LA PRESENZA DELLA CONGREGAZIONE SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH NEL MONDO

martedì 31 dicembre 2013

336 - SANTO IN PARADISO


Lettura dell'opera

Fra la meridiana ed il gallo, simboli del tempo, sta la figura del Cristo crocefisso istoriata con un itinerario di vita. La riflessione sugli episodi dell'opera si conclude con 
Padre Giovanni Piamarta Santo in Paradiso.

Autore dell'opera: Angelo Rossini

335 - UNA VETTA ARDUA E BELLA

35. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra

Anche a me hanno appioppato dei soprannomi, che non mi dispiacciono del tutto. Quand’ero giovane mi chiamavano “don argento vivo”, per la instancabile mobilità. Avevo energie e le spendevo volentieri per i ragazzi del mio oratorio della parrocchia di Sant’Alessandro in città, non risparmiandomi pur di averli vicini. Poi, andando frequentemente in Seminario per le confessioni, quando i chierici chiedendo notizie sulla mia salute dicevano: “Come sta San Paolo?”, date le mie frequenti citazioni dell’apostolo di Tarso. Di Paolo mi piaceva mettere in luce la coraggiosa testimonianza e il suo vigoroso invito a deporre l’uomo vecchio che si corrompe dietro le passioni ingannatrici, per rivestirsi di Cristo l’uomo nuovo, capace di immortalità, oltre che di vita umanamente gratificante.

Il dominio di sé

E’ inutile ricordare che il problema più sentito dai nostri giovani è quello che riguarda la “bella virtù” della castità. E’ un’area quella della castità dove sono in gioco delle forze potenti capaci di distruggere o di costruire. In questo momento penso alle dighe che si stanno costruendo in Valle Camonica, per raccogliere acqua destinata a produrre energia elettrica. Se queste dighe resistono saranno di grande utilità, se cedono porteranno distruzione. Tale è la forza della sessualità: se ben regolamentata può portare i buoni frutti di famiglie realizzate, se invece è lasciata a se stessa diventa pericolosa per i danni che può produrre alla persona e alla società. La meta più alta, la vetta più splendida, da additare ad un giovane è quella del dominio di sé, proprio in un mondo dove si esalta il libero dispiegarsi delle passioni e dei propri istinti. Quante volte spiego ai giovani l’importanza del dominio di sé per la propria realizzazione e per gli effetti sugli altri. Se non sono padrone dei miei istinti e dei miei sentimenti, non mi sarà facile resistere al fascino di una donna che può mettere in crisi la mia famiglia. Il dominio di sé tuttavia è frutto solo in parte del mio impegno, ma ancor più dell’aiuto della grazia del Signore che viene data a chi prega. Dominio di sé e preghiera sono due alleati potenti per la costruzione di un giovane capace di vivere in modo diverso, lieto di incanalare le sue energie per la grande impresa di piacere a Dio e agli uomini.

Troppo rigido?

Ma, ancora una volta, non manca chi mi dice che sono troppo rigido, che i nostri ragazzi non son seminaristi, che non bisogna complicare troppo la vita e via discorrendo. Ma mi sembra proprio il contrario. Se si allenano a moderare le proprie passioni, è più probabile che abbiano una vita con meno complicazioni, più serena, più in pace con Dio e con gli uomini, più in grado di gestire le situazioni difficili. Come vedo bella la devozione alla Madonna per la sua tenera presenza, ricca della bellezza di Dio! Quanto è preziosa la devozione al Sacro Cuore, capace di toccare i cuori e di trasformarli! Come è costruttiva la devozione alla Santa Famiglia per la formazione di una famiglia cristiana! Quanto è necessario meditare le parole del mio San Paolo: le opere della carne sono “fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria,inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezza, orge e cose del genere…Frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé. (Gal 5,19-23) Che differenza tra i due mondi! Perché non prepararsi a vivere nel mondo più limpido e luminoso?

