Un fulgido esempio di carità evangelica
Ritorno sempre volentieri e con gioia in questa parrocchia per rivedere molti amici, per rallegrarmi della vostra fede e della vostra vitalità spirituale per partecipare agli intenti, ai progetti, ai sacrifici della Comunità religiosa che regge la parrocchia e per compiacermi del suo impegno educativo. Oggi, però, mi porta in mezzo a voi una circostanza particolare: onorare la figura del fondatore della Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth, il beato padre Giovanni Piamarta. A lui dunque mi ispirerò nel riflettere sulle letture della messa. E ringrazio cordialmente il superiore generale della Congregazione per le parole di accoglienza, come pure il parroco che ha ricordato la mia ultima visita pastorale, tutti i religiosi, i sacerdoti, e i fedeli presenti.
Ma prima di iniziare l’omelia vorrei ritornare per un momento al 23 febbraio scorso, quando qui si è tenuto il funerale di Luigia Bonetti Eberini; un evento doloroso che ha turbato la nostra città e per il quale ci siamo uniti al cordoglio dei familiari, dei parenti, della parrocchia stessa. Molta gente ha partecipato al rito funebre insieme alle autorità civili e religiose, quasi a sottolineare l’urgenza di combattere una piaga che affigge la periferia di questa metropoli: la devianza giovanile, la criminalità. Perciò condivido l’azione educativa forte e coraggiosa del padre della Sacra Famiglia, nella certezza che solo educando con coraggio è possibile guardare all’avvenire con maggiore fiducia.
Voi conoscete già l’aureola di santità che si respira a S. Gerolamo Emiliani: penso al beato Calabria e al beato Piamarta; al beato Cardinale Schuster e al cardinale Montini, che hanno voluto il centro e la parrocchia. In questo momento di preghiera e di ringraziamento al Signore, essi ci accompagnano certamente dal cielo con altri fondatori di Congregazione religiose operanti nel territorio. Mi piace dunque richiamare anzitutto le parole pronunciate dal papa Giovanni Paolo II nel discorso per la beatificazione di padre Piamarta: “l’opera apostolica del novello beato è poliedrica e abbraccia molti campi del vivere sociale: dal mondo del lavoro a quello agricolo, dall’educazione scolastica al settore dell’editoria. Egli ha lasciato una grande impronta di sé nell’intera Chiesa”. Chiedendosi poi dove padre Piamarta attingeva l’energia per svolgere la sua molteplice attività, il papa rispondeva: “la preghiera assidua e fervorosa era la sorgente dell’ardore apostolico instancabile e dell’attrattiva benefica che esercitava su tutti coloro che avvicinava”.
Il richiamo della grazia
Ma prima di iniziare l’omelia vorrei ritornare per un momento al 23 febbraio scorso, quando qui si è tenuto il funerale di Luigia Bonetti Eberini; un evento doloroso che ha turbato la nostra città e per il quale ci siamo uniti al cordoglio dei familiari, dei parenti, della parrocchia stessa. Molta gente ha partecipato al rito funebre insieme alle autorità civili e religiose, quasi a sottolineare l’urgenza di combattere una piaga che affigge la periferia di questa metropoli: la devianza giovanile, la criminalità. Perciò condivido l’azione educativa forte e coraggiosa del padre della Sacra Famiglia, nella certezza che solo educando con coraggio è possibile guardare all’avvenire con maggiore fiducia.
Voi conoscete già l’aureola di santità che si respira a S. Gerolamo Emiliani: penso al beato Calabria e al beato Piamarta; al beato Cardinale Schuster e al cardinale Montini, che hanno voluto il centro e la parrocchia. In questo momento di preghiera e di ringraziamento al Signore, essi ci accompagnano certamente dal cielo con altri fondatori di Congregazione religiose operanti nel territorio. Mi piace dunque richiamare anzitutto le parole pronunciate dal papa Giovanni Paolo II nel discorso per la beatificazione di padre Piamarta: “l’opera apostolica del novello beato è poliedrica e abbraccia molti campi del vivere sociale: dal mondo del lavoro a quello agricolo, dall’educazione scolastica al settore dell’editoria. Egli ha lasciato una grande impronta di sé nell’intera Chiesa”. Chiedendosi poi dove padre Piamarta attingeva l’energia per svolgere la sua molteplice attività, il papa rispondeva: “la preghiera assidua e fervorosa era la sorgente dell’ardore apostolico instancabile e dell’attrattiva benefica che esercitava su tutti coloro che avvicinava”.
