LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

giovedì 31 maggio 2012

11 - LE RISPOSTE DI PADRE PIAMARTA

Padre Giovanni Battista Piamarta (1841-1913), che sarà canonizzato il 21 ottobre di quest’anno, è stata la personalità più popolare della Brescia a cavallo tra il 1800 e il 1900. Educatore, benefattore, editore,promosse la vita consacrata con l’esempio,la parola appassionata e convincente, la fondazione di congregazioni religiose, dimostrando una acuta sensibilità nel confronto delle domande del suo tempo, alle quali ha dato delle risposte evangeliche creative e in gran parte valide anche per il nostro tempo.

La domanda più frequente
A chi gli domandava sorpreso come facesse a reggere a quel ritmo impressionante di vita, Padre Piamarta rispondeva che aumentava la preghiera e così poteva fare di più e meglio.
Quello che colpiva e colpisce di più nel nuovo poliedrico Santo era il tempo dedicato alla preghiera, tempo strappato al sonno delle ore mattutine, poco meno o poco più di tre ore, prima di iniziare l’intenso lavoro della lunga giornata, nella quale doveva interessarsi di tutto: dai problemi economici a quelli organizzativi, dall’educazione alla direzione spirituale, dalle officine all’agricoltura, dal vitto dei suoi ragazzi alla copiosa corrispondenza, dall’aggiornamento alla predicazione, dalla scuola ai creditori.
E’ questa la prima e fondamentale risposta, che condiziona tutte le altre: se preghi puoi comprendere che cosa il Signore vuole da te, se non preghi tu puoi confondere la tua volontà con quella del Signore.
Se preghi avrai la forza di reggere per portare avanti la missione che il Signore ti ha affidato, se non preghi ti costruirai una missione fatta su misura dei tuoi desideri.

Di fronte all’ammirazione
E a chi, con ammirazione, si congratulava con lui per il grande bene fatto, attraverso opere tanto moderne quanto impegnative, rispondeva : “l’opera non fruttò che dolori, triboli e spine senza nome, disinganni di ogni genere. Ma avendola abbracciata per amore di Dio e per la salvezza della povera gioventù, il Signore mi è largo del suo aiuto, onde possa portare lietamente il peso di questa croce”.
Era infatti nato povero, era rimasto orfano, aveva rischiato d’essere risucchiato dalla strada se non avesse incontrato dei buoni educatori nel suo oratorio, aveva compreso per esperienza personale che cosa volesse dire l’espressione “la povera gioventù” e la sua “salvezza”. Una volta divenuto prete, grazie all’aiuto di benefattori. comprese che per lui l’amore di Dio doveva esprimersi nell’impegno per “la salvezza della povera gioventù”

Dove andremo a finire?
Era nato suddito dell’Austria a Brescia nel 1841, fra il terribile colera del 1836 e le drammatiche Dieci giornate del 1849. Qualche anno dopo,assieme al passaggio della Lombardia alla nuova Italia, giungono i problemi dei difficili rapporti tra Stato e Chiesa, inizia l’industrializzazione, particolarmente intensa nella sua città, si accentua la fuga dalla miseria delle campagne, si diffondono delle correnti irreligiose.
Il giovane don Piamarta era partito intransigente, ma poi, viceparroco in città, entra a contatto con le grandi personalità del movimento cattolico bresciano che vedono nelle nuove situazioni non solo delle crisi, ma anche delle opportunità per la presenza cristiana.
Alla domanda preoccupata e pessimista di molti contemporanei: “Dove andremo a finire”?, rispondeva:”Da dove dobbiamo incominciare?”
E, da uomo forte ed evangelico, non si perde un lamenti, ma passa all’azione, pagando in prima persona. Invece di accusare gli altri e le loro inadempienze, si sacrifica per migliorare la situazione.
E per intuito del cuore, più che per prolungate analisi, cominciò dalla “povera gioventù”, prodigandosi nell’oratorio, sullo stile di San Filippo Neri, ma vedendo contemporaneamente le domande e i bisogni insoddisfatti della “gioventù più povera”, per la quale non era previsto nessun percorso formativo.
E così in collaborazione con la “perla del clero bresciano”, Mons. Pietro Capretti, da inizio all’Istituto Artigianelli, per educare cristianamente “al lavoro, alla famiglia e alla società” centinaia e centinaia di giovani che costituiranno il nucleo portante delle maestranze della dinamica industria bresciana.
Poco dopo pensa anche ai “figli del campo , dando inizio alla celebre “Colonia ”Agricola di Remedello, grazie alla collaborazione dell’eminente agronomo Padre Giovanni Bonsignori, primo sacerdote Cavaliere del Lavoro, in Italia.
Constatando che la povertà più insidiosa è quella del sottosviluppo culturale, specie in materia religiosa, promuove anche l’ Editrice Queriniana, alla quale affiderà alcune delle sue opere di avanguardia il grande vescovo di Cremona, monsignor Geremia Bonomelli, già suo maestro a Brescia e suo estimatore.