334 - ANCH’IO AMO LA PATRIA

34. Dal “Diario” di Padre Piamarta di Pier Giordano Cabra


Vorrei rispondere a quelli che talvolta mi rimproverano, più o meno velatamente, di amare poco la Patria, perché ne parlo poche volte. Primo di tutto mi sembra che oggi se ne parli troppo: questo richiamo continuo alla Patria è pericoloso perché rischia di alimentare il nazionalismo, che è la premessa di una guerra che, se scoppiasse., sarebbe terribile. Il mio amore di Patria lo manifesto non tanto con le parole, quanto nel preparare quello che alcuni chiamano il “capitale umano”, uomini cioè preparati a migliorare la situazione loro e della società. E questo grazie alla competenza nel loro mestiere e, soprattutto, nella capacità di affrontare i sacrifici più duri per superare gli ostacoli.

Un’educazione severa

Non posso negare che l’educazione che impartiamo sia piuttosto severa. La giornata è piena di impegni, l’orario è intenso, i ragazzi sono occupati dalle prime ore del mattino sino a sera: a partire dalla messa iniziale, poi studio, lavoro in officina, scuola, studio. Salvo le ricreazioni vivaci, non esistono momenti vuoti. A volte mi pare di chiedere troppo, ma poi mi convinco che essi possono uscire dalla loro povertà solo attraverso il lavoro serio, costante, prolungato. Attraverso cioè la loro volontà di non arrendersi di fronte alle difficoltà, le quali possono essere superate grazie a un robusto spirito di sacrificio. “La vostra ricchezza, ricordo spesso a loro, sono le vostre mani, addestrate ai lavori più impegnativi, guidate dallo studio e dalla volontà di migliorare”. La Patria diventa grande, se noi facciamo cose grandi. La patria la costruiamo noi con il nostro lavoro, la nostra creatività che è spesso data a chi svolge volentieri il suo mestiere o la sua professione. Lo spirito di sacrificio non lo si impara sui libri, ma lo si assimila attraverso un costante tirocinio.

Diritto e doveri

Un’altra obiezione che qualche volta sento è quella di parlare molto dei doveri e poco dei diritti.. La mia insistenza sui doveri più che sui diritti, deriva dalla convinzione che per imparare i diritti bastano alcuni minuti, mentre per imparare i doveri non basta una vita. Inoltre il vero amor di Patria mi fa fare la domanda: “Che cosa posso fare io per la mia Patria?” prima che farmi fare la domanda: “Che cosa deve fare la Patria per me”? Io amo la Patria non quando attendo tutto da Lei, ma quando contribuisco a renderla più prospera. Non è vero amor di Patria preparare cittadini onesti, che accrescono il benessere attraverso una attività aggiornata, che si interessano dei meno fortunati, che creano famiglie unite, che cercano la concordia?

La cooperazione

Padre Bonsignori a Remedello è un propugnatore della cooperazione, mostrando la grande utilità sociale della solidarietà. Egli suole ripetere il detto latino: “Concordia parvae res crescunt, discordia etiam maximae dilabuntur”: Con la concordia anche le piccole cose crescono, mentre con la discordia anche le grandi cose si dissolvono. Egli promuove varie forme di collaborazione, dalle cooperative alle casse rurali, favorendo la produttività dei campi, l’unione che fa la forza,la crescita della piccola proprietà, la solidità delle famiglie. con la conseguenza di ridurre l’emigrazione e di favorire la pace sociale. Non è anche questo vero amore di Patria?  
Non chi parla continuamente di Patria la serve, ma chi lavora giorno dopo giorno per farla crescere prospera, unita, competitiva e mossa dal santo timore di Dio che è principio di ogni sapienza.

sabato 28 dicembre 2013

333 - LA PRIMA SERA


Lettura dell'opera

Momento ispiratore è padre Giovanni Battista Piamarta con i suoi orfanelli, la prima sera davanti alle quattro scodelle. La sua presenza si avverte nel gruppo figurativo che lo avvolge come una tonaca. Il taglio della composizione e il colore vogliono far sentire la tragicità del momento e, allo stesso tempo, la serenità e la fiducia del Padre Piamarta.