Il richiamo della grazia
La preghiera, infatti, aveva attratto il nostro beato fin da bambino, quando frequentava l’oratorio della sua parrocchia di Brescia, dedicata ai S. Faustino e Giovita. Nato nel 1841 da una famiglia di modeste condizioni, in tempi di grave povertà, di epidemia, di forti tensioni politiche e sociali, entra a 19 anni in seminario, dove si distingue subito per la profondità della sua vita spirituale, per il suo amore ardente a Gesù, che alimentava nella contemplazione dell’Eucarestia. Ordinato prete, avverte interiormente il richiamo a dedicarsi ai giovani, specialmente ai più poveri, ai giovani del mondo del lavoro, per prepararli a costruire il proprio futuro attraverso la competenza professionale e il senso di responsabilità verso la famiglia e la società. Convinto che la famiglia è il fondamento di una società, e che occorre risanarla, Piamarta farà dei giovani, del mondo del lavoro e della famiglia i tre pilastri di tutta la sua attività. Un’attività che sarà sempre espressione di una carità animata dalla fede. Per meglio comprendere come viveva la fede e la carità, riprendo brevemente le tre letture della Messa di questa III domenica di Quaresima.
Assoluta fiducia in Dio
Assoluta fiducia in Dio
La prima lettura, dal libro dell’Esodo è una stupenda e antica professione di fede da parte di Mosè. Dio viene presentato alla nostra contemplazione col volto di un Padre misericordioso e pietoso.
Ebbene, tutta la vita del beato Piamarta è un inno di fede fiduciosa e di abbandono sereno al Dio fedele. Scrive nel testamento: “Essendo la nostra istituzione sorta mediante una specialissima, per non dire totale opera della Provvidenza Divina, essa va rigorosamente mantenuta e conservata sempre col pieno intervento suo”. E nutriva questa fede col colloquio ininterrotto col Signore, sempre unito a Lui per donarsi ai fratelli.
Spirito di figliolanza
Ebbene, tutta la vita del beato Piamarta è un inno di fede fiduciosa e di abbandono sereno al Dio fedele. Scrive nel testamento: “Essendo la nostra istituzione sorta mediante una specialissima, per non dire totale opera della Provvidenza Divina, essa va rigorosamente mantenuta e conservata sempre col pieno intervento suo”. E nutriva questa fede col colloquio ininterrotto col Signore, sempre unito a Lui per donarsi ai fratelli.
Spirito di figliolanza
Anche la seconda lettura, tratta dalla lettera di san Paolo ai Galati, insiste sull’importanza della fede: la salvezza – sottolinea l’apostolo – viene dalla fede. Esalta quindi la fede di Abramo che va verso l’ignoto con la benedizione di Dio. Padre Piamarta viveva questo spirito di figliolanza, e la sua spiritualità si sintetizza nel binomio: “Pietas et labor”. La pietà lo spingeva a pregare volentieri, intensamente, a lungo. Soleva dire una frase che dovremmo tutti ricordare: “se non faccio almeno tre ore di preghiera al giorno, non sarei in grado di affrontare tutti i pesi della giornata”. Tante volte ci lamentiamo dei paesi della giornata! Probabilmente, se pregassimo di più, avremmo maggiore forza per affrontarli.
La libertà di Gesù
La libertà di Gesù
Infine, richiamo la pagina evangelica che presentava lo scontro tra Gesù e coloro che non sono capaci di credere a lui che proclama di essere la verità. Gesù ci appare, in questo testo, come uomo libero, sciolto, sereno perché sa di essere una sola cosa col padre, e traduce la sua libertà in capacità di amare, di dedicarsi, di donarsi. E Gesù ci chiede di entrare nella sua libertà, nel suo progetto.