Coraggioso o temerario?
Alcuni, che credevano di conoscerlo, pensavano con preoccupazione all’imminente fallimento delle sue iniziative, giudicandolo un “poeta dell’economia”, inesperto nel complesso mondo del lavoro, troppo povero e per di più rimasto solo, dopo poco tempo, nel continuare un’impresa tanto impegnativa.
La sua risposta si basava invece su criteri già praticati dai santi e da lui ben assimilati: se pensava di prendersi cura dei più piccoli, sapeva che avrebbe impegnato il Padre comune ad aiutarlo.
Se faceva tutto quello che umanamente era necessario fare e lasciava poi i risultati al Signore, sapeva che avrebbe potuto procedere con serenità, fiducioso nella Provvidenza.
Se non poteva restare indifferente di fronte alla sofferenza dei poveri, sapeva che non si sarebbe sentito dire le dure parole rivolte al servo pigro e indolente che aveva seppellito il suo talento.
Frequentando i santi, ne aveva assimilato la logica e il coraggio, pur nella consapevolezza della sua povertà, che lo rendeva umile e fiducioso.
In tal modo sorprese il suo ambiente, per i benefattori che,senza essere richiesti, lo sostenevano e per il rapido sviluppo dell’opera , oltre che per gli evidenti risultati educativi e promozionali.
La logica dei santi lo rese operatore di trasformazione sociale, smentendo con i fatti coloro che pensavano al declino inesorabile della fede, perché inadatta ad inserirsi nella nuova società.
La grande tradizione della santità cristiana che non separa mai Dio e l’uomo, lo ha sorretto nel dimostrare con i fatti la forza innovativa della fede, anche nel difficile e agitato mondo del lavoro.

Quale fondamento?
Nel 1900 inizia la Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth, con il “fine speciale” della cristiana educazione dei figli del popolo al mondo del lavoro.
A chi gli chiedeva qual’era il fondamento della sua famiglia religiosa, P.Piamarta rispondeva senza tentennamenti: la carità e aggiungeva di aver fatto suo il programma di Sant’ Agostino: “In dubiis libertas, in necessariis unitas, in omnibus caritas".
La carità è prima di tutto e al di sopra di tutto e dentro il tutto, perché “se non ho la carità non sono nulla”. Perché senza la carità non posso avere “ un solo cuore e una sola anima” con i miei fratelli e lavorare con loro, perché è la carità che mi sospinge a spendermi e a sprecarmi per il mio prossimo . “Le nostre povere forze verranno concordemente dirette a promuovere il vantaggio spirituale e materiale di questa pia causa che è la causa del Signore”.
Lo spirito di famiglia deve caratterizzare non solo la convivenza dei religiosi, ma anche lo stile dell’educazione. Da notare che la famiglia di riferimento era quella piuttosto austera del tempo, senza l’abbellimento illusorio di troppi svolazzi sentimentali, addolcita però dal “miele sulle labbra”, abbondando e sovrabbondando in pazienza, amorevolezza, cordialità.
Non è che fosse di natura molto dolce, ma lavorò molto per ordinare e orientare il suo carattere piuttosto impetuoso. Forse questo fu il suo lavoro più impegnativo, che gli permise di conquistare il cuore dei suoi ragazzi, ai quali appariva come “un condottiero dal cuore di mamma”.

