12. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano
Cabra
In questi giorni mi sono sentito di rispondere, forse troppo severamente, ad un mio caro ex alunno, che si era ricordato del mio onomastico: “Ti sono grato degli affettuosi tuoi auguri, benché non ti possa perdonare lo spreco di un lira per il telegramma mandatomi, che avrebbe potuto sfamare qualche povero cencioso”. A volte posso passare per troppo severo e parsimonioso con me e con gli altri, ma non posso non fare diversamente, pensando a tutti quelli che si rivolgono a me e che io, con immenso dispiacere, non posso aiutare, per insufficienza di mezzi.
Per il XXV dell’Istituto,volevano far venire da lontano un celebre oratore, ma mi sono opposto,data la finalità dell’Istituto, che è quella di assistere i poveri e non di fare accademia. Ai collaboratori più stretti non mi stanco di raccomandare di risparmiare il più possibile per aiutare un orfano in più.
Il mio testamento
Nel mio testamento redatto poco più di un anno fa, ho ricordato, che pur disponendo di lasciti, e quindi “potendo io spendere a mio piacimento, me ne sono ben guardato dall’abusare di un solo quattrino che non fosse a incremento dell’Istituto, a cui volli che tutto venisse consegnato”.
Quindi “mi sarebbe tormento intollerabile se vedessi che queste provvidenziali sostanze venissero leggermente e malamente amministrate. Per questo supplico i miei eredi ad usare tutto l’impegno perché l’amministrazione sia accuratissimamente proseguita e sempre onde si possa fare del bene ai poveri ragazzi, specie di vedove madri, nella maggior possibile estensione”. Nelle mie traversie di povero orfano, ho maturato la convinzione e il proposito che tutto quello che la Provvidenza mi avrebbe dato l’avrei messo a disposizione dei ragazzi poveri, per aiutarli a crescere dignitosamente, come sono stato aiutato io da buone persone che si sono interessate di me. Occorre quindi che io ed miei successori meditiamo sovente su quanto dice San Paolo che il Signore Gesù “ ci ha arricchito con la sua povertà”.
Se cercheremo davvero il bene dei ragazzi, non avremo difficoltà ad accettare gli incomodi della povertà. Se mettiamo come scopo della nostra vita quello di alleviare le sofferenze altrui, non faremo molti ragionamenti complicati per non lasciarci impigrire dalle comodità superflue.
Noi e la Provvidenza
Per il XXV dell’Istituto,volevano far venire da lontano un celebre oratore, ma mi sono opposto,data la finalità dell’Istituto, che è quella di assistere i poveri e non di fare accademia. Ai collaboratori più stretti non mi stanco di raccomandare di risparmiare il più possibile per aiutare un orfano in più.
Il mio testamento
Nel mio testamento redatto poco più di un anno fa, ho ricordato, che pur disponendo di lasciti, e quindi “potendo io spendere a mio piacimento, me ne sono ben guardato dall’abusare di un solo quattrino che non fosse a incremento dell’Istituto, a cui volli che tutto venisse consegnato”.
Quindi “mi sarebbe tormento intollerabile se vedessi che queste provvidenziali sostanze venissero leggermente e malamente amministrate. Per questo supplico i miei eredi ad usare tutto l’impegno perché l’amministrazione sia accuratissimamente proseguita e sempre onde si possa fare del bene ai poveri ragazzi, specie di vedove madri, nella maggior possibile estensione”. Nelle mie traversie di povero orfano, ho maturato la convinzione e il proposito che tutto quello che la Provvidenza mi avrebbe dato l’avrei messo a disposizione dei ragazzi poveri, per aiutarli a crescere dignitosamente, come sono stato aiutato io da buone persone che si sono interessate di me. Occorre quindi che io ed miei successori meditiamo sovente su quanto dice San Paolo che il Signore Gesù “ ci ha arricchito con la sua povertà”.
Se cercheremo davvero il bene dei ragazzi, non avremo difficoltà ad accettare gli incomodi della povertà. Se mettiamo come scopo della nostra vita quello di alleviare le sofferenze altrui, non faremo molti ragionamenti complicati per non lasciarci impigrire dalle comodità superflue.
Noi e la Provvidenza
Le opere che la Provvidenza mi ha affidato, hanno bisogno di mezzi consistenti per funzionare. Le opere devono funzionare e quindi abbisognano di una oculata amministrazione, ed io, inesperto di queste cose, ho dovuto apprendere nel quotidiano la severa legge della gestione economica. Sono partito “ poeta dell’economia”, come si diceva verosimilmente di me, e sono terminato un amministratore di imprese funzionanti, anche se a costo di notevoli sacrifici, coronati dall’immancabile intervento della Provvidenza.
Sono certo che la Provvidenza non verrà meno neppure ai miei successori fino a quando penseranno di gestire beni che appartengono ai poveri. Non mancheranno loro difficoltà, ma non devono temere. La nostra collaborazione con la Provvidenza consiste soprattutto nel mettere a disposizione dei giovani tutto quanto abbiamo.:Tutte le risorse economiche, umane e spirituali, il nostro tempo, i nostri progetti: tutto va orientato alla crescita dell’opera benefica, che la Provvidenza ha fatto sorgere e quotidianamente accompagna. Infatti: “Si tenga sempre presente la massima di S.Ignazio: “Noi dobbiamo governarci in ogni cosa e contingenza, con accorto e prudente discernimento, come se tutto dipendesse dall’ esclusiva nostra industria ed accorgimento, e poi dobbiamo in tutto e per tutto confidare in Dio, come se nulla avessimo fatto”
Sono certo che la Provvidenza non verrà meno neppure ai miei successori fino a quando penseranno di gestire beni che appartengono ai poveri. Non mancheranno loro difficoltà, ma non devono temere. La nostra collaborazione con la Provvidenza consiste soprattutto nel mettere a disposizione dei giovani tutto quanto abbiamo.:Tutte le risorse economiche, umane e spirituali, il nostro tempo, i nostri progetti: tutto va orientato alla crescita dell’opera benefica, che la Provvidenza ha fatto sorgere e quotidianamente accompagna. Infatti: “Si tenga sempre presente la massima di S.Ignazio: “Noi dobbiamo governarci in ogni cosa e contingenza, con accorto e prudente discernimento, come se tutto dipendesse dall’ esclusiva nostra industria ed accorgimento, e poi dobbiamo in tutto e per tutto confidare in Dio, come se nulla avessimo fatto”
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