In occasione del XXV dell’Istituto, sono stato costretto a posare per il ritratto fotografico di gruppo, assieme agli alunni. Detesto questa moda di fotografare e di farsi fotografare. Mi dicono che è per ricordare e per documentare. Mi sollecitano di accettare per far piacere ai ragazzi che porteranno con sé questo bel ricordo della loro giovinezza. Ho ceduto per accontentare i ragazzi. Quanto alla documentazione ho dei dubbi: le cose del passato si guardano con curiosità e subito annoiano, quando non fanno sorridere. Quanto poi al mio ritratto non vi vedo che un vecchio dal volto scavato dalle rughe, affaticato come avesse fatto chissà che cosa, sul quale troneggia, unico segno di vera nobiltà, il mio immancabile tricorno, la tradizionale berretta del sacerdote cattolico. Che vale tramandare le sembianze che fra poco tempo saranno disfatte dalla morte? Non sarebbe meglio tramandare il ritratto dell’uomo eterno che c’è dentro di noi, frutto dell’azione dello Spirito e della corrispondenza umana?
Ciò che non è eterno è nulla
Ho l’impressione che l’interesse crescente per il mondo delle immagini, stia contribuendo a capovolgere i valori. L’immagine ha a che fare con l’apparire, il desiderio di farsi conoscere, ma rischia di far trascurare la sostanza delle cose, la coltivazione di ciò che resta, di ciò che non passa. Ora che mi sento vicino al grande viaggio, trovo sempre più vera l’affermazione dei santi: “Ciò che non è eterno è nulla”. “Che vale guadagnare il mondo intero, se poi perdo l’anima”, perdere ciò che resta di me? Mi dicono che penso troppo alla vita eterna, che dobbiamo pur vivere questa vita.Eppure sono convinto che più si pensa alla vita eterna, più si vive con intensità questa vita.Io non fuggo la vita, anzi la amo, per me e per gli altri. Per questo desidero che quelli che hanno una vita stentata, abbiano la possibilità di viverla più umanamente. Se io so che la mia dedizione ha una valenza positiva eterna, perché il Signore dirà “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare”, allora mi dedicherò con tutte le forze a diminuire la fame dei miei fratelli, anche perché ciò resta agli occhi di Dio. E continuerò anche quando non trovo né corrispondenza né gratitudine, perché so che quello che faccio piace al mio Signore che non dimentica. Quante vanità ho visto emergere, imporsi, esaltarsi ed esaltare e poi finire miseramente. Quante vite nascoste, laboriose, oneste, per nulla appariscenti, brillano come astri lucenti nel firmamento eterno! Quanta grandezza umana tramontata più o meno drammaticamente e quanta povertà che entra ricca in Paradiso!
Il mio tricorno
Di quello che appare dal mio ritratto è più facile che resti il mio tricorno che le mie sembianze. Onore dunque al mio tricorno. Ma per poco perché anche lui passerà. “Vanità delle vanità, tutto è vanità”, dice l’Ecclesiaste, “tranne che amare Dio e a Lui solo servire”, aggiunge l’aureo libretto dell’Imitazione di Cristo. Non mi resta che amare Lui e i fratelli, per salvarmi dalla infinita vanità del tutto. E così posso pensare che se ho fatto la fotografia di gruppo per amore dei ragazzi, mi sono salvato dalle vanità! Che grande cosa è l’amore: salva ogni cosa! Caro tricorno, non pensiamoci più e siamo lieti d’essere fotografati con i nostri ragazzi.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.