Le domande dei giovani
Conoscendo bene i giovani, sapeva che la loro domanda fondamentale riguardava il loro futuro, senza dimenticare il presente. Ai giovani si può parlare di futuro, se non si impedisce loro d’essere giovani. E per questo si preoccupava di garantire loro lo svago, favorendo la musica, il teatro, l’allegria. E poi diede inizio ad una quindicina di laboratori, per farne degli artisti, insegnando loro ad avere la soddisfazione di fare le cose bene per poterle guardarle con lo stesso sguardo con cui Dio aveva guardato la sua creazione, quando vide che “era cosa bella e buona”
E soprattutto li induceva a pensare anche al loro futuro di figli Dio, responsabili dei loro fratelli, con i quali erano destinati a vivere assieme “qui e ora”, in modo da meritare il “non ancora” preparato dall’eternità dal Padre per i suoi Figli.

La testimonianza di un Vescovo
Mons. Egidio Melchorri, Vescovo di Tortona, che aveva conosciuto il Padre da giovane seminarista, scriveva: “Ricordo l’impressione che faceva a noi giovani chierici quest’uomo che aveva rinunciato all’affetto e alle consolazioni della parrocchia , che apriva con stupenda fecondità Istituti, Case di Suore, Colonie Agricole, che fondava con l’intuito dei santi una Congregazione.
Molti anni dopo,qui a Tortona, ho trovato un’anima simile a quella di P. Piamarta: Don Orione. Due apostoli, due santi: uno ha orientato nella terra del mio battesimo la mia adolescenza; l’altro segna di grazie il campo delle mie responsabilità episcopali e l’attesa del mio ritorno a Dio.
Due uomini che lasciano per i secoli un crescente patrimonio di bene e che insegnano a me e a tutti una lezione molto importante, questa: che mentre le campane suonano il tramonto su tutte le grandezze, su di una sola, la santità, continuano il loro canto di gloria”.
P-Pier Giordano Cabra
*Per una ulteriore rapida conoscenza, rimandiamo al recente “Dal diario di Padre Piamarta”, Queriniana 2012

10 - PERCORSO DEL PROCESSO CANONICO DI PADRE GIOVANNI BATTISTA PIAMARTA

E’ il 1943 quando il Consiglio generalizio della Congregazione autorizza il superiore generale Padre Pietro Galenti a dare l’inizio alle pratiche per la causa di beatificazione del Fondatore. Nel dare la notizia a tutti i religiosi, il superiore indica le preghiere da recitare in ogni comunità per il felice esito della causa.

11 febbraio 1943. Viene presentata istanza a Mons. Giacinto Tredici, vescovo di Brescia, perché dia inizio al processo canonico.

6 maggio 1943. Inizia il processo diocesano informativo. Seguono 95 sedute. Le testimonianze sono divise in sei capitoli:

1. la biografia del servo di Dio
2. le virtù teologali (fede, speranza e carità, verso Dio, verso il prossimo, nei beni spirituali, nelle cose temporali), le virtù cardinali (prudenza, giustizia, temperanza, fortezza), altre virtù (obbedienza, povertà, umiltà).
3. fama di santità
4. morte preziosa
5. funerali del servo di Dio
6. dopo la sua mote.

17 luglio 1948. Si conclude il processo informativo diocesano alla presenza del vescovo Mons. Giacinto Tredici, del giudice delegato Can. Luigi Secchi, dei giudici aggiunti Can. Mimini Giovanni, sacerdoti Fortini Armando, Tomasoni Stefano, sedenti pro tribunali, presenti il promotore della fede il Can. Luigi Corti, il superiore generale della Congregazione padre Pietro Serioli e padre Pietro Galenti.

29 marzo 1963. Con l’avvio del processo apostolico Papa Giovanni XXIII introduce la causa di beatificazione di padre Piamarta.

22 marzo 1986. Alla presenza di papa Giovanni Paolo II viene promulgato il decreto sulle virtù eroiche del servo di Dio Giovanni Piamarta.

8 aprile 1997. Viene promulgato il decreto riguardante il miracolo attribuito alla intercessione di padre Piamarta. Il miracolo è avvenuto a Brescia: la guarigione rapida, completa e duratura di un ragazzo che a causa di un incidente aveva riportato un trauma cranico con lesioni frontoparientali multiple, coma profondo di 5° grado e stato shock.

