LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

martedì 27 maggio 2014

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351 - IL GIORNO IN CUI DIVENNI PADRE

 40. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra

Ieri è passato da me uno dei primi ragazzi accolti nell’Istituto, per portarmi la notizia d’essere diventato papà. Era felice e voleva comunicarla a me, tra i primi “perché, diceva, Lei mi ha fatto da padre”. Ciò mi ha tuffato nel mondo dei ricordi, rievocando episodi che sono sedimentati nella mia memoria e che riemergono di quando in quando, in speciali circostanze, come quella di ieri.

Quel 3 dicembre

Era una giornata fredda e nebbiosa del dicembre del 1886 e avevo da poco celebrato la Santa Messa nell’antica e sontuosa Chiesa di San Cristo, dove abitava poveramente tra i chierici poveri il grande ispiratore e amico, monsignor Pietro Capretti. Quel giorno era il primo venerdì del mese, oltre che essere la memoria di San Francesco Saverio. La Santa Messa, da me celebrata nella cappella del Sacro Cuore, voleva essere una specie di inizio del nuovo Istituto. Erano presenti, oltre a monsignor Capretti e al chierico Bongiorni, quattro ragazzi, i quali, scesi con me nella vicina casupola, si erano messi a tavola con speciale appetito. Serviva mamma Filippa Freggia, la quale aveva a disposizione solo quattro scodelle. Mentre io me ne stavo in piedi senza nulla in mano, quasi ad osservare se tutto procedeva bene, un ragazzo mi disse: “E Lei, Padre non mangia?” Da quel giorno anche gli altri ragazzi mi chiamarono con quel nome e poco a poco divenni per tutti Padre. E così verranno chiamati i sacerdoti che condividono con me la vita per e con i giovani. Il titolo di Padre l’ho sempre considerato una responsabilità lieta e importante, che comportava l’impegno a diventare davvero padre per i miei ragazzi.

Il difficile “Pater noster”

Mi sono accorto quanto sia difficile alcune volte recitare il “Padre nostro”, la bella preghiera del Signore, da parte di alcuni ragazzi, i quali hanno un’esperienza negativa del padre, che magari ritorna a casa la sera ubriaco e butta per aria tutto quello che trova, picchia la madre, impreca e bestemmia, dopo aver sprecato in giro quel poco che aveva guadagnato e che sarebbe servito per mettere qualche cosa sotto i denti ai figli affamati. Bisognava che io, ai loro occhi, ricostruissi in me l’immagine del papà buono e provvidente, che sa sacrificarsi per i suoi figli, che pensa a loro con amore non solo di parole, ma con i fatti, in modo che potessero rivolgersi a Dio col nome di Padre buono. Quando mi chiamano “padre”, mi sento investito anche di un’altra responsabilità: quella di non legare questo nome a quello di un Dio gendarme, tiranno, esigente, nemico della gioia, che non esiste se non per complicare la vita dei suoi figli, ma che quando ci chiede qualche cosa è perché vuol farci crescere come figli che collaborano con Lui a costruire la nostra felicità eterna.

Un Padre di molti fratelli

Mi sento Padre anche quando insegno ai miei ragazzi a volersi bene, a rispettarsi, a non coltivare invidie tra di loro, a non covare rancori e a superare i desideri di vendetta. Quando soprattutto li invito ad aiutarsi, non solo nel fare birichinate o nel copiare i compiti, ma nel sostenersi nelle difficoltà e nel bene. Questo mi impegna a trattare tutti con equità, senza dimostrare di avere preferenze o simpatie particolari. Sono così chiamato a ripresentare la missione di Gesù. che consiste nel farci accettare il fatto che Dio sia Padre, che tutto quello che Dio fa e dice è perché ci considera figli. Mi sento quindi Padre tutte le volte che preferisco il bene dei miei ragazzi alla mia tranquillità e la loro crescita al mio benessere. Ma quanto è difficile quando la testa è piena di preoccupazioni! Quel 3 dicembre sono diventato Padre: Signore aiutami ad esserlo realmente giorno dopo giorno!
 

sabato 24 maggio 2014

350 - MEDITIAMO CON SAN GIOVANNI BATTISTA PIAMARTA I MISTERI DELLA LUCE

1. Gesù battezzato nel fiume Giordano
 
(Mc 1, 9 -11)
In quei giorni Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto”.

