SACERDOTE, FONDATORE
DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH E DELLE UMILI SERVE DEL SIGNORE
VITA E OPERE
Il Beato Giovanni Battista Piamarta è stato un grande apostolo della carità a cavallo dei secoli XIX e XX. Dedicò la sua vita sacerdotale all’elevazione sociale e cristiana della gioventù bresciana, operando per quasi 50 anni in un ambiente difficile, ma lasciandoci nel contrattempo straordinari esempi di virtù.
Breve profilo biografico – spirituale
Il Beato Giovanni Battista Piamarta nacque a Brescia il 26 novembre 1841 da genitori poveri e onesti: suo padre era barbiere, la madre, donna molto pia, ebbe un influsso decisivo sull’educazione del figlio; purtroppo morì quando egli aveva appena 9 anni. Fu affidato al nonno materno, persona dabbene, che ne ebbe molta cura: lo inviò a scuola e, nelle ore libere, gli faceva frequentare l’oratorio di S. Tommaso, nella parrocchia dei SS. Faustino e Giovita.
Fu quello un ambiente provvidenziale per il Beato: dotato di una bellissima voce di soprano, entrò a far parte del coro dell’oratorio partecipando soprattutto alle funzioni liturgiche; tutti ne rimanevano ammirati. Da allora la musica e il canto, che era del resto una tradizione di famiglia, gli saranno sempre cari: ne farà uno strumento di formazione per i suoi ragazzi.
Ultimata la scuola, fu impegnato come apprendista materassaio presso alcuni parenti, che ne apprezzarono subito la bontà, la diligenza e l’operosità. Tredicenne, conobbe il parroco di Vallio (BS), Don Pancrazio Pezzana, il quale si rese subito conto della sua disponibilità alla vita sacerdotale; ma, un po’ per la salute cagionevole, un po’ per mancanza di mezzi, Giovanni Battista dovette aspettare fino a 19 anni per entrare nel Seminario di Brescia. Qui, dal 1860 al 1865 si dedicò coscienziosamente allo studio, ma si distinse ancora di più nella pietà e nella disciplina. Il 23 dicembre del 1865 fu ordinato sacerdote.
Per 18 anni e 10 mesi svolse un’intensa attività pastorale in qualità di Viceparroco: oltre tre anni a Carzago Riviera; quasi altri due anni a Bedizzole, con il suo benefattore Don Pezzana che ne aveva fatto espressamente richiesta all’Ordinario; infine per tredici anni consecutivi, a S. Alessandro di Brescia (dicembre 1870 – ottobre 1883), ancora con Don Pezzana che ne apprezzava le qualità sacerdotali.
Fu proprio durante la sua permanenza nella parrocchia di S. Alessandro che il Piamarta rivelò le sue eccellenti doti e profuse le sue migliori energie. Si mostrò sempre obbediente, umile laborioso, illibato, devoto, povero e distaccato, fedelissimo nell’adempimento dei suoi doveri pastorali: catechismo parrocchiale alle varie categorie di fedeli, predicazione, confessioni, direzione dell’oratorio, con assidua assistenza e formazione della gioventù; visite ai poveri, agli ammalati; somma cura della liturgia e del decoro della chiesa, dove rinnovò gli arredi sacri a proprie spese, senza rivendicare mai nulla. Quando l’obbedienza lo chiamò altrove, fu un rimpianto generale.
Il 20 ottobre 1883 fu nominato Parroco di Pavone Mella: trovava un ambiente difficile, dove la massoneria svolgeva opera sistematica di scristianizzazione. Con coraggio e generosità incominciò un’azione pastorale in profondità: catechismo domenicale, lotta al malcostume, oratorio per la gioventù, predicazione, confessioni, visite agli ammalati, assistenza ai poveri. Dava prova di avere preso sul serio la missione di salvare le anime e sentiva il dovere di guidarle con tutte le iniziative pastorali possibili, ma anche con l’esempio di una vita sacerdotale santa. Gli anticlericali lo combattevano, ma il popolo lo apprezzava molto e lo seguiva, e lo ricorderà sempre come un pastore «zelante, eccellente, ineccepibile in tutto».