12 ottobre 1997. Papa Giovanni Paolo II proclama padre Giovani Battista Piamarta, Beato.

19 dicembre 2011. Viene promulgato il decreto “Super miraculo” per la canonizzazione. Il miracolo è avvenuto a Fortaleza, capitale del Nord Est brasiliano, con la guarigione del Sig. Estevao Figueiredo ormai in fin di vita.

(padre Umberto Scotuzzi)

mercoledì 30 maggio 2012

09 - GLI ALBORI DELL'ISTITUTO ARTIGIANELLI

08 - TRASMISSIONE A RADIO MATER: IL BEATO GIOVANNI PIAMARTA

Il prossimo 21 ottobre padre Giovanni Piamarta sarà canonizzato a Roma da papa Benedetto XVI.
Lo scorso 31 marzo ho presentato la sua figura durante una trasmissione in diretta a Radio Mater. E' possibile ascoltare la trasmissione e conoscere la vita, l'opera, la spiritualità e il miracolo attribuito al fondatore della Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth sul sito di Radio Mater:
http://www.radiomater.org/it/Archivio-Audio/Trasmissioni/Il-beato-Giovanni-Battista-Piamarta-catechesi-a-cura-di-padre-Danilo-Scalvini.-Trasmissione-del-31/03/2012.html e cliccare su "Ascolta la trasmissione in audio".

martedì 29 maggio 2012

07 - PADRE PIAMARTA E LE QUATTRO SCODELE

Il 3 dicembre 1886 non è solo la data di nascita dell'Istituto Artigianelli (Brescia), ma il giorno in cui don Piamarta diventa "Padre" Piamarta. Così lo chiamano quei primi quattro ragazzi attorno a quattro scodelle, vedendo che per lui non era rimasto nulla: "Padre" è la parola che esce spontanea dal cuore dei ragazzi. Padre, perchè provvede loro il cibo del corpo e dello spirito. "Padri" saranno chiamati i suoi continuatori che, come lui, hanno detto "si" all'invito di dedicare la vita ai giovani.

06 - I COMANDAMENTI DEL BEATO GIOVANNI PIAMARTA

1. Al ragazzo fai incontrare Cristo nel dialogo dell’amicizia, mettigli in mano il Vangelo. Non ci sarà bisogno di altro.

2. Tutta una città è in peccato mortale, se solo un orfanello è costretto a dormire nella sala d’attesa della stazione, oppure sotto i ponti.

3. Per salvare un’anima, siate disposti a trattare anche col diavolo.

4. Fate del bene a quanti più potete e vi capiterà tanto più spesso di incontrare dei visi che vi mettono allegria.

5. L’educatore non è un domatore da circo o un guardiano di cavalli, ma un padre con un cuore di madre.

6. Una creatura è capace di miracolo, se le fai il dono della fiducia.

7. La follia cristiana appartiene all’ordine teologale, perché è un atto di fede.

8. Il vostro parlare sia: sì, sì; no, no. Il resto viene dal maligno.

9. Dio è il padrone dell’impossibile.

10. Due ore di preghiera sono troppe per chi è oberato di impegni e di attività educativa? E allora ... non c’è che un rimedio: farne almeno tre.

05 - IL LOGO DELLA CANONIZZAZIONE DI PADRE GIOVANNI PIAMARTA

Significato del Logo della canonizzazione di Padre Giovanni Piamarta. 
Le due P, iniziali di Padre Piamarta, si trasformano nell’abbraccio del Padre (prima P) ad un giovane (seconda P). Un abbraccio paterno e materno, che non guarda ai meriti di nessuno, ma che fa nascere pane e lavoro (il caschetto/pagotta ai piedi delle due PP) forza di vita e canto di gioia.
Tutto questo all’ombra della croce che è stata luce per Padre Piamarta e dalla quale ha preso forza per scrivere tutta la sua vita (firma)
I colori poi del cerchio e della croce sono cinque e rappresentano le cinque nazioni dove i figli di padre Piamarta continuano la sua missione e la sua dedizione (Italia, Brasile, Cile, Angola e Mozambico). Un cerchio però aperto al desiderio di vivere come Piamarta sulla via della PIETAS e del LABOR.

