LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

venerdì 27 dicembre 2013

329 - ENORMI DIFFICOLTA' , INCROLLABILE FIDUCIA

Giovanni Battista Piamarta: una vita per i giovani di Gabriele Filippini

L'intraprendente prete bresciano vive la gioia per qualcosa che nasce ma anche tutta la sofferenza e il travaglio di un parto non semplice. Le ragioni sono dovute prima di tutto al fatto che l'avvio dell'Istituto condiviso con mons. Capretti vede quest'ultimo fermo nella sua visione minimalista o assistenziale. Forte della sua esperienza dell'Ospizio dei chierici poveri, il Capretti, infatti, pensa che quei pochi orfani e altri che potranno aggiungersi devono andare avanti così, con poco e in quella piccola struttura. Piamarta, invece, valuta l'opera non in una prospettiva assistenziale ma promozionale: pensa in grande, vede dove i tempi stanno conducendo e sogna un dipiù che non può essere fatto senza mezzi e aiuti più consistenti. Pertanto, permanendo questa situazione di incertezza, pensa che può benissimo continuare a fare il parroco a Pavone Mella e dare una mano di tanto in tanto, alla nuova famiglia sorta a Brescia. Per questo soffre quando il Vescovo gli chiede di lasciare Pavone per dedicarsi totalmente all'Istituto. Soffre ma obbedisce, sperando che prima o poi i suoi compagni di avventura capiscano il suo intento. La sofferenza si acuisce ancor di più quando, dopo pochissimo tempo, lo stesso Vescovo chiede di lasciar perdere l'impresa. Cosa è successo? Mons. Capretti, benefattore e benemerito in generosità per tante opere del cattolicesimo bresciano, non ha più mezzi economici per sostenere l'opera. Le domande sono tante, le attese sono grandi , i mezzi sono scarsi. Potrà reggere a lungo la baracca? Se lo chiede il Vescovo, se lo chiedono i suoi collaboratori. Non è sfiducia nell'ottimo don Giovanni Battista. Anzi per lui sarebbe pronta una nuova nomina, una buona sistemazione che lo valorizza ancora di più nel presbiterio bresciano.

Ma il Piamarta ha un'altra politica: è quella della croce, della fiducia sconfinata nella provvidenza, è quella dell'amore che non fa calcoli. Un padre non pensa a sé ma ai suoi figli: la reazione di Piamarta è pacata, determinata, radicale e rispettosa insieme della volontà di Dio e del suo Vescovo: chiede a sua eccellenza il permesso di “morire con i suoi ragazzi”. Il Vescovo, succeduto al Verzeri, bergamasco nobile di origine e di animo, è mons. Giacomo Corna Pellegrini, pisognese colto, intelligente e pratico; è un pastore che sa distinguere fra fede e ambizione: lascia che il Piamarta segua la strada intrapresa, solo sì, esternamente, ma con un aiuto invisibile che anche il vescovo augura: “il Signore vi assista”.

É il 1888: dopo un anno di amarezza per aver lasciato Pavone, comincia una salita ancor più dura, da Calvario, in piena solitudine e tanti interrogativi. Ma la certezza della vicinanza del Signore è più forte delle preoccupazioni. Il sostegno della preghiera lo sorregge, il suo legame positivo con la Chiesa bresciana gli impedisce di scoraggiarsi e tornare indietro dopo aver messo mano all'aratro. Mons. Capretti continua ad aiutarlo come può, fino alla morte che lo coglie solo due anni dopo. Piamarta lo considera e chiama “fondatore”. Gli Artigianelli hanno dedicato al suo nome un bel Auditorium, ricavato proprio dagli ambienti dove tutto cominciò, proprio a fianco della chiesa di Santa Giulia nell'antico monastero di San Salvatore. A fare da “madre” di famiglia, accudendo il piccolo gruppo che vive in Istituto si unisce a padre Piamarta una generosa donna di S. Alessandro: Filippa Freggia, un grande dono per quegli orfani bisognosi di tutto.

Poi arrivano a sostenere il Piamarta alcuni aiuti saltuari e altri più stabili, sostiuendo la presenza di due giovani che collaborano con Piamarta nei primi mesi: il diacono Emilio Bongiorni, che diventerà Vescovo ausiliare del Vescovo Gaggia, e il giovane Dominatore Mainetti che diventerà sindaco della città. I nuovi aiuti sono padre Turelli, che fa da amministratore, e i fratelli Zanconi e Bonetti. Sono ex pavoniani. La loro presenza fa da anello di congiunzione con un'altra esperienza di santità e di promozione della gioventù più bisognosa: quella del beato Lodovico Pavoni che vive a Brescia dal 1784 al 1849. La famiglia religiosa da lui fondata, dedicata all'Immacolata e dedita alla formazione scolastica e professionale dei giovani, con particolare attenzione ai poveri, agli orfani a ai sordomuti, a Brescia è soppressa da una legge del 1866. L'opera si salva mettendo radici nel Veneto e nel Trentino. Ma nel frattempo non pochi religiosi bresciani si disperdono. La presenza di tre di loro all'inizio dell'opera del Piamarta è un segno eloquente: l'insopprimibile bontà di una storia di amore ed educazione. Nulla ferma il bene che si fa ai più piccoli del Regno dei cieli. 

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