Autore dell'opera:Gianni Pagani
 

332 - NATALE

da "i pensieri di padre Piamarta"

La festa del Natale non è solo una festa di «memoria» destinata a richiamarci i benefici della venuta di Gesù tra noi, ma è anche una rinnovazione di quel fatto. «Voi, o mio Gesù, volete nuovamente nascere e non più nella mangiatoia, ma nei nostri cuori».

Prepariamoci come hanno fatto i pastori che sono andati alla grotta «alacri e frettolosi» e cerchiamo di avere le loro stesse disposizioni.

L'effetto di questa venuta è contenuto nelle parole di S. Paolo: «Non sono più io che vivo ma è Gesù che vive in me». Natale è Gesù che nasce in me. 

331 - FINE DELL'INCARNAZIONE

da "i pensieri di padre Piamarta"

Qual è stato il fine divino dell'incarnazione? È stato quello di portare qui sulla terra i costumi del cielo, cioè che avesse a crescere, qui in terra, l'amore verso Dio, la sobrietà con se stessi e l'amore al prossimo. E Gesù Cristo ha ottenuto tutto questo con la sua venuta? Sì, fin dai primi tempi della Chiesa i cristiani avevano un autentico slancio di amore verso Dio. Il loro amore verso Dio era così potente che con la loro pazienza stancavano gli stessi persecutori. La sobrietà con se stessi, cioè la castità, era una virtù così celeste che l'essere trascinati nei luoghi di prostituzione, era talmente doloroso per loro che avrebbero preferito essere consegnati ai denti delle fiere, agli slogamenti degli aculei e al rogo. L'amore verso il prossimo era tanto forte che gli stessi idolatri ne rimanevano ammirati. I primi cristiani, infatti, giungevano all' amore reciproco fino al punto di essere disposti a dare la vita gli uni per gli altri e a vendere se stessi per riscattare gli altri dalla schiavitù, come se avessero veramente un cuore solo e un'anima sola.


Primo passo: il Dio della gloria si nasconde sotto il velo di una natura mortale. In questa natura mortale Egli nasconde tutti i tesori della sapienza e della scienza di Dio.  
Secondo passo: è nascosto nel seno di una Vergine. Ancora: il miracolo della sua concezione virginale resta nascosto sotto il velo del matrimonio. Si fa sentire solo a S. Giovanni Battista penetrando nel seno di Santa Elisabetta. «Alla tua voce il Bambino ha esultato nel mio seno».  
Terzo passo: nella sua venuta non si manifesta che ai soli pastori. Egli che ha fatto il mondo ed è venuto a questo mondo, non è stato riconosciuto da questo mondo. Tutti lo ignorano. La sua infanzia non ha nulla di celebre. Dove ha appreso tutto ciò che sa, Lui non ha studiato? Ascoltava i dottori e li interrogava (Le. 11,46). Non si sa nulla di quello che ha fatto nei suoi 30 anni di vita di Nazaret.

venerdì 27 dicembre 2013

330 - PIETAS ET LABOR: DAL CUORE E DALLE MANI

 
Lettura dell'opera

La figura di San Giovanni Battista Piamarta è testimonianza di cristiano intuitivo e attivo. La comprensione delle necessità storiche provoca azione e iniziative. Questa comprensione si dimostra anticipatrice dei tempi perchè è nell'animo di chi sa guardare ai bisogni degli uomini con amore alacre e disinteressato. Una carità operosa e fervida è come un turbine di bontà che esce dalla mente, dal cuore, da tutta la vita.