04 - BREVE SPIRITUALITA' DI PADRE PIAMARTA

1. Una spiritualità moderna
Moderna nel senso che è all’incrocio delle principali correnti della spiritualità maturate dall’umanesimo in poi. Una spiritualità assimilata non sulle grandi teorizzazioni, ma attraverso l’accostamento dei giganti della santità che si sono confrontati con il nuovo mondo nato dal rinascimento.
La Chiesa della prima metà dell’Ottocento... reagisce allo sconvolgimento della Rivoluzione francese, basando la sua ricostruzione sull’esempio dei santi che hanno assunto gli elementi positivi della cultura del loro tempo, purificandola dagli elementi caduchi e orientandola verso Dio.

2. I santi di P. Piamarta

Da Ignazio di Loyola apprende la fiducia nelle forze dell’uomo, al quale è affidato da Dio il governo del mondo attraverso la conoscenza e l’uso della cause seconde.

Da Francesco di Sales impara l“umanesimo devoto”: a Dio si va con tutto il proprio essere, non con la diffidenza verso le proprie capacità, ma con il loro potenziamento.. “A Dio si va non per sottrazione, ma per addizione”. La vera nobiltà non sta nei titoli, ma nella benevolenza verso tutti, nella comprensione, nel tendere a costruire rapporti fraterni.

Da Filippo Neri trasse la convinzione che è possibile migliorare una società, migliorando la gioventù, rendendo simpatica la virtù e permettendo al giovane d’essere giovane.

Da Teresa d’Avila trasse la convinzione della potenza della preghiera, la quale è un “ritirarsi nel castello interiore con il Re sconfitto, per ripartire con lui, ogni giorno, alla riconquista del mondo”.

Da Vincenzo de Paoli assimilò l’arte di servire i poveri al meglio, arte che consiste nel vedere Cristo nei poveri, i quali vanno accolti con attenzione e trattati con rispetto, essendo essi i veri “vicari di Cristo”.

3. Una sintesi per il suo e per il nostro tempo

Questi elementi essenziali, vengono da lui fusi in una sintesi accessibile e funzionale, per la sua missione, al servizio del mondo del lavoro. Una sintesi semplice, ma non meno esigente. L’educazione dei giovani al lavoro richiede infatti un senso positivo della fatica umana, una fiducia nel perfettibilità dell’uomo attraverso il riconoscimento e l’esercizio delle sue capacità. Nel lavoro ben fatto non solo si mugliora il mondo (perfectio operis), ma anche chi lavora può migliorare (perfectio operantis).

4. A Nazareth

P. Piamarta parla spesso di Nazareth, dove conduce idealmente i suoi giovani, perché qui si impara il vero senso del lavoro, il “costruire dimore eterne, attraverso le provvisorie impalcature umane”.

Qui si impara l’amore maturo, capace di dare e non solo di esigere. Qui si impara quello che serve per mantenere una famiglia e quello che serve per mantenerla unita. Qui si impara che cosa è utile per essere cittadini “nel primo tempo” di questo mondo e quello che è necessario per essere cittadini del mondo futuro, nel “secondo tempo”.

Chiamerà la sua Congregazione, destinata a continuare la sua opera, “S. Famiglia di Nazareth”, volendola come una famiglia, che trasmettesse lo spirito di famiglia, di benevolenza, di servizio.
P. Piergiordano Cabra

lunedì 28 maggio 2012

03 - UNA DELLE RARE FOTO DI PADRE PIAMARTA

02 - LA VITA E LE OPERE DI PADRE GIOVANNI PIAMARTA

SACERDOTE, FONDATORE
DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH E DELLE UMILI SERVE DEL SIGNORE

VITA E OPERE
Il Beato Giovanni Battista Piamarta è stato un grande apostolo della carità a cavallo dei secoli XIX e XX. Dedicò la sua vita sacerdotale all’elevazione sociale e cristiana della gioventù bresciana, operando per quasi 50 anni in un ambiente difficile, ma lasciandoci nel contrattempo straordinari esempi di virtù.

