sentire padre, aver tribolato per loro, mi ha dato la gioia di vederli sorridere.
Ma soprattutto l’averli amati, mi ha dato la certezza d’avere amato Te, o mio Signore, che mi hai amato sino alla fine” (Dal “Diario” di Padre Piamarta, p. 214)

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