Autore dell'opera: Luigi Salvetti

329 - ENORMI DIFFICOLTA' , INCROLLABILE FIDUCIA

Giovanni Battista Piamarta: una vita per i giovani di Gabriele Filippini

L'intraprendente prete bresciano vive la gioia per qualcosa che nasce ma anche tutta la sofferenza e il travaglio di un parto non semplice. Le ragioni sono dovute prima di tutto al fatto che l'avvio dell'Istituto condiviso con mons. Capretti vede quest'ultimo fermo nella sua visione minimalista o assistenziale. Forte della sua esperienza dell'Ospizio dei chierici poveri, il Capretti, infatti, pensa che quei pochi orfani e altri che potranno aggiungersi devono andare avanti così, con poco e in quella piccola struttura. Piamarta, invece, valuta l'opera non in una prospettiva assistenziale ma promozionale: pensa in grande, vede dove i tempi stanno conducendo e sogna un dipiù che non può essere fatto senza mezzi e aiuti più consistenti. Pertanto, permanendo questa situazione di incertezza, pensa che può benissimo continuare a fare il parroco a Pavone Mella e dare una mano di tanto in tanto, alla nuova famiglia sorta a Brescia. Per questo soffre quando il Vescovo gli chiede di lasciare Pavone per dedicarsi totalmente all'Istituto. Soffre ma obbedisce, sperando che prima o poi i suoi compagni di avventura capiscano il suo intento. La sofferenza si acuisce ancor di più quando, dopo pochissimo tempo, lo stesso Vescovo chiede di lasciar perdere l'impresa. Cosa è successo? Mons. Capretti, benefattore e benemerito in generosità per tante opere del cattolicesimo bresciano, non ha più mezzi economici per sostenere l'opera. Le domande sono tante, le attese sono grandi , i mezzi sono scarsi. Potrà reggere a lungo la baracca? Se lo chiede il Vescovo, se lo chiedono i suoi collaboratori. Non è sfiducia nell'ottimo don Giovanni Battista. Anzi per lui sarebbe pronta una nuova nomina, una buona sistemazione che lo valorizza ancora di più nel presbiterio bresciano.

Ma il Piamarta ha un'altra politica: è quella della croce, della fiducia sconfinata nella provvidenza, è quella dell'amore che non fa calcoli. Un padre non pensa a sé ma ai suoi figli: la reazione di Piamarta è pacata, determinata, radicale e rispettosa insieme della volontà di Dio e del suo Vescovo: chiede a sua eccellenza il permesso di “morire con i suoi ragazzi”. Il Vescovo, succeduto al Verzeri, bergamasco nobile di origine e di animo, è mons. Giacomo Corna Pellegrini, pisognese colto, intelligente e pratico; è un pastore che sa distinguere fra fede e ambizione: lascia che il Piamarta segua la strada intrapresa, solo sì, esternamente, ma con un aiuto invisibile che anche il vescovo augura: “il Signore vi assista”.

É il 1888: dopo un anno di amarezza per aver lasciato Pavone, comincia una salita ancor più dura, da Calvario, in piena solitudine e tanti interrogativi. Ma la certezza della vicinanza del Signore è più forte delle preoccupazioni. Il sostegno della preghiera lo sorregge, il suo legame positivo con la Chiesa bresciana gli impedisce di scoraggiarsi e tornare indietro dopo aver messo mano all'aratro. Mons. Capretti continua ad aiutarlo come può, fino alla morte che lo coglie solo due anni dopo. Piamarta lo considera e chiama “fondatore”. Gli Artigianelli hanno dedicato al suo nome un bel Auditorium, ricavato proprio dagli ambienti dove tutto cominciò, proprio a fianco della chiesa di Santa Giulia nell'antico monastero di San Salvatore. A fare da “madre” di famiglia, accudendo il piccolo gruppo che vive in Istituto si unisce a padre Piamarta una generosa donna di S. Alessandro: Filippa Freggia, un grande dono per quegli orfani bisognosi di tutto.