Breve profilo biografico – spirituale
Il Beato Giovanni Battista Piamarta nacque a Brescia il 26 novembre 1841 da genitori poveri e onesti: suo padre era barbiere, la madre, donna molto pia, ebbe un influsso decisivo sull’educazione del figlio; purtroppo morì quando egli aveva appena 9 anni. Fu affidato al nonno materno, persona dabbene, che ne ebbe molta cura: lo inviò a scuola e, nelle ore libere, gli faceva frequentare l’oratorio di S. Tommaso, nella parrocchia dei SS. Faustino e Giovita.
Fu quello un ambiente provvidenziale per il Beato: dotato di una bellissima voce di soprano, entrò a far parte del coro dell’oratorio partecipando soprattutto alle funzioni liturgiche; tutti ne rimanevano ammirati. Da allora la musica e il canto, che era del resto una tradizione di famiglia, gli saranno sempre cari: ne farà uno strumento di formazione per i suoi ragazzi.
Ultimata la scuola, fu impegnato come apprendista materassaio presso alcuni parenti, che ne apprezzarono subito la bontà, la diligenza e l’operosità. Tredicenne, conobbe il parroco di Vallio (BS), Don Pancrazio Pezzana, il quale si rese subito conto della sua disponibilità alla vita sacerdotale; ma, un po’ per la salute cagionevole, un po’ per mancanza di mezzi, Giovanni Battista dovette aspettare fino a 19 anni per entrare nel Seminario di Brescia. Qui, dal 1860 al 1865 si dedicò coscienziosamente allo studio, ma si distinse ancora di più nella pietà e nella disciplina. Il 23 dicembre del 1865 fu ordinato sacerdote.
Per 18 anni e 10 mesi svolse un’intensa attività pastorale in qualità di Viceparroco: oltre tre anni a Carzago Riviera; quasi altri due anni a Bedizzole, con il suo benefattore Don Pezzana che ne aveva fatto espressamente richiesta all’Ordinario; infine per tredici anni consecutivi, a S. Alessandro di Brescia (dicembre 1870 – ottobre 1883), ancora con Don Pezzana che ne apprezzava le qualità sacerdotali.
Fu proprio durante la sua permanenza nella parrocchia di S. Alessandro che il Piamarta rivelò le sue eccellenti doti e profuse le sue migliori energie. Si mostrò sempre obbediente, umile laborioso, illibato, devoto, povero e distaccato, fedelissimo nell’adempimento dei suoi doveri pastorali: catechismo parrocchiale alle varie categorie di fedeli, predicazione, confessioni, direzione dell’oratorio, con assidua assistenza e formazione della gioventù; visite ai poveri, agli ammalati; somma cura della liturgia e del decoro della chiesa, dove rinnovò gli arredi sacri a proprie spese, senza rivendicare mai nulla. Quando l’obbedienza lo chiamò altrove, fu un rimpianto generale.
Il 20 ottobre 1883 fu nominato Parroco di Pavone Mella: trovava un ambiente difficile, dove la massoneria svolgeva opera sistematica di scristianizzazione. Con coraggio e generosità incominciò un’azione pastorale in profondità: catechismo domenicale, lotta al malcostume, oratorio per la gioventù, predicazione, confessioni, visite agli ammalati, assistenza ai poveri. Dava prova di avere preso sul serio la missione di salvare le anime e sentiva il dovere di guidarle con tutte le iniziative pastorali possibili, ma anche con l’esempio di una vita sacerdotale santa. Gli anticlericali lo combattevano, ma il popolo lo apprezzava molto e lo seguiva, e lo ricorderà sempre come un pastore «zelante, eccellente, ineccepibile in tutto».
Nel frattempo, per iniziativa di Mons. Pietro Capretti, amico del Piamarta, con la collaborazione del nostro Beato, il 3 dicembre 1886 fu inaugurato in Brescia l’Istituto dei «Figli di Maria» per la formazione cristiana e l’avviamento professionale dei giovani: una iniziativa lodevole e necessaria, che porterà i suoi frutti, ma che intanto incontrò notevoli difficoltà a incominciare da quelle di carattere economico.
