15. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra
Agosto 1912
La gratitudine deve essere la massima virtù dell’Istituto
Qualcuno si meraviglia dell’importanza che ho sempre dato alla gratitudine. Ma non è vero che tutto è dono? non sono quello che abbiamo, ma anche quello che siamo è dono. Se tutto è dono, tutto va accolto con rendimento di grazie, con gratitudine.
Chi ha avuto tutto e facilmente dalla vita, comprende meno la realtà come dono, perché gli sembra che tutto gli sia dovuto, con la conseguenza che non gli verrà spontaneo il dire grazie.. Ma chi ha sentito, come me, la dolorosa mancanza di tante cose e delle persone più care, comprende più facilmente che le cose sono dono, come dono è la vita e dono è la educazione ricevuta. La mia educazione cristiana è dono della mia buona mamma e del mio caro oratorio. Il mio sacerdozio è stato possibile grazie all’interessamento di anime generose.
Le mie opere sono dono dei benefattori: “Tutto è opera della Divina Provvidenza. Io sono un servitore qualunque, sono un debole strumento. I grandi benefattori sono quelli che fanno, che provvedono ai miei Istituti. Io non sono che una macchia d’inchiostro in fondo alla pagina del libro d’oro degli apostoli della carità”.
Memoria e gratitudine
Del resto l’intera Bibbia è un invito alla gratitudine dal momento che sottolinea che tutto è viene da Dio come dono: il mondo è dono del Creatore, Israele è frutto del dono degli interventi gratuiti di Dio. La vita, la morte e la risurrezione di Gesù sono il dono più stupefacente. Tutto va continuamente ricordato, per rendere grazie a Dio. L’eucaristia non vuol forse dire “rendimento di grazie” e quindi non è il gesto più alto di gratitudine?
La gratitudine deve essere la massima virtù dell’Istituto
Qualcuno si meraviglia dell’importanza che ho sempre dato alla gratitudine. Ma non è vero che tutto è dono? non sono quello che abbiamo, ma anche quello che siamo è dono. Se tutto è dono, tutto va accolto con rendimento di grazie, con gratitudine.
Chi ha avuto tutto e facilmente dalla vita, comprende meno la realtà come dono, perché gli sembra che tutto gli sia dovuto, con la conseguenza che non gli verrà spontaneo il dire grazie.. Ma chi ha sentito, come me, la dolorosa mancanza di tante cose e delle persone più care, comprende più facilmente che le cose sono dono, come dono è la vita e dono è la educazione ricevuta. La mia educazione cristiana è dono della mia buona mamma e del mio caro oratorio. Il mio sacerdozio è stato possibile grazie all’interessamento di anime generose.
Le mie opere sono dono dei benefattori: “Tutto è opera della Divina Provvidenza. Io sono un servitore qualunque, sono un debole strumento. I grandi benefattori sono quelli che fanno, che provvedono ai miei Istituti. Io non sono che una macchia d’inchiostro in fondo alla pagina del libro d’oro degli apostoli della carità”.
Memoria e gratitudine
Del resto l’intera Bibbia è un invito alla gratitudine dal momento che sottolinea che tutto è viene da Dio come dono: il mondo è dono del Creatore, Israele è frutto del dono degli interventi gratuiti di Dio. La vita, la morte e la risurrezione di Gesù sono il dono più stupefacente. Tutto va continuamente ricordato, per rendere grazie a Dio. L’eucaristia non vuol forse dire “rendimento di grazie” e quindi non è il gesto più alto di gratitudine?
Ricordare i doni ricevuti da Dio e dagli uomini è ricordare che non ci siamo costruiti da soli, ma che dobbiamo ringraziare, e che dovere primo è essere impastati di riconoscenza e di gratitudine. Eppure c’è l’insidia della superbia che impedisce la gratitudine.
Si dice che Satana si sia ribellato a Dio per il peso insopportabile della gratitudine. Satana non ha accettato il posto di secondo che deve riconoscenza al Primo. Il superbo non accetta d’essere inferiore, neppure nel momento in cui riceve il dono. Per il superbo, tutto gli è dovuto. Il dono ricevuto è un dovere da parte di chi lo fa. Spesso siamo ingrati perché siamo superbi.
Gratitudine e responsabilità
Si dice che Satana si sia ribellato a Dio per il peso insopportabile della gratitudine. Satana non ha accettato il posto di secondo che deve riconoscenza al Primo. Il superbo non accetta d’essere inferiore, neppure nel momento in cui riceve il dono. Per il superbo, tutto gli è dovuto. Il dono ricevuto è un dovere da parte di chi lo fa. Spesso siamo ingrati perché siamo superbi.
Gratitudine e responsabilità
Chi ha ricevuto di più invece deve dare di più.
La gratitudine non è soltanto un atteggiamento verso il passato, ma deve produrre frutti anche verso il futuro. Uno dei cardini dell’educazione ai miei ragazzi è quello proprio di far prendere coscienza del fatto che avendo ricevuto molto devono dare molto. Essi devono imparare bene il loro lavoro per essere riconoscenti nei confronti dei benefattori, della loro famiglia, sia quella di origine sia quello che dovranno costruire. Ho parlato spesso della parabola dei talenti che devono essere trafficati, perché ogni dono è un compito, sia nel campo del lavoro, come nel campo sociale, come in quello religioso. Essi devono impegnarsi a diventare bravi artigiani, buoni cittadini, cristiani coraggiosi.
E così anche il nostro Istituto e la nostra Congregazione devono coltivare la gratitudine verso i benefattori e i collaboratori, riconoscendo il loro apporto e il loro contributo, specialmente verso i più umili, che di solito ricevono meno gratificazioni. Vorrei ricordare ai miei continuatori che il modo più completo di essere riconoscenti è quello di pregare per i benefattori e i collaboratori, perché solo il Signore può ripagare il bene che ci permettono di fare, anzi il bene che essi fanno tramite noi.
La gratitudine non è soltanto un atteggiamento verso il passato, ma deve produrre frutti anche verso il futuro. Uno dei cardini dell’educazione ai miei ragazzi è quello proprio di far prendere coscienza del fatto che avendo ricevuto molto devono dare molto. Essi devono imparare bene il loro lavoro per essere riconoscenti nei confronti dei benefattori, della loro famiglia, sia quella di origine sia quello che dovranno costruire. Ho parlato spesso della parabola dei talenti che devono essere trafficati, perché ogni dono è un compito, sia nel campo del lavoro, come nel campo sociale, come in quello religioso. Essi devono impegnarsi a diventare bravi artigiani, buoni cittadini, cristiani coraggiosi.
E così anche il nostro Istituto e la nostra Congregazione devono coltivare la gratitudine verso i benefattori e i collaboratori, riconoscendo il loro apporto e il loro contributo, specialmente verso i più umili, che di solito ricevono meno gratificazioni. Vorrei ricordare ai miei continuatori che il modo più completo di essere riconoscenti è quello di pregare per i benefattori e i collaboratori, perché solo il Signore può ripagare il bene che ci permettono di fare, anzi il bene che essi fanno tramite noi.
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