Dagli scritti di Padre Piamarta
Vi sono quattro categorie di persone. La prima è scarsa ma rumorosa: è una caterva di scellerati che vogliono fare la guerra a Dio. La seconda è la più numerosa. E’ formata dai gaudenti che vogliono i piaceri e buon tempo sopra questa terra. La terza è formata di “anfibi”. Sono gente (divisa) tra Cristo e il mondo, tra il bene e il male. En po’ de bé e en po’ de mal. Escludendo un gran numero di persone, resta la quarta schiera. E’ formata da quelli che non hanno paura di mostrarsi cristiani, che seguono Gesù Cristo come loro capitano e bandiera, professano la fede a parole e la onorano con le opere.
 
2. Alle nozze di Cana Gesù, su invito di Maria, trasforma l’acqua in vino

(Gv 2, 2 - 5)
Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno più vino". E Gesù rispose: "Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora". La madre dice ai servi: "Fate quello che vi dirà". 

Dagli scritti di Padre Piamarta
Maria è l’Avvocata potente e misericordiosa presso Gesù e ha il potere di mutare la nostra situazione davanti a Lui. Indicatemi, se potete, qualsiasi peccatore o sofferente che si sia accostato al suo trono benedetto e non abbia ottenuto la grazia di cui aveva bisogno per l’intercessione di Maria.

3. Gesù durante la sua vita annuncia, in parole e opere, il regno di Dio

(Mc 1, 14 -15)
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il Vangelo di Dio e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo”.

Dagli scritti di Padre Piamarta
Quando comprendiamo il piano di Dio, dobbiamo abbracciarlo generosamente, e portare avanti l’opera con coraggio e costanza per impegnarci all’esito dell’impresa come piace al Signore. [...]
Dobbiamo aprire il nostro cuore alla speranza più grande, sconfinata, illuminata. La nostra speranza deve essere un mare sterminatissimo, senza sponde né confini.
 
4. Gesù, in cammino verso Gerusalemme, viene trasfigurato mentre è in preghiera sul monte 

(Mc 9, 2 - 3)
Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 

Dagli scritti di Padre Piamarta
La preghiera non ha come fine di far sapere a Dio quello che Lui già sa prima di noi e meglio di noi, ma di aiutare noi stessi, perché insistendo nella preghiera, ripetendo gli gli stessi pensieri e le stesse domande, ci mettiamo nelle mani di questo giusto Signore, le cui disposizioni sono sempre misericordia, verità e giustizia.
 
5. Gesù radunato nel Cenacolo con gli Apostoli, offre se stesso nell’Eucaristia.
 
(Mc 14,22 - 23)
Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti.
E disse: «Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti. In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio».

Dagli scritti di Padre Piamarta
Qui dinanzi all’Eucaristia sento di essere amato. Il Suo amore mi contenta e mi sazia, mi riempie, mi assorbe e mi immerge in un oceano di carità e di giocondità
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mercoledì 14 maggio 2014

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348 - I MIEI FAMILIARI

39. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra

La famiglia di origine

Quanti lutti nella mia famiglia di origine! Ho dovuto avere presto familiarità con la morte! Quando avevo due anni persi il fratello Domenico. Non avevo ancora compiuto i sette e la morte si portò via la sorella Pierina. A tredici anni persi anche il fratello Pietro Faustino. E a nove anni il Signore aveva già chiamata a sé l’anima santa di mamma Regina, scavando un grande vuoto nel mio cuore. E così rimasi solo col papà e con fratellino Luigi Francesco, più giovane di me di nove anni. Il nonno Battista Piamarta veniva dal Piemonte e precisamente da Agrano nei pressi del lago d’Orta. Era giunto a Brescia agli inizi del secolo e mise su bottega di calzolaio, in uno dei quartieri più popolosi e più poveri della città. Il babbo invece era barbiere. Chi mi ha fatto sentire forti i legami familiari è stato il nonno materno, che mi intratteneva raccontando episodi della Storia sacra e si interessò del mio futuro. Si chiamava Giacomo Ferrari e faceva il tornitore.