Nel frattempo, per iniziativa di Mons. Pietro Capretti, amico del Piamarta, con la collaborazione del nostro Beato, il 3 dicembre 1886 fu inaugurato in Brescia l’Istituto dei «Figli di Maria» per la formazione cristiana e l’avviamento professionale dei giovani: una iniziativa lodevole e necessaria, che porterà i suoi frutti, ma che intanto incontrò notevoli difficoltà a incominciare da quelle di carattere economico.
Per due mesi il Piamarta fece la spola fra la parrocchia di Pavone Mella e l’Istituto. Poco dopo il Vescovo lo invitava ad assumere la direzione, rinunziando alla parrocchia. Pertanto il 1° febbraio 1887 lasciò Pavone Mella per prendere le redini dell’istituto «come direttore morale e disciplinare dei giovani» che allora erano soltanto quattro. E quando un anno dopo si parlava di chiudere, disse coraggiosamente al Vescovo: «No, Eccellenza, morirò qui con i miei giovinetti», che ormai erano già una ventina!
La sua carità e il senso di paternità, che lo sosterranno sempre nella sua missione fra la gioventù, andavano progressivamente affermandosi. Armato di fiducia incrollabile nella Provvidenza, di spirito di sacrificio, il Beato affrontò povertà, rischi e fatiche con la benedizione dell’Ordinario. E fu così che divenne il vero fondatore dell’Opera, ribattezzata «Istituto degli Artigianelli», dopo la morte di Mons. Capretti.
L’istituto si sviluppò meravigliosamente e rese incalcolabili benefici a tanti giovani, che altrimenti sarebbero rimasti abbandonati o quasi a se stessi, grazie all’incondizionata dedizione del Beato.
Qualche anno dopo, nel 1895, ancora per interessamento del Piamarta e del parroco di Pompiano, Don Giovanni Bonsignori, sorse la Colonia Agricola di Remedello, per preparare cristianamente e tecnicamente i ragazzi della campagna desiderosi di coltivare la terra. Anche a Remedello il Piamarta tornerà spesso con la sua illimitata carica di umanità e di bontà.
La sua carità non conosceva limiti: nel 1900 fondò la Congregazione maschile della S. Famiglia di Nazareth, approvata nel 1902, per provvedere alla cura delle sue opere. Nel 1911 sarà la volta della Congregazione delle Umili Serve del Signore, per la formazione cristiana e professionale delle ragazze: due fondazioni che continuano ancora oggi la loro preziosa assistenza alla gioventù, nello spirito del Fondatore.
Finché visse, il Piamarta continuò ad interessarsi premurosamente di tutti i problemi dei suoi Istituti, condividendone le gioie e le preoccupazioni quotidiane. Al tempo stesso, quando la salute glielo permetteva, attendeva specialmente alle confessioni, essendo assai ricercato da sacerdoti religiosi e laici. Pregava intensamente davanti al SS.mo e si preparava al grande incontro con Cristo, che sentiva vicino. Tema preferito delle sue lunghe meditazioni era la Passione e Morte del Signore: lo riteneva uno dei mezzi più efficaci anche per l’’adorazione eucaristica.
Gli ultimi anni della sua esistenza furono un vero calvario: alla sciatica, dolorosissima, si aggiunsero disturbi cardiaci, di circolazione e di stomaco, insonnia ed emiplegie seguite ad attacchi di paralisi. Ottenne la permuta dell’Ufficio divino e il permesso di poter celebrare la S. Messa della Beata Vergine Maria e dei Defunti.
Morte del Beato
Il 9 aprile 1913, mentre era in visita alla Colonia di Remedello, ebbe un ultimo attacco. Intuì che l’ora suprema si avvicinava rapidamente e l’attese con serenità di spirito. Il 23 seguente chiese ed ottenne il S. Viatico che ricevette con grande fervore. Poi si addormentò placidamente nel Signore: erano le ore 8 del 25 aprile 1913. Aveva 71 anni e 5 mesi, spesi tutti per raggiungere il cielo!
A distanza di 13 anni, la salma fu traslata nella chiesa dell’Istituto degli Artigianelli, in segno di riconoscenza verso il benemerito Fondatore, a perenne memoria della sua eroica carità.
La Congregazione della S. Famiglia di Nazareth oggi è presente in tre continenti: in Europa (Italia) con dieci comunità; in America Latina con dieci comunità (quattro in Brasile del Nord, quattro in Brasile del Sud e due in Cile); in Africa (Angola) con due comunità e in Mozambico con una comunità.
DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH E DELLE UMILI SERVE DEL SIGNORE
VITA E OPERE
Il Beato Giovanni Battista Piamarta è stato un grande apostolo della carità a cavallo dei secoli XIX e XX. Dedicò la sua vita sacerdotale all’elevazione sociale e cristiana della gioventù bresciana, operando per quasi 50 anni in un ambiente difficile, ma lasciandoci nel contrattempo straordinari esempi di virtù.
Breve profilo biografico – spirituale
Il Beato Giovanni Battista Piamarta nacque a Brescia il 26 novembre 1841 da genitori poveri e onesti: suo padre era barbiere, la madre, donna molto pia, ebbe un influsso decisivo sull’educazione del figlio; purtroppo morì quando egli aveva appena 9 anni. Fu affidato al nonno materno, persona dabbene, che ne ebbe molta cura: lo inviò a scuola e, nelle ore libere, gli faceva frequentare l’oratorio di S. Tommaso, nella parrocchia dei SS. Faustino e Giovita.
Fu quello un ambiente provvidenziale per il Beato: dotato di una bellissima voce di soprano, entrò a far parte del coro dell’oratorio partecipando soprattutto alle funzioni liturgiche; tutti ne rimanevano ammirati. Da allora la musica e il canto, che era del resto una tradizione di famiglia, gli saranno sempre cari: ne farà uno strumento di formazione per i suoi ragazzi.
Ultimata la scuola, fu impegnato come apprendista materassaio presso alcuni parenti, che ne apprezzarono subito la bontà, la diligenza e l’operosità. Tredicenne, conobbe il parroco di Vallio (BS), Don Pancrazio Pezzana, il quale si rese subito conto della sua disponibilità alla vita sacerdotale; ma, un po’ per la salute cagionevole, un po’ per mancanza di mezzi, Giovanni Battista dovette aspettare fino a 19 anni per entrare nel Seminario di Brescia. Qui, dal 1860 al 1865 si dedicò coscienziosamente allo studio, ma si distinse ancora di più nella pietà e nella disciplina. Il 23 dicembre del 1865 fu ordinato sacerdote.
Per 18 anni e 10 mesi svolse un’intensa attività pastorale in qualità di Viceparroco: oltre tre anni a Carzago Riviera; quasi altri due anni a Bedizzole, con il suo benefattore Don Pezzana che ne aveva fatto espressamente richiesta all’Ordinario; infine per tredici anni consecutivi, a S. Alessandro di Brescia (dicembre 1870 – ottobre 1883), ancora con Don Pezzana che ne apprezzava le qualità sacerdotali.
Fu proprio durante la sua permanenza nella parrocchia di S. Alessandro che il Piamarta rivelò le sue eccellenti doti e profuse le sue migliori energie. Si mostrò sempre obbediente, umile laborioso, illibato, devoto, povero e distaccato, fedelissimo nell’adempimento dei suoi doveri pastorali: catechismo parrocchiale alle varie categorie di fedeli, predicazione, confessioni, direzione dell’oratorio, con assidua assistenza e formazione della gioventù; visite ai poveri, agli ammalati; somma cura della liturgia e del decoro della chiesa, dove rinnovò gli arredi sacri a proprie spese, senza rivendicare mai nulla. Quando l’obbedienza lo chiamò altrove, fu un rimpianto generale.
Il 20 ottobre 1883 fu nominato Parroco di Pavone Mella: trovava un ambiente difficile, dove la massoneria svolgeva opera sistematica di scristianizzazione. Con coraggio e generosità incominciò un’azione pastorale in profondità: catechismo domenicale, lotta al malcostume, oratorio per la gioventù, predicazione, confessioni, visite agli ammalati, assistenza ai poveri. Dava prova di avere preso sul serio la missione di salvare le anime e sentiva il dovere di guidarle con tutte le iniziative pastorali possibili, ma anche con l’esempio di una vita sacerdotale santa. Gli anticlericali lo combattevano, ma il popolo lo apprezzava molto e lo seguiva, e lo ricorderà sempre come un pastore «zelante, eccellente, ineccepibile in tutto».