Padre Piamarta vi è entrato e poteva così scrivere: “Siate docili, umili, sempre uguali nella disuguaglianza degli avvenimenti … La società ha bisogno di figli disinvolti e aperti, non di devoti concentrati, misantropi e scrupolosi, che non sono buoni né per sé né per gli altri …”
Dopo aver cercato di evocare la figura di questo grande sacerdote e fondatore, mi chiedo quali parole rivolge oggi alla vostra comunità, alla vostra parrocchia impegnata nel cammino di conversione quaresimale, impegnata nella preparazione al Giubileo del 2000. Mi chiedo anche quali parole dice oggi ai religiosi della Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth che rivivono la memoria del beato.Mi pare che alla parrocchia dica: siate sempre più una chiesa che proclama il primato assoluto di Dio in Gesù Cristo, che vive una fede colma di speranza. Siate una parrocchia dove si prega e si insegna a pregare, a cantare la lode di Dio, a mettere al primo posto il servizio del Signore. Potrete allora crescere nella carità e servire la società affrontando con serenità, libertà e coraggio le sfide del terzo millennio.
Ai religiosi di padre Piamarta – che ringrazio vivamente sia per la dedizione pastorale in parrocchia sia per l’impegno nel Centro di formazione e nel Centro socio-educativo – il nuovo beato dice: Ravvivate ogni giorno il vostro carisma nella preghiera davanti al tabernacolo, così che possiate sempre dare una famiglia a chi non l’ha; educare i giovani a valorizzare la famiglia in cui sono inserit e a formarne una propria; educare le famiglie a essere veramente tali coinvolgendole nell’attività educativa.
Due messaggi per voi
E vorrei concludere con le parole di Monsignor Bonomelli – un grande Vescovo di quegli anni – che era stato professore di padre Piamarta: “Piamarta è il sacerdote che i tempi nuovi richiedono: non curante di sé, solo attento al bene altrui senza distinzione, specialmente della gioventù; alieno dalle lotte partigiane e politiche, pronto a stendere le mani a tutti, a dimenticare le offese e a vendicarsene con i benefici”. E’ questa la pienezza della carità che rifulge nel cuore del vostro beato fondatore e che egli vuole insegnare a ciascuno di noi.
Padre Piamarta vi è entrato e poteva così scrivere: “Siate docili, umili, sempre uguali nella disuguaglianza degli avvenimenti … La società ha bisogno di figli disinvolti e aperti, non di devoti concentrati, misantropi e scrupolosi, che non sono buoni né per sé né per gli altri …”
Dopo aver cercato di evocare la figura di questo grande sacerdote e fondatore, mi chiedo quali parole rivolge oggi alla vostra comunità, alla vostra parrocchia impegnata nel cammino di conversione quaresimale, impegnata nella preparazione al Giubileo del 2000. Mi chiedo anche quali parole dice oggi ai religiosi della Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth che rivivono la memoria del beato.Mi pare che alla parrocchia dica: siate sempre più una chiesa che proclama il primato assoluto di Dio in Gesù Cristo, che vive una fede colma di speranza. Siate una parrocchia dove si prega e si insegna a pregare, a cantare la lode di Dio, a mettere al primo posto il servizio del Signore. Potrete allora crescere nella carità e servire la società affrontando con serenità, libertà e coraggio le sfide del terzo millennio.
Ai religiosi di padre Piamarta – che ringrazio vivamente sia per la dedizione pastorale in parrocchia sia per l’impegno nel Centro di formazione e nel Centro socio-educativo – il nuovo beato dice: Ravvivate ogni giorno il vostro carisma nella preghiera davanti al tabernacolo, così che possiate sempre dare una famiglia a chi non l’ha; educare i giovani a valorizzare la famiglia in cui sono inserit e a formarne una propria; educare le famiglie a essere veramente tali coinvolgendole nell’attività educativa.
Due messaggi per voi
E vorrei concludere con le parole di Monsignor Bonomelli – un grande Vescovo di quegli anni – che era stato professore di padre Piamarta: “Piamarta è il sacerdote che i tempi nuovi richiedono: non curante di sé, solo attento al bene altrui senza distinzione, specialmente della gioventù; alieno dalle lotte partigiane e politiche, pronto a stendere le mani a tutti, a dimenticare le offese e a vendicarsene con i benefici”. E’ questa la pienezza della carità che rifulge nel cuore del vostro beato fondatore e che egli vuole insegnare a ciascuno di noi.
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