La famiglia del fratello Francesco

Morto anche il babbo, la mia parentela si ridusse alla famiglia del fratello Francesco che aveva sposato in seconde nozze la brava Giuseppina Rovati, dalla quale ebbe dieci figli. Andò ad abitare a Milano, vivendo d’arte, cercando fama e trovando qualche volta la fame. E’ un uomo profondamente buono che ama la sua famiglia, ha educato ottimamente i figli, dai quali è riamato. E’ un artista che, come la maggior parte degli artisti, non ha avuto molta fortuna. Dotato di bella voce baritonale si è esibito nei teatri di mezzo mondo: Russia, Irlanda, Gran Bretagna, Brasile. Qui si ammalò di febbre gialla e dovette interrompere la sua carriera. Ora si occupa come artista a Montecarlo, sei mesi l’anno. Per il resto è praticamente disoccupato, trovando di cantare di quando in quando in qualche chiesa. Della sua sistemazione si era interessato lo stesso ministro Giuseppe Zanardelli che gli ottenne un posto nelle ferrovie. Ma non resistette. La numerosa famiglia vive in dignitosa povertà, ma è angustiata da frequenti malattie. Nei momenti di estremo bisogno si rivolgono anche a me, con lettere commoventi, specie quelle della cognata Giuseppina, che porta sulle spalle la responsabilità della famiglia e che scrive “con le lacrime agli occhi” dichiarando che “pagherei con il mio sangue se potessi farne a meno di chiedere aiuto”, a causa “delle disgrazie che ci capitano una più grossa dell’altra”. Infatti, non avendo potuto pagare l’affitto di casa, hanno rischiato d’essere licenziati: “Senza casa! Qui a Milano sono centinaia le famiglie senza tetto e case operai di una o due stanze non se ne trovano” Dalla mamma ho appreso che anche i poveri devono aiutare quelli che sono più poveri di loro. Mi è capitato di dover prendere a prestito anch’io per dare una mano ai miei familiari..

Un cugino molto caro

Molto caro mi è il cugino Giovanni Tebaldini, più giovane di me di una ventina d’anni. Anche lui artista, con uno spiccatissimo talento musicale, giornalista e musicologo, maestro di Cappella a Loreto,insegnante nei conservatori più rinomati d’Italia. Ma è soprattutto uno degli artefici della riforma della musica sacra, assai apprezzato dall’attuale Pontefice Pio X . Lo stesso Giuseppe Verdi ha avuto parole di elogio nei suoi confronti. E’ venuto ad inaugurare l’organo, modernissimo, progettato da lui e ammirato dagli esperti. E finalmente ha avuto l’opportunità di farsi apprezzare anche alla sua Brescia. Questa è tutta la mia parentela, semplice e povera, ma ricca di fede e di gratitudine.

347 - UN FIUME DI BENEDIZIONI

38. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra

Sono alcune notti che, riuscendomi difficile il sonno, la memoria corre al passato. Come è breve la vita. Ma quanto è stata ricca di benedizioni la mia vita! Posso dire di avere fatto esperienza della verità di quanto afferma il nostro grande Manzoni: “Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per procurarne loro una più certa e più grande”.

L’infanzia e la gioventù

Il Signore mi ha fatto nascere povero, perché potessi capire i poveri. Mi ha lasciato orfano perché potessi immedesimarmi nei drammi degli orfani, mi ha lasciato sulla strada perché comprendessi l’importanza decisiva di un ambiente educativo, che strappi dalla strada, come lo è stato il mio oratorio. Mi ha fatto toccare con mano che senza l’interessamento di persone buone non mi sarei orientato al sacerdozio per dirmi che il Signore ha bisogno di noi poveri uomini per raggiungere le sue mete. Come pure mi ha fatto faticare negli studi perché potessi comprendere anche i meno dotati. E poi mi ha fatto attendere a lungo la realizzazione dei miei sogni di dedicarmi alla promozione dei meno fortunati, perché non pensassi di essere io che agivo, ma riconoscessi che tutto quello che sarebbe uscito dalle mie mani, in realtà era opera sua.

La progettazione e la realizzazione

Come sono stati tribolati quegli anni di progettazione, di attesa e di delusioni! Ero a Sant’Alessandro e sembrava che il vescovo desse il via a quanto avevamo progettato assieme a monsignor Capretti. Ma improvvisamente venne la nomina a parroco di Pavone Mella, in mezzo alla campagna. Tutti i miei sogni si dileguavano come neve al sole. Poi venne l’invito a riprendere l’iniziativa, ma secondo un progetto e una modalità che io non condividevo, per la sua evidente inagibilità. Ho accettato le due obbedienze così umanamente incomprensibili, sapendo che il Signore sa scrivere diritto su righe storte. Infatti lì stava incamminandomi in modo misterioso alla realizzazione del mio progetto secondo le sue vie più sicure. E ancora, eccomi giungere un altro colpo quando il mio amico Capretti mi ha scritto chiaro: “Se vuoi continuare, devi pensarci tu, perché io non posso aiutarti”. E così mi sono affidato totalmente alla Divina Provvidenza, lasciandomi condurre da Lei. Il Signore, mentre mi toglieva le sicurezze umane, mi induceva ad avere fiducia nel suo aiuto, perché i piccoli erano più suoi figli che miei.