Nel frattempo, per iniziativa di Mons. Pietro Capretti, amico del Piamarta, con la collaborazione del nostro Beato, il 3 dicembre 1886 fu inaugurato in Brescia l’Istituto dei «Figli di Maria» per la formazione cristiana e l’avviamento professionale dei giovani: una iniziativa lodevole e necessaria, che porterà i suoi frutti, ma che intanto incontrò notevoli difficoltà a incominciare da quelle di carattere economico.
Per due mesi il Piamarta fece la spola fra la parrocchia di Pavone Mella e l’Istituto. Poco dopo il Vescovo lo invitava ad assumere la direzione, rinunziando alla parrocchia. Pertanto il 1° febbraio 1887 lasciò Pavone Mella per prendere le redini dell’istituto «come direttore morale e disciplinare dei giovani» che allora erano soltanto quattro. E quando un anno dopo si parlava di chiudere, disse coraggiosamente al Vescovo: «No, Eccellenza, morirò qui con i miei giovinetti», che ormai erano già una ventina!
La sua carità e il senso di paternità, che lo sosterranno sempre nella sua missione fra la gioventù, andavano progressivamente affermandosi. Armato di fiducia incrollabile nella Provvidenza, di spirito di sacrificio, il Beato affrontò povertà, rischi e fatiche con la benedizione dell’Ordinario. E fu così che divenne il vero fondatore dell’Opera, ribattezzata «Istituto degli Artigianelli», dopo la morte di Mons. Capretti.
L’istituto si sviluppò meravigliosamente e rese incalcolabili benefici a tanti giovani, che altrimenti sarebbero rimasti abbandonati o quasi a se stessi, grazie all’incondizionata dedizione del Beato.
Qualche anno dopo, nel 1895, ancora per interessamento del Piamarta e del parroco di Pompiano, Don Giovanni Bonsignori, sorse la Colonia Agricola di Remedello, per preparare cristianamente e tecnicamente i ragazzi della campagna desiderosi di coltivare la terra. Anche a Remedello il Piamarta tornerà spesso con la sua illimitata carica di umanità e di bontà.
La sua carità non conosceva limiti: nel 1900 fondò la Congregazione maschile della S. Famiglia di Nazareth, approvata nel 1902, per provvedere alla cura delle sue opere. Nel 1911 sarà la volta della Congregazione delle Umili Serve del Signore, per la formazione cristiana e professionale delle ragazze: due fondazioni che continuano ancora oggi la loro preziosa assistenza alla gioventù, nello spirito del Fondatore.
Finché visse, il Piamarta continuò ad interessarsi premurosamente di tutti i problemi dei suoi Istituti, condividendone le gioie e le preoccupazioni quotidiane. Al tempo stesso, quando la salute glielo permetteva, attendeva specialmente alle confessioni, essendo assai ricercato da sacerdoti religiosi e laici. Pregava intensamente davanti al SS.mo e si preparava al grande incontro con Cristo, che sentiva vicino. Tema preferito delle sue lunghe meditazioni era la Passione e Morte del Signore: lo riteneva uno dei mezzi più efficaci anche per l’’adorazione eucaristica.
Gli ultimi anni della sua esistenza furono un vero calvario: alla sciatica, dolorosissima, si aggiunsero disturbi cardiaci, di circolazione e di stomaco, insonnia ed emiplegie seguite ad attacchi di paralisi. Ottenne la permuta dell’Ufficio divino e il permesso di poter celebrare la S. Messa della Beata Vergine Maria e dei Defunti.
Morte del Beato
Il 9 aprile 1913, mentre era in visita alla Colonia di Remedello, ebbe un ultimo attacco. Intuì che l’ora suprema si avvicinava rapidamente e l’attese con serenità di spirito. Il 23 seguente chiese ed ottenne il S. Viatico che ricevette con grande fervore. Poi si addormentò placidamente nel Signore: erano le ore 8 del 25 aprile 1913. Aveva 71 anni e 5 mesi, spesi tutti per raggiungere il cielo!
A distanza di 13 anni, la salma fu traslata nella chiesa dell’Istituto degli Artigianelli, in segno di riconoscenza verso il benemerito Fondatore, a perenne memoria della sua eroica carità.
La Congregazione della S. Famiglia di Nazareth oggi è presente in tre continenti: in Europa (Italia) con dieci comunità; in America Latina con dieci comunità (quattro in Brasile del Nord, quattro in Brasile del Sud e due in Cile); in Africa (Angola) con due comunità e in Mozambico con una comunità.
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