LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

lunedì 22 aprile 2013

210 - IL MIRACOLO DELLA BEATIFICAZIONE

Il 14 febbraio 1988 uno studente bresciano, Bruno Cocchetti di undici anni e mezzo, veniva investito accidentalmente da un’automobile, riportando grave trauma craniofacciale, con perdita di coscienza immediata. Prontamente soccorso, veniva ricoverato presso gli Spedali civili di Brescia, nel reparto di Rianimazione. Quando lo visitai le sue condizioni mi apparvero subito gravissime: stato di coma profondo (G.C.S. 3) che richiedeva la ventilazione assistita. Lo studio Tac immediatamente eseguito ed i successivi controlli a qualche ora di distanza documentavano gravi lesioni cerebrali emorragiche, con segni di ipertensione endocrina.
Un intervento chirurgico non avrebbe apportato alcun beneficio. Dopo circa sei ore le condizioni cliniche peggioravano ulteriormente, divenendo disperate, per la presenza di segni di compromissione del tronco encefalico. Era ormai logico attendersi un esito infausto a breve scadenza. A quel tempo ero Aiuto della Clinica Neurochirurgica dell’Università di Brescia e – purtroppo – di casi simili ne avevo visti molti. Volevo semplificare al massimo il problema, due potevano essere le evoluzioni cliniche. O l’exitus o un lento recupero dello stato di coscienza con associate gravi – o gravissime – menomazioni neurologiche e psichiche. Proprio in questi termini mi espressi con i genitori ed i parenti del ragazzo. Invece, la successiva evoluzione clinica doveva clamorosamente smentirmi. A distanza di 40 ore circa dal trauma, il paziente iniziava una insperata quanto imprevedibile ripresa, che lo portava progressivamente a recuperare completamente la propria autonomia di vita: non residuava alcun deficit neurologico focale e le funzioni simboliche superiori e la vita psicoaffettiva erano perfettamente normalizzate. Ebbi, quindi, subito la sensazione che dal punto di vista scientifico-medico era accaduto qualcosa di “eccezionale” ed “inspiegabile”: non era, ovviamente, la sopravvivenza a destare il mio stupore (le moderne tecniche rianimatorie ci consentono spesso di salvare la vita a questi pazienti), ma piuttosto la qualità della perfetta guarigione raggiunta in un tempo così inspiegabilmente breve (in termine tecnico, il “quoad modum” della “restituito ad integrum”.
Mi proposi pertanto di analizzare attentamente tutta la letteratura internazionale sull'argomento, dal 1970 al 1990, coinvolgendo in questo ponderoso lavoro altri Colleghi Neurochirurghi e Rianimatori. Questa accurata e puntigliosa ricerca, indispensabile per uno studio serio e documentato, ci portò alla seguente conclusione: nel caso clinico che avevamo appena vissuto e trattato, le nostre conoscenze scientifiche che non ci consentivano di spiegare ogni passaggio. Qualche "buco nero" rimaneva. Qualcosa di "scientificamente inspiegabile" era accaduto.
Chi parla qui è Massimo Gandolfini, primario neurochirurgo, associato di Neurochirurgia e direttore del dipartimento di Neuroscienze della Fondazione Poliambulanza dell'Istituto ospedaliero di Brescia, membro della commissione etica dell'Ordine dei Medici della Provincia di Brescia, e anche consultore neurochirurgo della Sacra Congregazione per le Cause dei Santi presso la Santa Sede.
È lunga e tortuosa la strada per la santità. La Chiesa, prima di innalzare qualcuno agli onori degli altari, esige verifiche, impone controlli e testimonianze al di là di ogni ragionevole dubbio. Così è stato per Padre Giovanni Piamarta. La mattina del 14 febbraio 1988, vigilia della festa dei Santi Faustino e Giovita, patroni della città di Brescia, Bruno è uscito di casa si è incamminato verso la scuola media del Villaggio Sereno, a pochi minuti di cammino. Ma è proprio in quei minuti che, mentre attraversava la strada, un auto lo ha investito in pieno, scaraventandolo lontano. Le sue condizioni sono apparse immediatamente gravissime. l medici del pronto soccorso lo hanno trasferito al centro di rianimazione con una diagnosi che non lasciava margine alla speranza: trauma cranico con lesioni multiple, coma profondo e stato di shock.
Al suo capezzale, disperati, mamma e papà. Devastati dal dolore, desideravano ardentemente pregare, ma non sapevano «chi» pregare. Uno zio, padre Ettore Pelati, economo generale della Congregazione di Padre Piamarta, chiese all'amico Gandolfini di prendersi a cuore il nipote. «Quando vidi il ragazzo - disse allora il medico - e seppi che la prognosi era così grave da non consentire margini di ripresa, risposi all'amico prete che solo un miracolo poteva strappare quel ragazzo alla morte››. «Chiederò ai parenti e agli amici – disse allora padre Pelati - di invocare l’intercessione di Padre Giovanni Piamarta e di iniziare nel suo nome una novena di preghiere». La preghiera si è snodata tra la cappella dell’Istituto Artigianelli, dove è sepolto Padre Piamarta, la chiesa della parrocchia di Bruno e la cappella del Civile. E ciò che non ha potuto la medicina, lo hanno realizzato la fede e le innumerevoli preghiere innalzate al Cielo e destinate a Padre Piamarta.
Sessanta giorni dopo il terribile incidente, Bruno è ritornato a scuola. Completamente guarito. Questo miracolo ha spalancato le porte della beatificazione e canonizzazione di Padre Giovanni Piamarta.
Nel 1990 la Curia bresciana ha istruito il processo diocesano (giuridicamente approvato dalla Congregazione delle Cause dei Santi) che avrebbe portato al riconoscimento ufficiale. Ciò è avvenuto quando la Consulta medica del dicastero, il 27 giugno 1996, ha dichiarato all’unanimità che la guarigione di Bruno «fu estremamente rapida, completa, duratura e scientificamente inspiegabile». Nei mesi successivi la Congregazione, dopo innumerevoli verifiche, ha concluso che la guarigione di Bruno è da ritenersi «un miracolo operato da Dio per intercessione del venerabile Giovanni Piamarta». Giovanni Piamarta è stato così proclamato beato il 12 ottobre 1997 da Giovanni Paolo II, un altro futuro beato, anch’egli amatissimo dai giovani. E quel giorno d’autunno tra i cinquemila bresciani riuniti per accogliere il nuovo beato, c’era anche Bruno, presente per testimoniare riconoscenza e affetto a chi gli aveva restituito la vita.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.

Contatore per siti