LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

mercoledì 9 aprile 2014

342 - UN SERVO PIGRO E INUTILE

37. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra

Oggi, giorno di ritiro. Tempo propizio per bilanci, anzi per pensare al bilancio definitivo e decisivo, che sento sempre più vicino. Sento che le mie forze declinano e mi trovo a pensare di essere ormai qui d’inciampo per i miei collaboratori. Recentemente ho gettato nella costernazione i confratelli, quando mi hanno sentito dire: “Perché l’Istituto prosperi, bisogna che io me ne vada. Io sono d’inciampo al suo progredire”.
Mi dispiace d’averli addolorati, ma io sento davvero dentro di me un profondo senso di inadeguatezza nei confronti del compito affidatomi dalla Provvidenza. E non soltanto ora che invecchio, perché è da sempre che mi accompagna come un’ombra il sospetto di essere un servo pigro, indolente e inutile. Quanto bene avrei potuto fare, se avessi corrisposto ai suggerimenti dello Spirito Santo e alle grazie che il Signore mi ha dato per il bene della gioventù!
Per fortuna le somme le tira la misericordia di Dio, il quale chiede che noi abbiamo fiducia in Lui come il Figliol prodigo ha avuto fiducia nel Padre quando è ritornato a lui. Questa considerazione mi tranquillizza, ma anche mi stimola a porre rimedio alla mia pigrizia.

Una predica da meditare

Devo essere infatti preoccupato non solo della quantità del bene fatto o da farsi, ma anche della qualità del bene che mi è dato da fare. A questo proposito rileggo volentieri per me e per i miei collaboratori quella predica che il Manzoni, nei Promessi Sposi mette sulle labbra di Padre Felice, quando parla ai guariti di peste. Sono parole che io e noi dovremmo dire ai ragazzi, quando hanno terminato la loro permanenza tra di noi: “Per me e per tutti i miei compagni che, senza alcun nostro merito, siamo stati scelti all’alto privilegio di servire Cristo in voi, io vi chiedo umilmente perdono se non abbiamo adeguatamente adempito un sì grande ministero.
Se la pigrizia, l’indocilità della carne ci ha reso meno attenti alle vostre necessità, non pronti alle vostre chiamate; se un’ingiusta impazienza, se un colpevole tedio ci ha fatti qualche volta comparirvi davanti con un volto annoiato e severo; se qualche volta il miserabile pensiero che voi aveste bisogno di noi ci ha portati a non trattarvi con tutta quell’umiltà che si conveniva; se la nostra fragilità ci ha fatto trascorrere a qualche azione che vi sia stata di scandalo: perdonateci! Così Dio perdoni a voi ogni debito e vi benedica!”

L’umiltà del servo buono e fedele.

Devo crescere in umiltà per non pensare d’essere un benefattore, dal momento che non sono che un servo che ha avuto il privilegio di essere chiamato a servire il mio Signore nei ragazzi. Non posso vantarmi d’aver fatto del bene, perché devo chiedermi prima se ho servito Lui o se ho promosso la mia immagine, se ho servito con umiltà il mio Signore o se ho maltrattato i suoi figli credendomi a loro superiore o migliore, se ho servito anche quando comandavo o se ho comandato anche quando dicevo di servire. Tutto quello che ho è un dono di cui non posso minimamente vantarmi, perché devo riceverlo con gratitudine e responsabilità. E’ un dono l’opportunità datami d’aver fatto del bene, ma devo esaminarmi per chi l’ho fatto e come l’ho fatto. O per usare le parole di Padre Felice: “Sentendo che la vita è un dono suo, ne facciamo quella stima che merita una cosa data da Lui, e la impieghiamo nelle opere che si possono offrire a Lui”: L’umiltà è entrare nella verità essenziale delle cose: è comprendere che servire il prossimo bisognoso è servire il Signore, e ciò va fatto con tutta l’attenzione, la venerazione e l’amore che merita. E questo è un privilegio, perché servire a Lui è regnare.
Come posso continuare ad essere un servo pigro, indolente e, Dio non voglia, un servo inutile?

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