LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

sabato 9 gennaio 2016

401 - SCIOPERI E FRATERNITA'

49. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra

Fra le cose che più mi hanno preoccupato in questi ultimi tempi e mi hanno fatto soffrire, devo ricordare l’esplosione della conflittualità sociale, che agli inizi ho stentato ad accettare e che ho compreso, in certo qual modo, solo col passare del tempo.

La crisi del Bonsignori

Per Padre Bonsignori lo scoppio delle rivendicazioni salariali è stato un trauma vero e proprio. Egli che si era battuto per migliorare la situazione dei figli dei campi attraverso l’aumento della produzione e l’incremento della cooperazione, vede nella lotta di classe un segno “dell’invadente fiumana socialista che monta e invade”. Fino a scrivere nel 1907: “Siamo completamente tagliati fuori dal movimento sociale odierno”.  “Non è più questione di produzione, cioè di preparare la torta tanto grossa che tutti siano contenti. Non è neppure questione di cooperazione onde conseguire più facilmente gli scopi economici. Ora la questione sta nella lotta di classe. Anche per i cattolici l’organizzazione non ha tutto lo spirito evangelico del “fate agli altri quello che vorreste fosse fatto a voi”.

A Brescia

Anch’io ho avuto le mie crisi, specie quando sono cominciate le agitazioni delle maestranze delle mie officine, agitazioni dirette e imposte dalla Camera del lavoro allora in mano a “socialisti violenti, anticlericali e antireligiosi”. Una dolorosa sorpresa, quella di vederci considerati alla stregua degli altri “padroni”. Mi sembrava che chi lavorava con noi dovesse condividere, almeno idealmente, le nostre finalità e comprendere un poco di più le nostre difficoltà economiche. Non solo: ma temevo che queste organizzazioni, “negatrici di tutti i principi cristiani”, manipolassero e monopolizzassero i lavoratori che prestavano la loro opera nelle nostre officine, con grande danno sulla formazione morale e religiosa dei nostri ragazzi. Per questo ho resistito e ho accettato di entrare in trattative solo più tardi con i rappresentanti delle Unioni Cattoliche del Lavoro, appena costituite a Brescia. Trattative felicemente concluse, anche grazie all’intervento dell’avvocato Giorgio Montini e dell’on. Longinotti. “Tanto che l’Istituto Artigianelli fu tra i primi ad adottare l’orario delle otto ore in tutte le sue officine”.

Un cambio di mentalità

Mi sono accorto che i tempi nuovi esigono nuove modalità di applicare i sempre validi principi evangelici. Se in un primo momento ho sentito gli scioperi come contrari al principio di fraternità, in una riflessione più pacata, mi sono reso conto che di fronte alla mancanza di fraternità favorita dalle ingiustizie sociali, lo sciopero era un mezzo, anche se estremo, per costruire una società più giusta. E che mio compito non era oppormi allo sciopero, ma di metterlo in guardia dalle tentazioni dell’odio e dalla violenza. Vedo pure che le esigenze del mondo del lavoro sono cambiate. All’inizio dovevo preparare artigiani, mentre oggi vengono più richiesti gli operai specializzati i quali hanno a che fare con il lavoro organizzato. L’evoluzione della società obbliga a cambiare mentalità e a dare risposte nuove alle nuove domande: come vivere da cristiani in una società che cambia e che diventa conflittuale? Si, ho faticato e anche sofferto, in questo cambiamento, ma ho appreso che la mia visione delle cose doveva essere allargata per comprendere ciò che stava succedendo, anche per preparare i giovani alla nuova realtà. Quanti cambiamenti bisogna fare per essere fedeli al Vangelo che non cambia!

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