Poi arrivano a sostenere il Piamarta alcuni aiuti saltuari e altri più stabili, sostiuendo la presenza di due giovani che collaborano con Piamarta nei primi mesi: il diacono Emilio Bongiorni, che diventerà Vescovo ausiliare del Vescovo Gaggia, e il giovane Dominatore Mainetti che diventerà sindaco della città. I nuovi aiuti sono padre Turelli, che fa da amministratore, e i fratelli Zanconi e Bonetti. Sono ex pavoniani. La loro presenza fa da anello di congiunzione con un'altra esperienza di santità e di promozione della gioventù più bisognosa: quella del beato Lodovico Pavoni che vive a Brescia dal 1784 al 1849. La famiglia religiosa da lui fondata, dedicata all'Immacolata e dedita alla formazione scolastica e professionale dei giovani, con particolare attenzione ai poveri, agli orfani a ai sordomuti, a Brescia è soppressa da una legge del 1866. L'opera si salva mettendo radici nel Veneto e nel Trentino. Ma nel frattempo non pochi religiosi bresciani si disperdono. La presenza di tre di loro all'inizio dell'opera del Piamarta è un segno eloquente: l'insopprimibile bontà di una storia di amore ed educazione. Nulla ferma il bene che si fa ai più piccoli del Regno dei cieli. 

sabato 14 dicembre 2013

328 - CHIESA PARROCCHIALE DI PAVONE MELLA


SULLE ORME DI SAN GIOVANNI PIAMARTA
 
[Una cura pastorale a tutto campo – 
La devozione alla Beata Vergine Maria]


«Nei tre anni che fu parroco a Pavone Mella ho auto la fortuna di avvicinarlo con frequenza, ho ammirato il suo zelo, la sua carità, il suo spirito di sacrificio. […] La chiesa viene risistemata e abbellita, gli ammalati seguiti con premura, il confessionale frequentato con assiduità, alcuni abusi inveterati sono sradicati». P.G. Cabra, Piamarta.

«Celebre resterà il suo “mese di maggio”, trasportato in ottobre-novembre per via del lavoro dei campi, con il quale non solo riempì la chiesa, ma si accattivò per sempre la stima e la simpatia della gente», P.G. Cabra, Piamarta.

Guida. Nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo.

Assemblea: Amen.

Guida. Ci troviamo nel paese dove Giovanni Piamarta fu parroco per circa tre anni. Essendosi trovato in mezzo a gente non troppo desiderosa di incontrarsi con Dio, don Giovanni ha saputo guidare i cuori del suoi parrocchiani a scoprire il tesoro nascosto, passando attraverso il cuore di Maria Santissima. Chiediamo a San Giovanni Piamarta di intercedere per noi: perché possiamo comprendere l’inestimabile presenza di Maria, Madre di Dio e Madre di ogni cristiano.

Dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Galati (4,4-7)

Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattarequelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: «Abbà! Padre!». Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.

Parola di Dio

Rendiamo grazie a Dio

Dagli scritti di san Giovanni Piamarta

«Vi sono molti che credono di amare e onorare la Madonna, quindi di assicurarsene i suoi favori, perché fanno uso di pratiche di devozione, quali la corona, il digiuno, qualche mortificazione, elemosine, sacrifici. Sì, sono cose buonissime e certamente care alla Madonna e la dispongono molto bene a nostro favore. Ma chi si accontentasse di onorare Maria SS.ma solo con queste pratiche esteriori, non onorerebbe Maria come lei vuole. La devozione così praticata mancherebbe di quel carattere indispensabile della sodezza che la Vergine esige. La sodezza della devozione deve condurci a liberarci dal peccato e dai difetti e ad arricchirci di virtù».
«Dai notes di P. Piamarta»


Preghiamo
Ti benediciamo Padre per la santità di padre Giovanni Piamarta. Egli ha insegnato ai suoi parrocchiani e ai suoi allievi che si può incontrare con tutto il cuore il Signore Gesù, solo se ci si affida alla materna intercessione di Maria. Ti chiediamo l’umiltà di saper mettere in pratica quanto san Giovanni Piamarta ci ha insegnato, contemplando Maria, le sue virtù, la sua fedeltà al progetto di Dio, e cercando – sul suo esempio – di combattere la buona battaglia contro lo spirito del male. Per Cristo nostro Signore.

Tutti. Amen

Guida: Padre Nostro…

Guida: Benediciamo il Signore

Tutti: Rendiamo Grazie a Dio

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