Quale dei due quadri è il migliore? Le opinioni sono diverse, anche se non apertamente espresse. Tutti dicono bene di entrambi, ma le preferenze vengono fuori in privato, quasi nel timore di offendere il personaggio raffigurato e tanto amato, oltre che andare contro chi la pensa diversamente. Eppure le preferenze vengono da lontano.
I due quadri raffigurano Padre Piamarta e sono stati offerti entrambi con legittimo orgoglio dagli Ex alunni degli Artigianelli, il primo in occasione della Beatificazione e il secondo della Canonizzazione, rispettivamente negli anni 1997 e nel 2012. Entrambi hanno avuto l’onore di essere esposti sulla facciata della basilica di San Pietro nelle due emozionanti e indimenticabili cerimonie.
Il primo quadro è più ruspante, nel senso che rappresenta il Padre circondato dai suoi ragazzi, dai capelli arruffati, un Piamarta ancora in azione, ancora terreno, con il volto appena trasfigurato. La composizione era stata oggetto di dibattito e di intensa consultazione tra i committenti e il pittore bresciano che in gioventù aveva già dipinto il volto di Padre Piamarta ma ancor più per la ferrea determinazione dell’autorevolissimo Padre Mantovani, nel volere raffigurata la Santa Famiglia. Da qui il “tour de force” del pittore, che si trovò in difficoltà a raffigurare la mano di Padre Piamarta che indicava ai ragazzi distratti l’immagine di San Giuseppe al lavoro, circondato da Maria e Gesù.
Il secondo è più raffinato. Padre PIamarta è un “Reverendissimoo Padre”, che dalle eleganti fattezze, appare già in Paradiso, con sullo sfondo i luoghi della sua attività terrena: Brescia con il suo duomo, accanto a sobri accenni di tranquille attività. L’autore del resto è specializzato in ritratti di santi nella gloria, secondo canoni più universali e romani.
Si potrebbe dire che il primo richiamava il Piamarta raccontato dai testimoni, il secondo Il Piamarta trasformato dall’ammirazione e dalla devozione.
Il primo è quello della fatica di un pater familias che deve pensare a sfamare i suoi figli e dell’educatore che li spinge faticosamente a guardare in alto, il secondo è quello che ha raggiunto il premio, il santo del trionfo finale. Il primo è un fante, che combatte in trincea, il secondo un generale che gusta la vittoria. E’ inutile dire che il primo gode delle preferenze della vecchia guardia degli ex alunni, che l’hanno sentito raccontare in tanti piccoli episodi e che hanno costantemente sperimentato vicino nelle loro fatiche e difficoltà, mentre il secondo è più gradito alle nuove generazioni, che sono cresciute con la presentazione di un Piamarta già in cielo.
Sembra che il “beato” dica che bisogna lavorare ancora molto per essere “santo”, mentre il “santo” manifesta la sua soddisfazione d’essere arrivato, presentando la sua disponibilità ad intercedere. Il primo appare come un compagno di viaggio che sostiene nelle fatiche quotidiane, il secondo è un amico altolocato da invocare, dal quale ci si attende delle grazie. Il primo è un esempio di fortezza, il secondo una promessa di protezione.
Le vicende personali di chi si mette davanti ai due quadri e le diverse sensibilità e le storie dei due dipinti possono orientare le preferenze più verso l’uno che verso l’altro. Ma l'uno sarebbe incompleto senza l’altro. Come si fa a resistere nel compito non sempre gratificante di educatore, senza guardare la meta? E come si può raggiungere la meta senza la “fatica, lunga, assidua, operosa, intelligente” di ogni giorno?
Ognuno ha le sue opzioni estetiche e la sua sensibilità spirituale. Ma è indubbio che le due raffigurazioni formano un dittico che illustra la globalità della vita cristiana, nei suoi due momenti inseparabili di prova e di premio, di dare e di ricevere, di oscura fatica e di premio luminoso.
I due quadri raffigurano Padre Piamarta e sono stati offerti entrambi con legittimo orgoglio dagli Ex alunni degli Artigianelli, il primo in occasione della Beatificazione e il secondo della Canonizzazione, rispettivamente negli anni 1997 e nel 2012. Entrambi hanno avuto l’onore di essere esposti sulla facciata della basilica di San Pietro nelle due emozionanti e indimenticabili cerimonie.
Il primo quadro è più ruspante, nel senso che rappresenta il Padre circondato dai suoi ragazzi, dai capelli arruffati, un Piamarta ancora in azione, ancora terreno, con il volto appena trasfigurato. La composizione era stata oggetto di dibattito e di intensa consultazione tra i committenti e il pittore bresciano che in gioventù aveva già dipinto il volto di Padre Piamarta ma ancor più per la ferrea determinazione dell’autorevolissimo Padre Mantovani, nel volere raffigurata la Santa Famiglia. Da qui il “tour de force” del pittore, che si trovò in difficoltà a raffigurare la mano di Padre Piamarta che indicava ai ragazzi distratti l’immagine di San Giuseppe al lavoro, circondato da Maria e Gesù.
Il secondo è più raffinato. Padre PIamarta è un “Reverendissimoo Padre”, che dalle eleganti fattezze, appare già in Paradiso, con sullo sfondo i luoghi della sua attività terrena: Brescia con il suo duomo, accanto a sobri accenni di tranquille attività. L’autore del resto è specializzato in ritratti di santi nella gloria, secondo canoni più universali e romani.
Si potrebbe dire che il primo richiamava il Piamarta raccontato dai testimoni, il secondo Il Piamarta trasformato dall’ammirazione e dalla devozione.
Il primo è quello della fatica di un pater familias che deve pensare a sfamare i suoi figli e dell’educatore che li spinge faticosamente a guardare in alto, il secondo è quello che ha raggiunto il premio, il santo del trionfo finale. Il primo è un fante, che combatte in trincea, il secondo un generale che gusta la vittoria. E’ inutile dire che il primo gode delle preferenze della vecchia guardia degli ex alunni, che l’hanno sentito raccontare in tanti piccoli episodi e che hanno costantemente sperimentato vicino nelle loro fatiche e difficoltà, mentre il secondo è più gradito alle nuove generazioni, che sono cresciute con la presentazione di un Piamarta già in cielo.
Sembra che il “beato” dica che bisogna lavorare ancora molto per essere “santo”, mentre il “santo” manifesta la sua soddisfazione d’essere arrivato, presentando la sua disponibilità ad intercedere. Il primo appare come un compagno di viaggio che sostiene nelle fatiche quotidiane, il secondo è un amico altolocato da invocare, dal quale ci si attende delle grazie. Il primo è un esempio di fortezza, il secondo una promessa di protezione.
Le vicende personali di chi si mette davanti ai due quadri e le diverse sensibilità e le storie dei due dipinti possono orientare le preferenze più verso l’uno che verso l’altro. Ma l'uno sarebbe incompleto senza l’altro. Come si fa a resistere nel compito non sempre gratificante di educatore, senza guardare la meta? E come si può raggiungere la meta senza la “fatica, lunga, assidua, operosa, intelligente” di ogni giorno?
Ognuno ha le sue opzioni estetiche e la sua sensibilità spirituale. Ma è indubbio che le due raffigurazioni formano un dittico che illustra la globalità della vita cristiana, nei suoi due momenti inseparabili di prova e di premio, di dare e di ricevere, di oscura fatica e di premio luminoso.
padre Pier Giordano Cabra
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