La costante presenza della Provvidenza

Man mano passavano gli anni, ho toccato con mano che, come dice S. Ignazio, a noi tocca fare tutto quello che è possibile fare e poi lasciare i risultati nelle mani del Signore, come se tutto dipendesse da Lui. E così, cercando in primo luogo il bene umano e spirituale dei miei ragazzi, senza badare a sacrifici, non mi è mai mancato il soccorso, magari all’ultimo minuto, della Provvidenza. La cosa più meravigliosa è il vedere come il Signore, veramente grande, ha saputo trarre gioia dalla sofferenza, benessere dalla povertà, fiducia dallo sconforto. Potrei riassumere la mia vicenda come un insieme di passione e di risurrezione: ad ogni porta che si chiudeva se ne apriva un’altra, ad ogni umana delusione seguiva il Suo conforto. Ad ogni prova una benedizione. Sì, nelle mie angustie, non piccole né poche, mi sono sentito inondato da un fiume di benedizioni, che è stato riversato su di me e su quelli che il Signore mi ha affidato. Sì è proprio vero che il Signore “non turba mai la gioia dei suoi figli se non per procurarne loro una più certa e più grande”. Di Lui ci si può fidare! E mi fido anche in questo momento di attesa della Sua venuta.

martedì 13 maggio 2014

346 - L'IMPRONTA


Lettura dell'opera

I giovani artigianelli trasferiscono nella vita "quasi nuova generazione" l'impronta educativa di Padre Giovanni Battista Piamarta. La composizione si rifà al motto distintivo dell'Istituto: "Pietas et Labor", raffigurato nelle linee di tensione e nell'impegno di crescita del giovane che avvalora le nuove tecnologie e si difende dagli incubi del presente.

Autore dell'opera: Massimo Tabarelli

giovedì 1 maggio 2014

345 - CHI E' LA MADONNA

da "i pensieri di padre Piamarta"

Da sola è l'anima più innamorata di Dio di tutti i santi e le sante messi assieme.


È una parente in primo grado con Dio: è la sua Mamma. Lei può dire: «Questo è mio Figlio». Dio non può fare un'opera più bella di Lei. Essa da sola è la più bella, la più gloriosa, la più cara a Dio che non tutta la corte celeste e lo sterminato esercito dei giusti.


Il cap. 31 dei Proverbi, ci parla di una donna saggia che è simile alla nave del mercante che ha portato dai lontani lidi le provviste e il pane. Ebbene, Maria SS.ma è questa nave preziosa e incorruttibile: è l'Immacolata. Essa, mossa dallo Spirito Santo ha attraversato il mare della vita esente dal naufragio della colpa, e ci ha portato il pane della vita, il Verbo di Dio fatto uomo che è diventato vero cibo e vero alimento dell'uomo.


Nasce grande e potente per usare il suo potere a nostro favore. Nasce «tenerissima di cuore» per compatire più facilmente le nostre miserie. Il Cuore di Gesù è un divino serbatoio, è una fornace d'amore: guardate le fiamme che escono dal suo Cuore. Ebbene, per entrare nel suo Cuore divino, la porta, il canale e la chiave è la Madonna, è il Cuore Immacolato di Maria.


Qual è la vostra speranza? «Volete sapere la mia? Eccola: è la Santa Vergine». Maria! Maria! Invochiamola assieme: «Spes nostra salve!». È la speranza perché Lei può fare tutto quello che vuole. 


Volendo celebrare ed onorare la Madre di Dio, noi non la celebriamo perché nobile, perché intelligente, perché saggia, perché bellissima. Sì, sappiamo che ha anche queste qualità, ma noi la celebriamo principalmente perché è pura, perché è l'Immacolata, la senza peccato.


La Madonna è l'esca dolcissima con la quale Dio attira a sé i peccatori. Quando Dio vuole convertire un' anima, si serve della Madonna che sa imitare perfettamente il suo figlio Gesù. Che cosa ha fatto Gesù? È andato in cerca della pecora smarrita. Anche Maria fa così: Ella insegue amorosamente chi sta fuggendo dal suo amore. Se la Madonna ama così i peccatori, immaginate che cosa farà per le persone che le si avvicinano, la onorano e le chiedono aiuto.


So di alcuni cristiani che, o per la noia o per il rispetto umano, oppure perché non vogliono fastidi, non vogliono conversare con la Madonna. Io penso che un cristiano, quando sente l'invito della campana della sera che chiama alla preghiera, non dovrebbe resistere alla necessità di mettersi ai piedi della Madonna. Non avete, forse, amarezze da sfogare dinanzi a Lei, non avete suppliche da presentarle? Ebbene, non sprecate il tempo sugli angoli delle strade in vane conversazioni e mormorazioni. Venite tutte le sere di questo mese della Madonna per pregare con affetto di figli.

 
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