Per due mesi il Piamarta fece la spola fra la parrocchia di Pavone Mella e l’Istituto. Poco dopo il Vescovo lo invitava ad assumere la direzione, rinunziando alla parrocchia. Pertanto il 1° febbraio 1887 lasciò Pavone Mella per prendere le redini dell’istituto «come direttore morale e disciplinare dei giovani» che allora erano soltanto quattro. E quando un anno dopo si parlava di chiudere, disse coraggiosamente al Vescovo: «No, Eccellenza, morirò qui con i miei giovinetti», che ormai erano già una ventina!
La sua carità e il senso di paternità, che lo sosterranno sempre nella sua missione fra la gioventù, andavano progressivamente affermandosi. Armato di fiducia incrollabile nella Provvidenza, di spirito di sacrificio, il Beato affrontò povertà, rischi e fatiche con la benedizione dell’Ordinario. E fu così che divenne il vero fondatore dell’Opera, ribattezzata «Istituto degli Artigianelli», dopo la morte di Mons. Capretti.
L’istituto si sviluppò meravigliosamente e rese incalcolabili benefici a tanti giovani, che altrimenti sarebbero rimasti abbandonati o quasi a se stessi, grazie all’incondizionata dedizione del Beato.
Qualche anno dopo, nel 1895, ancora per interessamento del Piamarta e del parroco di Pompiano, Don Giovanni Bonsignori, sorse la Colonia Agricola di Remedello, per preparare cristianamente e tecnicamente i ragazzi della campagna desiderosi di coltivare la terra. Anche a Remedello il Piamarta tornerà spesso con la sua illimitata carica di umanità e di bontà.
La sua carità non conosceva limiti: nel 1900 fondò la Congregazione maschile della S. Famiglia di Nazareth, approvata nel 1902, per provvedere alla cura delle sue opere. Nel 1911 sarà la volta della Congregazione delle Umili Serve del Signore, per la formazione cristiana e professionale delle ragazze: due fondazioni che continuano ancora oggi la loro preziosa assistenza alla gioventù, nello spirito del Fondatore.
Finché visse, il Piamarta continuò ad interessarsi premurosamente di tutti i problemi dei suoi Istituti, condividendone le gioie e le preoccupazioni quotidiane. Al tempo stesso, quando la salute glielo permetteva, attendeva specialmente alle confessioni, essendo assai ricercato da sacerdoti religiosi e laici. Pregava intensamente davanti al SS.mo e si preparava al grande incontro con Cristo, che sentiva vicino. Tema preferito delle sue lunghe meditazioni era la Passione e Morte del Signore: lo riteneva uno dei mezzi più efficaci anche per l’’adorazione eucaristica.
Gli ultimi anni della sua esistenza furono un vero calvario: alla sciatica, dolorosissima, si aggiunsero disturbi cardiaci, di circolazione e di stomaco, insonnia ed emiplegie seguite ad attacchi di paralisi. Ottenne la permuta dell’Ufficio divino e il permesso di poter celebrare la S. Messa della Beata Vergine Maria e dei Defunti.

Morte del Beato
Il 9 aprile 1913, mentre era in visita alla Colonia di Remedello, ebbe un ultimo attacco. Intuì che l’ora suprema si avvicinava rapidamente e l’attese con serenità di spirito. Il 23 seguente chiese ed ottenne il S. Viatico che ricevette con grande fervore. Poi si addormentò placidamente nel Signore: erano le ore 8 del 25 aprile 1913. Aveva 71 anni e 5 mesi, spesi tutti per raggiungere il cielo!
A distanza di 13 anni, la salma fu traslata nella chiesa dell’Istituto degli Artigianelli, in segno di riconoscenza verso il benemerito Fondatore, a perenne memoria della sua eroica carità.
La Congregazione della S. Famiglia di Nazareth oggi è presente in tre continenti: in Europa (Italia) con dieci comunità; in America Latina con dieci comunità (quattro in Brasile del Nord, quattro in Brasile del Sud e due in Cile); in Africa (Angola) con due comunità e in Mozambico con una comunità.

01 - PADRE GIOVANNI BATTISTA PIAMARTA



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